Si poteva essere così idioti da dimenticarsi di fare qualcosa di veramente importante e che per di più si era anche segnato sull'agenda?
Bé, Michael ci era riuscito.
In quelle due settimane aveva dimenticato di chiedere se era possibile celebrare la cerimonia nella cattedrale, e anche di contattare il fotografo.
Al suo posto ci aveva prontamente pensato il suo futuro suocero, che con il suo fare da avvocato si era messo d'accordo con il fotografo per un completo set fotografico e persino per un filmino, e aveva stabilito che sua figlia e Michael si sarebbero uniti in matrimonio sotto la benedizione dell'arcivescovo di Canterbury, il 9 maggio prossimo.
"Che figura di merda, Michael!"
Quando aveva sentito Taylor via Skype si era scusato in tutti i modi possibili. Era veramente mortificato, e ora si vergognava addirittura di guardare il signor Smith in faccia. Lei, però, lo aveva tranquillizzato dicendogli che poteva succedere di dimenticarsi qualcosa, che non era la fine del mondo, perché magari - povero tesoro mio! - era troppo stressato dal lavoro.
<Anche se te lo avevo detto di ricordartelo!> aveva comunque sottolineato.
"Stress al lavoro." A Michael veniva quasi da sorridere quando ci ripensava. Non aveva per niente troppi impegni con il negozio. Erano di più quelli relativi al matrimonio, ad essere sinceri. E poi, a dire il vero, da quando aveva incontrato Luke Hemmings al Warman's Music, la sua mente non aveva fatto altro se non ricordare quel momento.
A proposito, erano passate due settimane da quell'incontro e il ventiduenne non aveva più incrociato il suo giovane vicino di casa, nemmeno gli altri tre ragazzi.
Nel frattempo aveva mostrato a Tom, Chris e George il risultato della loro scommessa, e loro erano sembrati più che soddisfatti. Come seconda scommessa lo avevano obbligato a farsi il buco anche all'orecchio sinistro, e fortuna che anche per questo Michael ci stava pensando già da un bel po' di tempo se farlo o no, quindi non gli era dispiaciuta come idea.
Ora veniva il peggio, però. Chissà cosa si sarebbero inventati.
<Io propongo di farlo andare in giro per la città con addosso soltanto i boxer> disse Tom un mercoledì pomeriggio di metà settembre.
Lui e gli altri stavano salendo tutti e quattro sulla jeep di Michael, diretti prima al cinema, perché i ragazzi volevano vedere "I Mercenari 3", e poi al solito pub.
Erano passate ormai due settimane e mezza dall'incontro con Luke.
<Nah, é troppo umiliante, dai> osservò Chris riguardo all'idea di Tom. <E se gli facessimo tingere i capelli di rosa?>
<Fatelo e vi trasformo io in sosia di Peppa Pig> lì avvertì subito Michael. "Allora meglio di rosso, o verdi."
Tom scoppiò a ridere. <Hai ragione, Mic. Non voglio farti scambiare per un frocio.>
<Ti immagini se qualche stupido finocchio tenta un approccio?> aggiunse ancora Chris, e poi ridacchiò insieme all'amico.
George, invece, seduto sul sedile posteriore assieme a Chris, sorrise leggermente, e basta.
Michael rabbrividì alle parole dei due ragazzi, mentre era alla guida. Non osava immaginare come avrebbero reagito se avesse detto loro che aveva una cotta per un ragazzo. Probabilmente gli avrebbero riso in faccia.
Passarono giusto davanti alla piazzetta dietro casa di Michael, quando Tom rizzò la schiena sul sedile del passeggero, ricordandosi qualcosa. <Fermi tutti! Mancano le bibite per il cinema!>
<Le prendiamo al cinema, che problema c'è?> disse Michael.
<Io non ci penso assolutamente a spendere soldi in più per una lattina di birra quando posso comprarla al supermercato ad un prezzo inferiore.>
George e Chris annuirono. <Nemmeno noi.>
Il biondo a quel punto alzò gli occhi al cielo e accostò la macchina al marciapiede. <Cosa vi prendo?> domandò un po' scocciato.
<Tre lattine di birra. Scegli quella migliore.>
<Anche un sacchetto di pop corn, e uno di patatine.>
<E un pacchetto di Camel Light, per favore. Le ho finite.>
"Ancora qualcosa?" pensò il ventiduenne. "Perché non andate a prenderle da soli, allora? Muovete le vostre belle chiappe da stronzi." E borbottando questi e altri pensieri sui suoi amici entrò dentro al supermarket della piazza.
Nel frattempo, a pochi isolati da lì, Luke e gli altri stavano ritornando a casa dopo una giornata di scuola.
<Non ci posso credere. La scuola é iniziata da pochissimo e abbiamo già dei compiti di matematica da fare> sbuffò Lorenza.
