"Pensi mai di tornare sull'isola che non c'è?" chiese Peter guardando le nuvole muoversi lentamente nel cielo.
Parker stava sdraiata accanto a lui con la testa appoggiata sul suo torace che si alzava ed abbassava ritmicamente.
"Certo che mi capita." rispose diretta senza pensarci un secondo. Erano nel mezzo di una radura circondata dalla selvaggia foresta; la luce del sole faceva risplendere i sottili fili d'erba come bagliuzze d'orate.
"Ma ogni volta cerco di allontanare questo pensiero. Non posso tornare." riprese giocando con la catenina regalatale da Peter.
Il ragazzo le accarezzò la fronte, liberandola dai capelli ribelli che le svolazzano sugli occhi.
"Durante la giornata riesco a non pensare all'isola... e a te." continuò con un sospiro. "Ma di notte non faccio altro che sognarti."
Peter sghignazzò. "Me ne sono accorto." rispose sarcastico.
"Tu mi sogni mai?" domandò curiosa mettendosi seduta a gambe incrociate.
"Tutte le notti." rispose Peter si sollevò sulle braccia per raggiungere la bocca della ragazza, dove pose le sue labbra dandole un dolce bacio.
Parker lo scostò con un ghigno.
"Ovvio che dici così. È il mio sogno. Tu non sei realmente qui." disse imbronciata.
Pan alzò un sopracciglio sorridendo maliziosamente.
"Detesto quando fai quella faccia lo sai?!" disse Parker buttandosi sul ragazzo e facendolo ruzzolare sull'erba.
Stava sopra di lui guardandolo fisso negli occhi, facendo aderire i loro corpi.
"Sei così dannatamente sexy." disse Parker mordendogli un labbro senza eccessiva pressione.
"Lo so." rispose inziando a baciarla a sua volta.
"E anche straordinariamente modesto." replicò di tutto punto la ragazza tra un bacio e l'altro."Parker svegliati!" La voce di James la svegliò di soprassalto spaccandole i timpani.
"James!" urlò furibonda. "Devi proprio svegliarmi urlandomi nelle orecchie?" lo sgridò massaggiando d'istinto i lobi. "Mi hai svegliato proprio sul più bello." disse sgattaiolando fuori dalle coperte e recuperando la sua amata vestaglia color glicine.
"Stavi sognando chi sono io?" domandò lanciandole uno sguardo malizioso.
Parker non rispose dirigendosi verso il bagno e chiudendo la porta.
"Dovresti sbrigarti. Non vorrai arrivare tardi l'ultimo giorno di scuola??" sbraitò James contro la porta sentendo la sorella intenta a lavarsi i denti.
Uscì un secondo dopo già vestita e pettinata, pronta per la scuola. La collana a cui teneva tanto brillò allo scontrarsi con un raggio di sole.
"Dopo due anni dovresti lasciartelo alle spalle." disse James vedendo la sorella iniziare a giocare con il ciondolo.
"Non preoccuparti per me."
Prese la giacca e lo zaino spiengendo fuori James dalla sua stanza per poi seguirlo in cucina.
"Buon giorno cari." Una donna sulla quarantina stava armeggiando ai fornelli. Aveva i capelli rossi raccolti in uno chignon spettinato che la rendeva molto sbarazzina e gli occhi erano nascosti da due spesse lenti dalla forma perfettamente circolare.
"Buon giorno mamma!" ricambiarono all'unisono i due ragazzi, già pronti per correre a scuola.
"Non salterete di nuovo la colazione? Ho fatto i pancake." dichiarò mamma Cross mostrando il contenuto della padella.
"Scusa mamma ma siamo in ritardo. A dopo." Parker diede un bacio sulla guancia alla madre per poi varcare la porta d'ingresso. James prese al volo un pancake ancora bollente e se lo infilò in bocca.
"Ehi! Che modi sono?!" scherzò la donna agitando il cucchiaio.
James sorrise continuando a masticare la sua colazione.
"A stasera mamma." la salutò con la bocca piena e raggiunse la sorella sul viale.
"Per l'amor del cielo James puoi masticare con la bocca chiusa."
Come risposta il ragazzo spalancò la bocca mostrando quello che una volta era un pancake.
"Sei disgustoso." annunciò. "Ora sbrighiamoci se non vogliamo perdere la prima ora di lezione."La mattinata trascorse più velocemente del solito. Essendo l'ultimo giorno di scuola, e per Parker anche l'ultimo giorno di liceo, le lezioni non furono pesanti, ma si limitarono a discutere su quello che avrebbero fatto dopo gli esami. Parker aveva ancora le idee poco chiare. Avrebbe voluto frequentare un'accademia d'arte, ma suo padre la orientava verso degli studi giuridici, che Parker trovava estremamente noioisi.
All'uscita di scuola si incontrò con Alice e un altro gruppetto di ragazzi, tra cui Cris. Gli aveva dato una possibilità. Una sera erano usciti per un film e lui non aveva fatto altro che tentare di baciarla, cosa che Parker non apprezzò per nulla. La sua regola era sempre stata niente baci al primo appuntamento. Nonostante questo Cris continuava a corteggiarla, e le stava spesso incollato come una zecca.
