Decisioni.

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Oramai era deciso: Adam era la persona giusta per me. Non avrei avuto ripensamenti, con lui mi sentivo me stessa, e avrei passato quel poco che mi mancava ancora di vivere in sua compagnia. Decisi allora che mio padre doveva conoscere assolutamente il ragazzo che aveva rubato il cuore debole di sua figlia. Il ragazzo che pochi giorni prima lo aveva fatto arrabbiare tanto, che aveva preso sua figlia e l'aveva portata al mare. Fu così che dopo averne parlato bene con Adam, decisi di presentarlo a mio padre. Il mattino dopo, mentre il mio vecchio faceva colazione a tavola, feci entrare Adam dalla porta del giardino.

«Papà...lui è Adam. Il mio ragazzo.» dissi tutta sorridente all'uomo davanti a me.

Lui alzò la testa e ricambiò il sorriso. Un sorriso come per dire "tra un po' me lo mangio vivo". Dentro di me ridevo per la scena che stava probabilmente per crearsi. Se avessi potuto, avrei scattato delle foto per ricordare.

«Buongiorno signor Scott.» disse il mio Adam. Mio padre, in tutta risposta fece un cenno con la testa, sempre con il sorriso sulle labbra.

«Beh, vi lascio soli.» dissi, e me ne andai.


Adam's POV.

Da quando avevo varcato quella porta, le mie gambe avevano iniziato a tremare. Torturavo le mie mani, mentre attendevo di conoscere il padre della mia nuova ragazza. La grande sala in cui ci trovavamo non era molto ordinata, era alquanto stravagante e metteva quasi allegria.

Al contempo, avevo decisamente paura. Avevo voglia di conoscere il padre di Tessa, ma non mi aspettavo di certo di rimanere da solo con lui. Quando Tessa scomparì tra le scale, e lo sguardo di suo padre si focalizzò su di me, avrei voluto scomparire.

«Accomodati» disse lui, con un sorriso beffardo sul volto, poi continuò «ho saputo di tuo padre, mi dispiace tanto.» concluse cambiando espressione, con una decisamente dispiaciuta.

«Beh, sì. E' stato un duro colpo.» dissi io abbassando lo sguardo.

«Cosa vuoi, da lei?» mi chiese lui all'improvviso. Alzai lo sguardo su di lui, e analizzai il suo volto serio. Non rideva più, anche se presumevo che il sorriso di pochi minuti prima fosse falso.

«Io...io voglio stare con Tessa, signor Scott.» risposi convinto più che mai.

«No, io non credo ragazzo. Tu non sai a cosa vai incontro. La farai soffrire, ma tu soffrirai di più.» disse lui fermo.

Io avevo tanta paura. Non avrei voluto soffrire, non ancora. Ma volevo stare accanto a Tessa. Non la conoscevo quasi per niente, questo era vero. Ma non potevo assolutamente lasciarla con le sue paure. Io ero sempre stato un ragazzo insicuro, nonostante fossi fermo sui miei pensieri. Ero insicuro, ma sicuro quanto bastasse per rendermi una persona matura e affidabile. Poi però è cambiato tutto, da quando mio padre se n'è andato. Il mondo mi è crollato addosso, i miei pensieri e le mie ultime sicurezze sono svaniti nel nulla. Volevo andare all'università, trovare un lavoro buono e vivermi bene la vita. Non chiedevo molto. Ma tutto questo è praticamente crollato con la morte di mio padre. Eppure da quando avevo conosciuto Tessa, quella voglia di vivere mi era tornata. Oramai prima di conoscerla non uscivo neanche più, invece da quando c'è lei è tutto diverso. Esco di più, quasi sempre con lei, ma esco. La mia vita ha ripreso luce, quella che da un po' di tempo avevo perso. Ed io sì, avevo una paura matta di perdere anche lei, perché so che se ne sarebbe andata. Ma avrei voluto passare del tempo con lei, vivere quanto bastava con lei. E lo avrei fatto: fine della storia.

«So che mi farà male, ma non voglio lasciarla sola. Voglio solo starle accanto.» dissi alla fine. Mi congedai e uscii da quella casa.