<Mi fa strano ammetterlo, però questa volta sono d'accordo con te> le disse Calum. <É una materia inutile, non la capisco proprio.>
<Non é difficile, anzi, é un giochetto. Devi solo trovare un'insegnate che te la spieghi bene> intervenne Luke, ma i due ragazzi lo guardarono come se avesse detto che il principe Carlo d'Inghilterra fosse un bell'uomo.
Bé, era facile dirlo per lui. Liz, sua mamma, era un'insegnate di matematica; parte di quello che sapeva glielo aveva insegnato lei, e il resto lo aveva appreso a scuola con le sue buone doti, perché d'altronde un po' di indole matematica gli scorreva nel sangue.
<Sì, non é proprio tutto arabo, però non ci sono proprio portata> continuò Lorenza. <É l'unica materia insieme a filosofia in cui non riuscivo a prendere più di sei, in Italia. Preferisco di gran lunga le materie letterarie.>
<Beata te che arrivavi almeno alla sufficienza, io nemmeno quello. Forse alla fine del semestre> aggiunse Calum.
Luke sorrise. <Dai, stasera facciamo i compiti insieme così vi aiuto.>
<Anche io vi do una mano, ci capisco abbastanza> si offrì Ashton con l'australiano.
<Che gentili, siete proprio due ragazzi d'oro> li ringraziò la ragazza. <Però, vi avverto che non sarà un lavoro facile, almeno con la sottoscritta.>
<Anche per quanto riguarda me> li avvisò Calum. <A proposito, avrei quasi fame.>
<Ora arriviamo a casa e potrai mangiare qualcosa> gli disse Ashton.
<Ho proprio una voglia matta di Pringles al pollo, quelle che abbiamo nella dispensa.>
Luke pensò un attimo. <Guarda che le abbiamo mangiate l'altra sera mentre guardavamo XFactor. Credo che fosse l'unica confezione.>
<Cosa?! Mi stai dicendo che non abbiamo più in casa le Pringles al pollo?!> urlò lo scozzese. <Devo assolutamente correre a comprarle!> Detto ciò fece per fiondarsi dentro al supermarket della piazza.
Lorenza scosse la testa. <Ma dove vai? C'è un barattolo intero di Nutella in dispensa. La spalmi su due fette di pane, ed é una delle cose più buone che esistano al mondo.>
Calum, però, non le diede retta, e, incrociando le braccia al petto, proprio come un bambino capriccioso, ribadì: <Io voglio le Pringles al pollo!>
L'italiana mugolò scocciata. <Entriamo nel supermercato a prendere la merenda, così il bambino é contento.>
Luke sorrise. <Io vi aspetto qui fuori, tanto non devo comprare niente.>
<Va bene. Non dovremo metterci tanto> gli rispose Ashton, e poi seguì Lorenza e Calum dentro al negozio.
L'australiano, a quel punto, prese il suo iPhone ed iniziò a smanettarci, tanto per ingannare il tempo.
Nessun SMS, nessuna chiamata persa, nessuna email.
Entrò su Facebook, trattenendo momentaneamente il respiro, nella speranza di vedere la notifica che aspettava da due settimane.
"Ti prego, ti prego, ti prego. Sai il mio nome e cognome, non ti costa niente cliccare su 'aggiungi ad amici'."
Okay, da quattordici giorni e mezzo Luke stava aspettando la richiesta di amicizia di Michael, esattamente come una ragazzina alle prese con le prime cotte adolescenziali.
In un certo senso, il diciassettenne aveva sperato che il suo vicino gli inviasse l'amicizia su Facebook perché questo avrebbe voluto dire che in qualche modo si era ricordato di lui, ma siccome non lo aveva ancora fatto, allora significava che non gli era importato così tanto del loro incontro. Anzi, forse se ne era addirittura dimenticato.
Anche quel giorno nessuna notifica.
Luke sospirò, rassegnato.
"Michael, perché non ti decidi? Eppure mi hai detto 'spero di rivederti, Luke'. Io ci ho creduto."
Molto meccanicamente, come se fosse il gesto più naturale del mondo, tipo allacciarsi le scarpe o lavarsi le mani, l'australiano andò sul profilo Facebook dell'altro ragazzo. Ormai conosceva perfettamente tutti i suoi post, talmente erano state le volte che li aveva letti. Quante sere, poi, sdraiato sul letto prima di addormentarsi, aveva contemplato il suo viso nell'immagine di profilo: Michael mentre guardava dritto di fronte a sé, assorto in chissà quali pensieri, stretto nella giacca nel freddo inglese, i capelli biondi nascosti sotto ad un capello di lana, e le cuffiette dell'iPod nelle orecchie. A Luke veniva in mente solo un aggettivo per descriverlo: perfetto.
"E se gliela inviassi io l'amicizia?" si chiese, ammirando anche in quel momento quella foto. Un'idea che si era già posto un sacco di volte in quei quindici giorni ma che aveva respinto per imbarazzo e vergogna. "E se poi non me la accetta? Farò solo una figuraccia. Meglio di no."