"Ciao splendore." la salutò con un bacio sulla guancia. Aveva deciso di concedergli quel saluto, ma puntualizzando che era un saluto tra due semplici amici.
"Ci vieni al Burn stasera?" chiese speranzoso con sguardo ammaliante.
"Non amo le discoteche lo sai." gli rispose con totale indifferenza.
Alice s'intromisi nel discorso.
"Dai Key. Per una volta potresti anche venire." la supplicò con il suo sguardo da cucciolo.
"Ti prego."
Parker resistette per diversi secondi, cercando di ignorarla, ma alla fine cedette e suo malgrado accettò l'invito.
Le due ragazze salutarono il gruppo incamminandosi verso il cancello d'uscita.
"Ti odio lo sai."
"Non muori se per una volta vieni a far compagnia alla tua migliore amica." disse Alice prendendola sotto braccio.
Parker la fulminò.
"Certo perché James non ti bastava." rispose guardandola di sbieco. "Starete in un angolo a pomiciare per tutta la sera e io sarò costretta a starmene con Cris."
Alice e James erano.un coppia ormai da un anno. Stavano bene insieme, si completavano a vicenda ma erano anche due sdolcinati assoluti. Parker rischiava il diabete ogni volta che li aveva nei paraggi.
"Ti prometto che staremo tutti insieme."
Era davvero convincente, ma la rossa non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
"Magari incontrerai qualche bel ragazzo stasera." disse facendole l'occhiolino.
"Non m'interessa conoscere ragazzi." replicò picata sistemandosi il ciuffo che le era scivolato davanti agli occhi guastandole la visuale.
"Invece dovresti. Solo così riuscirai a dimenticarlo." Parker le aveva raccontato tutto quello che era succeso quella notte di due anni fa. All'inizio Alice la fissò come si guarda un malato mentale, ma poi capì che Parker non avrebbe avuto motivo di inventarsi una storia del genere e che troppe cose quadravano per essere tutta una grande invenzione.
"Anche se dovessi incotrare qualcuno non potrei mai dimenticarmi di lui." Prese il ciondolo tra le dita iniziado a giocarsi. Lo faceva spesso da quando lo aveva al collo.
Alice ogni volta che affrontavano l'argomento Peter Pan veniva travolta dalla tristezza dell'amica. Avrebbe voluto trovare un modo per aiutarla, ma non sapeva cosa fare più di farla distrarre.
Per un breve tratto di strada non proferirono più sillaba. Giunsero davanti a casa di Parker, che obbligò l'amica ad entrare a causa di un grande problema che non sapeva come risolvere se non con Alice.
"Come mi vesto stasera?" urlò disperata Parker facendo la dolce scoperta che nel suo armadio non c'era nulla adatto ad una serata in discoteca.
"Stai calma rossa. C'è sempre qualcosa." affermò alzandosi dal letto per intrufolarsi nell'armadio di Parker.
"Questa battuta l'hai presa da un film, vero?!"
"Probabile." rispose Alice della quale ormai si vedeva solo il fondoschiena che sbucava dall'ammasso di vestiti.
La rossa si gettò sul letto a faccia in giù con i capelli che si ditrubirono a mo' di cespuglio sul cuscino.
"Mmm..trovato." esultò Alice saltellando sulla moquette.
Parker si mise seduta girandosi verso l'amica.
"Stai scherzando vero? Io quello non lo metto."
L'abito che sventolava Alice era un di quei vestitini che potevano essere considerati più magliette che altro. Corto e attillato di un rosso accesso. Il colletto era semitrasparente decorato con alcune pietre che continuavano nella parte retrostante, dove si apriva una leggera scollatura. Le era stato ragalato da James e il suo gruppo di teppisti per prenderla un po' in giro quando aveva quindici anni.
"Andiamo Key. È fighissimo." affermò lasciandolo a Parker, che lo prese al volo.
"Se ti piace così tanto mettilo tu." disse guardando disgustata il vestito.
"Queste non entrerebbero in quel coso minuscolo." sghignazzò portandosi le mani al seno.
Parker sorrise. "Che scema."
"Ora provalo."
Parker strinse il vestito inziando a togliersi maglia e pantaloni.
"E come scarpe ti presto io le mie décolleté nere."
Parker intanto si stava incastrando in quella trappola mortale. Dopo vari tentativi in cui rischiò più volte di far strappare il vestito finalmente lo aveva indosso.
"Come ti sembra?" domandò Parker portandosi le mani sui fianchi.
"Perché nascondi sempre quel bel fisichino. Stai un incanto."
Parker si posizionò davanti allo specchio.
"Non è troppo stretto?"
Alice si mise alle spalle della rossa guardandola riflessa.
"No è perfetto così. Farai strage di cuori stasera." Guardò l'orologio.
"Ora devo andare. Passo a prenderti per le dieci e ti porto le mie scarpe."
Recuperò lo zaino che era finito sotto il letto. Parker si ricambiò velocemente e accompagnò Alice alla porta d'ingresso.
"A stasera."
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The real Pan
FanfictionOgni settimana a Londra spariscono misteriosamente dei ragazzi, senza lasciare tracce. Parker Cross ha sedici anni: pelle chiara, capelli rossi boccolosi e profondi occhi color cioccolato. Svolge una vita normalissima: scuola, amiche, fratello teppi...