Lo avrebbe accettato prima o poi. Tessa non poteva rimanere da sola e affrontare tutto senza qualcuno che l'appoggiasse. Aveva bisogno di me, come io di lei. Lei mi stava ridando luce, e se un giorno se ne fosse andata, io sarei stato lì per lei. Speravo solo che suo padre lo avesse capito, prima o poi.

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Tessa's POV.

Erano giorni che Zoey mi chiedeva di accompagnarla dal ginecologo, e finalmente, quella mattina acconsentii a farlo. Rubai la macchina di mio padre, con la speranza che non se ne fosse mai accorto. Non sapevo guidare, sarebbe stato inutile imparare, ma il ginecologo era abbastanza distante, e non saremmo potute andare a piedi. Zoey era nervosa, e quando arrivammo scese immediatamente. Era passata mezz'ora, da quando stavamo aspettando nella sala d'attesa. Decisi quindi di farle la 'fatidica' domanda, dovevo assolutamente chiederglielo: le ero rimasta solo io e sapevo che si fidava solo di me.

«Cosa pensi di fare?» le chiesi.

«Lui non lo vuole...» disse riferendosi al biondo che doveva essere il padre del bambino, e poi continuò «quindi io non lo terrò.» concluse.

A quelle parole, rimasi allibita. Come poteva fare una cosa del genere? Era comunque il suo bambino, non poteva farlo morire. Qualsiasi essere umano, qualsiasi forma di vita, con un minuscolo cuore palpitante, avrebbe voluto vivere. E lei non poteva comportarsi in quel modo: lo sbaglio era stato suo. Anzi, quella creatura non sarebbe stata uno sbaglio. Avrebbe potuto metterle la testa a posto. Stavo per ribatterle contro, quando la segretaria la chiamò dicendole che il dottore poteva riceverla. Decisi allora di rimandare a dopo i miei pensieri, e di attendere. Una volta uscita di lì, dopo i controlli, decisi di riaccompagnarla a casa. Quando mi fermai di fronte casa sua, spensi l'auto, intenta a parlare.

«Non puoi abortire.» le dissi seria.

"E' una mia decisione, non posso crescerlo da sola.» ribatté lei sicura.

«Ma non puoi fare una cosa del genere Zoey!» dissi alzando la voce.

«Pensavo che almeno tu fossi stata dalla mia parte.» urlò lei.

E fu così che si concluse la discussione, lei non mi lasciò ribattere, scese velocemente dall'auto e si diresse in casa. Me ne andai, imprecando: ero arrabbiatissima. E se ancor prima non sapevo guidare, in quell'attimo fu ancor peggio. Diavolo! Non sapevo cambiare le marce! Parcheggiai nel mio quartiere, furiosa per la decisione della mia amica. Quella ragazza era sempre stata impossibile: aveva fatto delle scelte sbagliate sin da bambina, frequentando sempre posti non adatti a lei, e persone altrettanto sbagliate. Ma io le ero sempre stata tanto amica, nonostante la sua mente sbagliata. Ma questa no, non glie l'avrei lasciata passare. Doveva mettere al mondo quella creatura e amarla, amarla fino in fondo, anche se era solo il frutto di un divertimento per loro andato male,ma sarebbe stato comunque il suo bambino. La rabbia però svanì del tutto, quando proprio vicino il mio cancello vidi Adam. Il cuore iniziò immediatamente a battermi, ed un sorriso si insinuò sulle mie labbra: ecco l'effetto che mi faceva. Scesi dall'auto e lo vidi immediatamente ridere.

«Sai guidare proprio bene.» disse sarcastico lui, guardandomi con le mani nelle tasche.

«Non prendermi in giro.» dissi timida io.

«Hai qualcosa da fare?» chiese sorridendo.

«Mh, no...non direi.» dissi io ricambiando il mio sorriso.

«Bene, perché volevo proprio invitarti ad uscire. Un vero appuntamento. Ti va?» chiese lui.

Non me lo feci ripetere due volte. I miei occhi brillavano di gioia. Un vero appuntamento. Annuii immediatamente, e ci demmo appuntamento alle sette. Era ufficiale: mi sentivo la ragazza più felice del mondo!

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