Ghigno tra me ripensando alla faccia di Evan quando gli ho detto che dovrà guadagnarsi il mio nome. So che ora non starà pensando a me, non come voglio io, ma accadrà, certo che accadrà.
Sono davanti alla finestra del Drake al 666 di Park Avenue, nel mio salotto, ho ancora il vestito rosso e i tacchi a spillo. Dal 17esimo piano vedo tutta New York, la sento in pugno, finché non rivedo la punta illuminata del Chrysler Building.
Un senso di irritazione mi pervade al pensiero che ci sia una persona che possa guardarmi da una finestra più alta della mia.
Ho scelto questo indirizzo perché mi sento al sicuro, nessuno verrebbe mai a cercarmi qui, a chi verrebbe mai in mente di entrare di nascosto nell'appartamento numero 13 al 17esimo piano del portone numero 666?? Nessuno.
Il mio respiro si fa affannoso, prendo un bicchiere e bevo un sorso di Champagne prima di ricontrollare la serratura e installare nuovamente l'antifurto, ho paura persino io di questo posto.
Mi sfilo il vestito e rimango a pensare continuando a guardare le luci di questa città appoggiata a questa mia grande vetrata.
Da una parte spero che quel ragazzo non mi venga a cercare, e forse non lo farà.
Ricordo di che colore sono diventate le sue guance quando gli ho proposto di accompagnarlo in bagno. Potevo addirittura sentirne il calore, non è un'emozione comune tra i ragazzi, quindi forse non mi cercherà mai. Non mi cercherà, non si innamorerà e non soffrirà come tutti gli altri.
Finalmente l'oscurità sta svanendo, vedo le prime luci del mattino e la mia angoscia piano piano se ne va.
Posso finalmente concedermi il sonno, mi butto sul letto e mi addormento.
Sogno capelli biondi e occhi neri, neri come l'oscurità che non mi lascia respirare, e non mi lascia vivere.
Da quella notte nulla è più come prima, la mia vita è stata distrutta, e niente e nessuno potrà ridarmi la felicità.
I suoi occhi fissano i miei, il suo respiro è calmo, sento il profumo del suo respiro, io sto per avvicinarmi ancora quando sento un dolore lancinante all'addome. Metto le mani in grembo e sento il vestito bagnato, abbasso lo sguardo e vedo sangue troppo sangue.
Urlo e mi dimeno, mi alzo di scatto e mi ritrovo in camera, al sicuro. D'istinto controllo la mia pancia, sfioro con le dita quella linea netta, la mia cicatrice non sanguina, era solo il solito incubo.
Ricontrollo l'antifurto e la porta d'ingresso. È tutto ok, bevo un sorso d'acqua e ritorno a dormire..
La sveglia suona e io apro gli occhi ancor prima che lei cessi il primo trillo.
La giornata è soleggiata, prendo il telefono e controllo i messaggi.
Nessun messaggio, tiro un sospiro di sollievo. Ormai sono 30 giorni che Dan non mi ha più cercata. Dopo avermi detto che mi amava io sono fuggita, gli ho detto che non avrei mai amato una persona come lui, gli ho detto che per me non esiste l'amore. <L'amore esiste! Certo che esiste! Sei tu che vuoi solo divertirti con i sentimenti altrui! > le sue parole riecheggiano nella mia testa come riecheggiarono ai tempi le parole di tutti gli altri. Nessuno potrà mai capire, nessuno saprà mai del mio passato, e io andrò con altri ragazzi, ancora, ancora e ancora.
Il sole sta per tramontare e io non ho nessuna intenzione di restare rinchiusa da sola mentre fa buio. Infilo i leggins una maglia e le scarpe da running, preparo il borsone del cambio da tenere in macchina ed esco ansiosa di casa.
Mi dirigo a Central park per una bella corsa, di sera non c'è tanta gente che corre al buio in questa foresta al centro della città.
Se fossi una ragazza normale avrei paura di venire qui al buio da sola, ma non sono più una ragazza indifesa, non ora,non più.
"QUESTA STORIA E' FRUTTO DELLA MIA IMMAGINAZIONE, VI PREGO DI LASCIARE UN PARERE NEI COMMENTI, UNA STELLA SE VI PIACE E PERCHE' NO ANCHE DEI CONSIGLI" ;-)