5.Sentimenti

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Non ne era mai stato innamorato, non aveva mai provato nessun sentimento per lei, né affetto, né rispetto, nemmeno amicizia. Era solo un mezzo per sfogarsi e dimenticare quello che gli succedeva intorno. Probabilmente Giglio Tigrato amava Peter, le si leggeva in volto quando si scambiavano baci, abbracci e anche qualcosa in più. Ma negli occhi di Peter non c'era nulla e lei nonostante avesse provato più volte a fargli cambiare idea sul loro rapporto non c'era mai riuscita. Si era rassegnata ormai a essere solo un giocattolo. Era meglio di niente pensava.
Quella sera sotto le lenzuola della camera della ragazza mentre erano un tutt'uno, formando un'unica cosa, Peter non faceva altro che pensare a Parker. Quella ragazzina che era piombata nella sua vita senza nessun preavviso e che aveva il potere di confonderlo e renderlo insicuro. I due amanti si divincolarono, accaldati e stanchi, dopo ore ed ore di passione.
La ragazza appoggiò il viso sul suo petto e con una mano gli accarezzava dolcemente la pancia in segno d'affetto.
"Sei assente questa sera."
Peter fissava il soffitto.
"È stata un giornata pesante. Sono solo stanco tutto qui".
Giglio Tigrato si issò sulle braccia e allungò una mano per prendere dei nastri dal comodino accanto al letto.
Iniziò ad intrecciarsi abilmente i capelli corvini in due lucenti trecce.
"Ho saputo da mio padre che hai due nuove reclute." Strinse i nastri intorno ai capelli facendo due fiocchi.
Il ragazzo non era dell'umore per parlare di loro, in particolare perché questo significava automaticamente affrontare il discorso Parker. Come se non fosse già stata abbastanza nei suoi pensieri.
"Si, James. Un ragazzo davvero interessante."
Giglio Tigrato lo guardò confusa.
"Avevo capito fossero in due."
"Hai capito male." disse seccato. La ragazza non se la prese per quella risposta poco cortese. Era abituata a quel comportamento.
Peter sgusciò fuori dal letto e si vestì.
"Vado." disse semplicemente.
"Come così presto? Potresti restare un altro po'." Non fece in tempo a finire la frase che Peter era già volato via dalla sua tenda.

Dopo la litigata con Pan, Parker tornò furiosa nella sua stanza e si chiuse dentro per tutto il resto della serata.
Sentiva il desiderio di urlare e di spaccare qualcosa, ma non c'era niente in quella maletta stanza da poter rompere. Si gettò sul letto e scoppiò in lacrime. Un po' per il nervoso, un po' perché voleva tornare a casa. Avrebbe voluto essere nel suo letto, profumato di fiori e rigirarsi tra le sue calde e morbide lenzuola. Voleva poter guardarsi allo specchio. Era una cosa stupida, ma le ragazze possono capire quanto sia dura non poter vedere il proprio riflesso per quasi due giorni. Tra le altre cose sentiva anche la necessità di farsi una doccia. Quando era andata al bagno, prima di raggiungere camera sua notò che non c'erano docce, ma solamente una grande sala con dei tubi per l'acqua che pendevano dal soffitto. Li i ragazzi facevano la doccia tutti insieme, come avrebbe fatto? Pensò di andare alla ricerca di una cascata o qualcosa del genere il giorno seguente. Con questi pensieri si addormentò, avvolgendo il cuscino tra le braccia. Ancora una volta si ritrovò sulla spiaggia. Le mani immerse nella sabbia. Stava guardando la luna beatamente. Vide sfrecciare nel cielo una figura, come fosse una stella cadente. Ma non ne ebbe timore. Qualunque cosa fosse sapeva che non le avrebbe fatto del male. Tutto era tranquillo fino a quando dei pianti disperati iniziarono a disperdersi e a penetrarle della testa. Cercò di urlare, ma ancora una volta la voce non le usciva. Si svegliò di colpo aprendo gli occhi di scatto. La prima cosa che apparve nel suo campo visivo fu la figura di Peter Pan che stava in piedi davanti al suo letto. La guardava dolcemente e sembrava sussurarle parole di conforto, che d'ora in poi sarebbe andato tutto bene e che non doveva preoccuparsi. Si mise seduta sfregandosi gli occhi e quando riportò l'attenzione al ragazzo questo era sparito.
Si diede della stupida per aver creduto che fosse realmente stato li. La sua immaginazione ultimamente le giocava brutti scherzi. Calmando il ritmo del suo cuore si rimise sotto le coperte e piombò in un sonno senza più incubi.

Non era riuscito a resistere alla tentazione di andare da lei. Doveva vederla. Non ne capiva il motivo, ma era il suo istinto che lo condusse nella sua camera. Volò dentro la stanza attraversando la finestra, fortunatamente aperta.
La vide. Stava dormendo profondamente, con le coperte che le coprivano solo metà del corpo. I capelli rossi le si distribuivano sul cuscino come una cascata di fuoco. Si avvicinò al letto, facendo attenzione a non svegliarla. La fissò. Era davvero bellissima. Ma non era quella bellezza comune, era speciale. Con quelle allegre lentiggini che le decoravano il grazioso nasino all'insù e quelle labbra morbide e rosa come i petali di un fiore.
Vide il suo corpo fare dei leggeri scatti. Probabilmente stava sognado, ma dalla sua espressione capì che non doveva essere stato un bel sogno. Voleva svegliarla per rassicurarla, dirle che non doveva avere paura, che ora era li con lei e non avrebbe permesso a nessuno di toccarla. Si stupì di provare un così forte sentimento per una persona. Ne fu anche spaventato al tempo stesso. Non poteva innamorarsi. Lui era Peter Pan. E Peter Pan non prova sentimenti, sopratutto non di quel genere. Ma quello che sentiva era più forte di lui e non riusciva a fermarlo.
D'un trattò Parker aprì gli occhi e lo guardò.
*Merda* pensò. Avrebbe pensato che fosse un maniaco, e stranamente non voleva farle pensare questo. Per sua fortuna la ragazza era assonnata e non sembrava credere a quello che stava vedendo. Appena lei si distrasse sfregandosi gli occhi volò via sparendo nel buio della notte.
Doveva reprimere il suo affetto per quella ragazza anche a costo di farsi odiare da lei. No. Non l'avrebbe mostrato a nessuno quanto era condizionato da Parker. Sarebbe diventata la sua debolezza e questo non poteva permetterlo. Lui non aveva punti deboli e non li avrebbe mai avuti.

The real PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora