Capitolo 1

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25 - Settembre - 2015

Erano le sei e mezza del mattino e quel giorno cominciava il mio secondo anno al liceo Bellamy.

Anche se quello era il mio secondo anno in quella scuola, non ero ancora riuscito a farmi degli amici.
Il motivo era molto semplice: non parlavo con nessuno, evitavo tutti e preferivo stare da solo. Non ero proprio il tipo di persona che stava simpatica alla gente.

Dopo essermi trasferito ho lasciato la mia città natale, Indianapolis, i miei amici, la mia scuola, la mia... felicità.

Non avevo nessuna voglia di ricominciare tutto da capo.

Ma soprattutto, avevo fatto uno strano sogno quella notte. Un sogno che mi aveva riportato indietro nel tempo. Un sogno che mi aveva fatto ricordare tutti i bei momenti trascorsi ad Indianapolis. Un sogno che, sfortunatamente, mi aveva ricordato il motivo per cui c'eravamo trasferiti.

Per questo non avevo voglia di andare a scuola. Uscire mi sembrava la peggiore delle idee.

Così, cercai di riaddormentarmi ma, prima di riuscire a chiudere occhio, sentì mia madre chiamarmi dal piano di sotto:

«Joseph! Svegliati! Non vorrai mica far tardi il primo giorno di scuola».

«Fantastico. Non poteva mica mancare questa frase. » pensai, alzando gli occhi al cielo.

Così rotolai, letteralmente, giù dal letto e, con l'entusiasmo praticamente a zero, cominciai a prepararmi.

Feci una doccia, mi lavai i denti e agguantai i primi vestiti che mi capitarono a tiro. Presi dei jeans e una camicia bianca, il tutto accompagnati da una giacca nera e le solite converse.

Quando finì di vestirmi e di prendere tutto il necessario andai verso il piano di sotto, ma prima di scendere mi fermai a fissare quella camera. L'unica camera della casa a cui non posso, anzi, non voglio accedere, perché quella camera doveva appartenere a...lei.

Smisi di fissare la stanza e scesi al piano di sotto.

Come ogni mattina i miei genitori erano i primi ad alzarsi. Mio padre era seduto a tavola e leggeva il giornale, come al suo solito. Mentre mia madre si trovava dietro il bancone della cucina, intenta a preparare la colazione.

«Buongiorno dormiglione, dormito bene?» chiese mia madre, con un sorriso in volto.

Annuì, ma non risposi. Era dal giorno dell'incidente che i miei non sentivano una sola parola da me.
Oramai se n'erano fatti una ragione, ma si sforzavano molto per cercare di ridarmi la parola. Si sforzavano davvero tantissimo ma, ogni volta che ci provavano finiva sempre che io rispondessi con un lungo silenzio.

«Buongiorno campione. Sai, ci ha telefonato la tua scuola riguardo al nuovo plesso... »disse subito mio padre per spezzare quel silenzio angosciante.

«Oh, giusto. Joseph, il nuovo plesso è finalmente pronto quindi ci hanno riferito che quest'anno trasferiranno le classi li.»continuò mia madre.

«Sai dove si trova il nuovo plesso, vero? È proprio dopo la fermata che prendevi di solito, dopo il parco cittadino.» mi spiegò mio padre.

Feci cenno con la testa per dire che avevo capito e mi affrettai a mangiare quello che mia madre aveva preparato.

«Se riesco ad arrivare prima degli altri alla stazione, posso cercare un posto tranquillo dove stare da solo» pensai mentre finivo la mia colazione.

Dopo aver finito, salutai i miei genitori con un cenno di mano e mi incamminai verso la porta d'ingresso per andare alla stazione.

Quando misi piede fuori di casa venni travolto da una fredda brezza, come se fosse una gelida carezza.
I raggi del sole, che filtravano tra i rami degli alberi, riscaldavano lievemente il mio viso, e le pozzanghere lasciate la notte scorsa dalla pioggia, sembravano specchi che riflettevano il cielo stesso.

Quel giorno, per l'intero tragitto, il panorama era splendido. In ogni casa, la rugiada che bagnava tutti i fiori dei giardini e si cristallizzava nei loro colori, formando un bellissimo arcobaleno che brillava al solo contatto dei raggi solari.

Oramai ero quasi arrivato alla stazione. Ci avevo messo più tempo di quando ce ne volesse, visto che camminai più lentamente del previsto, ma il tempo era così bello quel giorno che ne valeva ogni secondo.

Quando arrivai alla stazione vidi che c'era già molta gente.

Cercai un posto dove poter aspettare tranquillamente. Dalla ferrovia 13-B alla 14-C era pieno di studenti della mia scuola, non lo considerai nemmeno.
Invece, un po' meno numerosi erano quelli dalla 15-E alla 16-A, ma erano dipendenti o universitari... meglio di no.

Scrutai ogni fermata, ma niente di niente.
A parte un piccolo spazietto isolato vicino il bigliettaio. C'era una piccola panca messa tra lui e una delle colonne portanti che sorreggevano il tetto.

«Finalmente! Un posto tutto per me » pensai, sospirando per il sollievo.

Mi sedetti li e cominciai ad aspettare il treno.

«La giornata è cominciata piuttosto bene. Se proseguisse così sarebbe il massimo».

Lo pensavo davvero. Ma come tutte le cose belle, prima o poi, era destinata a finire.

Doctor Corpse - Le originiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora