Capitolo 79

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Erin

Mi sentivo terribilmente in colpa per come avevo trattato i ragazzi. Loro non se lo meritavano, ma l'avevo fatto per una buona causa. Avevo rovinato il loro concerto, i giornalisti e le riviste parlavano di "figuracce sul palco per i One Direction" e avevo paura che la gente avrebbe cominciato a prenderli in giro, oppure li avrebbero derisi davanti a tutti. Non avevo previsto quel casino, avevo solo agito di testa mia e non avevo pensato alle conseguenze.

-Papà è arrabbiato?-

Eravamo nella sala da pranzo dell'hotel, stavamo facendo colazione ed erano solo le dieci del mattino. Quella sera, quando Harry mi aveva chiesto di sposarlo, non avevo risposto, avevo solo salutato il pubblico ed ero ritornata dietro le quinte. Per fortuna Kate aveva ripreso i bambini, li avevo rimproverati e, dopo alcuni pianti, mi avevano promesso di non farlo più.

Harry non era arrabbiato. Era arrabbiatissimo.

Non avevamo dormito insieme, aveva dormito sulla poltrona e io mi ero sentita come un corpo senza la sua ombra. Avevo sentito freddo, nonostante facesse caldo, avevo lasciato andare qualche lacrima per la solitudine e, alla fine, ero riuscita ad addormentarmi.

Lily mi stava chiedendo se Harry fosse arrabbiato e io non sapevo come rispondere.

-Ehm...Papà è solo un po' stanco- non era nel nostro tavolo. Lui se ne stava da solo, seduto, sullo sgabello al bancone del bar a sorseggiare tequila alle dieci del mattino. Lanciavo occhiate nella sua direzione, lui guardava dritto davanti a sé e non mi guardava mai. Nemmeno un cenno.

-Perché non è con noi?- Simon stava mangiando il suo piatto di bacon e uova strapazzate. Lily beveva solo il succo di frutta all'arancia e io avevo ordinato lo stesso piatto di mio figlio. Kevin stava nel seggiolone a fare versi strani e a mangiare con le mani l'omogenizzato alla frutta.

-Vuole solo stare un po' da solo, tranquilli. Fra poco torna...- sorrisi. Non sapevo se Harry ci avrebbe raggiunti, a malapena ci aveva augurato il buongiorno e ci aveva salutati con un bacio quella mattina. Era come un morto che camminava, che non aveva un'anima e che pensava solo ad uccidere e mangiare le sue vittime. Non sembrava lui.

La sala era vuota. Per questioni di privacy e per precauzioni la sala rimaneva chiusa per due ore, le colazioni venivano servite in camera dei clienti e per fortuna nessuno si lamentava. Non volevamo problemi, sia per le lamentele dei cliente sia per la privacy dei ragazzi.

Harry non accennava ad avvicinarsi, i bambini volevano stare con lui, ma con il suo comportamento la faceva difficile -...Voi continuate a mangiare, io vado a prendere papà e lo porto qui, va bene?- mi alzai lentamente dalla sedia e, senza aspettare una loro risposta, mi diressi verso il mio fidanzato. L'idea di affrontare Harry era un po' spaventosa, ma sapevo che, per il bene dei miei figli, dovevo fare qualcosa. Harry non faceva paura, era una persona buona, non avrebbe fatto del male ad una mosca, ma quando era arrabbiato bisognava prenderlo con delicatezza e fargli capire di essere amato.

-Amore...- mormorai a poca distanza da lui. Lui non mi guardava, ero in piedi al suo fianco e mi torturavo le dita delle mani -...Amore, io...- balbettai -...Senti, mi dispiace per ieri. Io...-

-Erin, ti prego, risparmiati la morale. Sappiamo tutti e due cosa è successo su quel palco-

L'avevo fatto arrabbiare con il paragone dei Teletubbies.

-Harry, lo sai perché l'ho fatto- strinsi i denti.

-Sì, lo so. I bambini erano sul palco...- finalmente si girò e mi guardò -...Potevi dirmelo-

-Come?!...- alzai leggermente la voce -...Tu eri lì. Cantavi, ti divertivi e non pensavi a niente. Se ti chiamavo avresti cominciato a preoccuparti e io non volevo- spiegai.

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