Intanto, proprio in quell'attimo, Michael uscì dal supermarket con le birre e il cibo per i suoi amici. Gli giravano ancora un po' le balle per come si erano comportati i ragazzi, quindi non esitò a prendere una sigaretta dal pacchetto di Marlboro e ad accenderla. Avrebbe scaricato il nervosismo e poi sarebbe ritornato da loro come se niente fosse successo.
Diede una prima, intensa tirata, poi si voltò alla sua destra e vide una figura maschile rivolta di schiena.
"Quei capelli biondi..." Avrebbe saputo riconoscerli anche distante chilometri.
Un momento...e se non fosse stato lui? E se ora avesse iniziato a vederlo in tutte le persone che incontrava? Il suo cuore iniziò a fare le capriole nel petto, come tutte le altre volte, del resto.
<Luke?> si rivolse dunque Michael al ragazzo lì vicino a lui.
Luke alzò gli occhi dal suo iPhone, e si voltò verso chi aveva parlato, sussultando alla vista di Michael. <Ciao. Anche tu qui?>
Il ventiduenne annuì. <Che sorpresa. É bello rivederti, Luke.>
<Sì, anche per me é bello rivederti.>
<É passato un sacco di tempo dall'ultima volta in cui ti ho incontrato. Come procede la tua vita a Canterbury?>
<Straordinariamente.> "Ancora di più quando ti incontro" pensò spudoratamente Luke, e arrossì violentemente.
Michael fece un altro tiro dalla sigaretta. <Hai iniziato la scuola?> continuò poi! alludendo alla divisa di Luke. <Dove studi di bello?>
<St Edmund's School.>
<Che coincidenza, anche io ho studiato lì.> Altro tiro alla sigaretta. <É un'ottima scuola, ti troverai bene.>
L'australiano annuì d'accordo con le parole dell'altro ragazzo.
<Senti, se ti servissero delle ripetizioni, io potrei esserti d'aiuto. Me la cavavo abbastanza bene a scuola> si offrì Michael.
Luke sorrise. <Grazie, ma di solito faccio da solo.>
<Ehi, non sono così male a dare ripetizioni, non voglio nemmeno che mi paghi. Ti assicuro che non sono un maniaco come pensavi.>
Le guance del diciassettenne assunsero tutte le tonalità possibili del rosso. <No, volevo dire che di solito sono abbastanza bravo a scuola.>
<Ma sì, non ti preoccupare. Io scherzo sempre> rise Michael.
Intanto, Tom e gli altri lo richiamarono con il suono del clacson. Michael e Luke si voltarono entrambi verso la jeep nera.
<Io devo andare, i miei amici mi chiamano> disse quindi il più grande.
"Di già? Oh no, ti prego, resta ancora un po' qui con me" lo supplicò mentalmente il giovane australiano. Poi, però, annuì leggermente.
Michael guardò un istante il suo vicino di casa.
Sembrava quasi dispiaciuto di dover vederlo andare via così presto. Oddio, come era tenero. Ora che lo aveva rincontrato non voleva salutarlo così in fretta. Chissà quando lo avrebbe rivisto.
Per un attimo si sentì così intraprendente. Nemmeno con Taylor lo era stato, quando l'aveva conosciuta.
<Mi concedi di usare un secondo il tuo cellulare?> chiese dunque al diciassettenne.
Luke ridacchiò.<Perché?> gli chiese, alzando un sopracciglio.
<Lo saprai solo se mi permetti di fare quello che ho intenzione di fare.>
Luke sbloccò il suo iPhone, uscì dall'app di Facebook che aveva ancora lasciato aperta, e passò il cellulare a Michael. Quest'ultimo, a sua volta, digitò velocemente qualcosa, e poi fece altri due passaggi che l'australiano non riuscì a capire. Alla fine gli riconsegnò il suo smartphone, e gli sorrise con quel sorriso che gli faceva gli occhi.
<Ciao, Luke. É stato bello averti rincontrato.>
Avrebbe anche quasi voluto dargli un bacio sulla guancia - oh, accidenti, quando mai aveva salutato un ragazzo con un bacetto femminile da primo appuntamento, anziché con una pacca virile sulla spalla?! -, però si trattenne.
A quel punto buttò a terra la sigaretta ormai finita e si diresse verso la sua macchina.
Luke lo seguì con lo sguardo finché non attraversò la strada, poi, vinto dalla curiosità, cercò di capire cosa avesse fatto Michael con il suo cellulare.
Oh, wow, lo scoprì subito.
Michael aveva scritto un messaggio sulle Note, poi vi aveva fatto uno screen e lo aveva impostato come sfondo dell'iPhone del più piccolo.
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Solo Per Te (Muke)
FanfictionLuke é un diciassettenne timido ed insicuro. La sua vita incerta trascorre senza molti amici per lo più rintanata tra le quattro mura della sua camera, a leggere classici e a studiare. Poi, ecco l'occasione della sua vita: un soggiorno studio a Cant...