Dopo un'ultima occhiata verso il porto desolato e silente, illuminato da un crepuscolo ormai fievole, William sorrise.
I suoi amici erano andati, lui aveva fatto il possibile, ed ora doveva solo portare a termine la propria promessa. Doveva compiere l'ultimo passo.
Con l'animo in pace, si portò una piccola fiala alle labbra.
E bevve.~~~
Il fragore delle automobili, delle grida, di sirene distanti e risate sguaiate li avvolse d'improvviso con pienezza e caoticità. Fu un colpo inaspettato, che rese sordi i loro timpani ormai dimentichi di tali, concitate realtà. Eppure era così, ed anche l'aria, leggera ed invisibile, era differente; odorava di polvere, caffè vanigliato e pizza d'asporto. Trasportava con incontrollabile velocità ogni, singola sillaba, scandalo o notizia quantomeno importante potesse fuoriuscire dalle labbra umettate e morbide di un qualsiasi passante. Era ciò che a Clarissa piaceva da impazzire, ma che Simon detestava; il fatto che, pur vivendo nella mela più grande del mondo (New York), si fosse tutti comunque abbastanza vicini da sapere ogni cosa, che fosse per disgustosa e malsana curiosità, o per semplice coincidenza. Questi veloci pensieri, però, svanirono come nebbia al vento nell'istante in cui un taxi giallo limone non fu ad un passo dall'investirla; le inchiodò d'innanzi, l'uomo al volante, imprecando con sollievo e rabbia, sbattendo con forza i palmi ampi e callosi (ormai avvezzi all'anima lucida e rigida del volante) contro il cruscotto polveroso, ricolmo di pacchetti di sigarette rovinati e sbiaditi dal sole. La ragazza, in tutta risposta, constatò di essere d'improvviso senza parole; paralizzata dallo stupore, fu solo quando una stretta familiare e calda le avvolse il polso sinistro che si riprese, seguendo la figura che la stava accompagnando verso il marciapiede ampio. Udì altri clacson ed altre grida nel mentre che tutto ciò accadeva, ma, ormai conscia di dove si trovasse (e, soprattutto, di trovarvisi davvero), decise di ignorarli completamente, con il distacco tipico che ogni altro newyorchese, lei compresa, avrebbe ostentato; quante volte, infondo, aveva attraversato strade trafficate senza preoccupazione? Quante volte aveva zigzagato tra automobili sbraitanti e luminose? Milioni, sempre con una tracolla ricoperta di frange ed una giacca di jeans scolorita. Una volta superata tale confusione, la ragazza rise di gusto, estremamente certa che tutto sarebbe andato finalmente nel verso giusto; i ricordi, infondo, erano gli stessi, e quello a tenerle stretto il polso altri non era che Jace Herondale, mentre alle loro spalle rimbombava il suono pieno ed appagante dei tacchi di Magnus Bane, sempre impettito e composto, come se il viaggio nel tempo non fosse mai avvenuto e, incredibilmente, come se non fosse appena fuoriuscito da un vortice evocato da lui stesso, nato per collegare il milleottocentosettantotto agli anni duemila, ripieni di luci e pessimi costumi.
Arrestarono il passo in prossimità di un vicolo maleodorante, nel quale persero qualche attimo per mirarsi l'un l'altro, ancora segretamente incerti che fosse davvero tutto sistemato, convinti che probabilmente, sul fondo dello sguardo di qualcuno, avrebbero potuto intravedere quella scintilla di troppo, oppure quella mancante. Quella che avrebbe fatto loro presente che, tra un passaggio e l'altro, avevano commesso un errore.
Eppure non videro nulla. Era andato tutto bene e ciò poteva significare unicamente una cosa: che William aveva provveduto ad ogni, singola piccolezza. Nell'istante in cui ripensò a lui, una lacrima percorse il viso magro, pallido e lentigginoso di Clary. Dire che le sarebbe mancato era certamente un eufemismo; si era abituata velocemente alla presenza del bel cacciatore e, soprattutto, alla sua innata generosità. Era certa che Jace si sentisse finalmente fiero di saperlo suo nonno. Nonostante tutto, non si fece coinvolgere più di tanto dal dolore e dal pianto; era stremata e sapeva di dovere pensare unicamente a sua madre e Simon. Doveva dare loro la buona notizia. Prese un profondo respiro e si riprese. Magnus fece altrettanto, mentre Jace spostò la presa sulla mano della ragazza, intrecciando le proprie dita affusolate a quelle di lei. Si trattò di un'evidente richiesta d'aiuto; lampeggiava in modo tremendamente vivido in ogni suo atteggiamento falsamente distaccato.
-Scommetto che ti ha adorato.- mormorò quindi Magnus, dicendo quel qualcosa che, invece, chiunque si sarebbe aspettato di udire da Clary. Si era rivolto al biondo, e lo aveva fatto con una pacatezza rincuorante -Sono certo che, nonostante siate stati insieme così poco, lui abbia capito perfettamente che meraviglioso nipote avrà.-
Lo Shadowhunter annuì leggermente, con una certa titubanza; -È la cosa più disgustosamente smielata che tu mi abbia mai detto.- decise di riprendersi, e sfoderò un sorriso strafottente e brillante -Oddio, ho voglia di qualcosa di americano.- lanciò un'occhiata alle insegne a neon che lo circondavano in ogni dove, poi scrollò le spalle, prendendo a camminare verso un fast food vicino -Sì, Dio, dammi un hamburger!-
Clary rise, grata della straordinaria e malsana capacità che il suo ragazzo aveva di fingere ed andare avanti, e lo seguì, saltellando nei tacchi scomodi e stretti che le aveva prestato Charlotte quella mattina, mentre la gonna dell'abito ottocentesco vibrava meravigliosamente. Non aveva avuto tempo di cambiarsi, ricordò quindi con piccata ironia; più di centotrenta anni e neppure un secondo per cambiarsi d'abito. Ma non importava; un altro dettaglio totalmente apprezzabile di New York era la disarmante varietà di persone che vi abitavano. Chiunque esprimeva sé stesso, ed i più cadevano nell'eccesso. Lei sarebbe parsa solo uno dei tanti. Rise ancora, incapace di trattenersi.
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Future's Drop. -Goccia di futuro-
Fanfiction-Jessa, Wessa, Clace- Dopo una riunione a Londra, Magnus deciderà di lanciare un veloce incantesimo per rispedire Clary a casa. Ma se facesse confusione tra spazio e tempo? Se la spedisse in un passato lontano? Nel 1878? Lì farà la conoscenza di una...