Capitolo 13

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4 - Ottobre - 2015

Passò una settimana ed io e Samantha cominciammo a frequentarci.

Ovviamente non era cambiato proprio tutto dato che ero ancora vittima di bullismo e facevo ancora quegli strani incubi, ma era ok.

Avevo ricominciato a dire qualche parola solo con i miei genitori e Sam, ma ero ancora lontano dal fare anche le più piccole discussioni.

I miei erano felicissimi del radicale cambiamento che avevo fatto grazie a Sam. Erano così felici che la vollero conoscere, fu una cosa imbarazzante, ma piacevole al tempo stesso.

11 - Ottobre -2015

Quel giorno mi trovavo in centro, volevo testare i miei miglioramenti e vedere se riuscivo a stare in mezzo alla gente. Avevo ancora dei piccoli disagi, ma non me la cavavo male.

Ero molto spensierato, pensavo solo a Sam e a quanto non vedessi l'ora di stare con lei.

«Ti sei innamorato, eh?» ripeteva sempre mia madre, mettendomi continuamente in imbarazzo. Probabilmente era vero, ma i sentimenti che provavo verso di lei erano differenti al semplice affetto.

...

Finito il giro in centro tornai a casa. Volevo solo mettermi a letto e scambiare qualche SMS con Sam o magari una telefonata. Non è che parlassi un granché al telefono ma mi piaceva ascoltarla.

Però, non mi sarei mai aspettato che al mio rientro a casa avrei avuto una tale notizia.

...

Aprì la porta di casa, entrai, e vidi mia madre pallida in volto e con occhi rossi, come se avesse appena pianto.

Appena mi vide corse da me e mi abbraccio, molto forte, anche troppo.Ero preoccupato, perché mentre mi abbracciava cominciò a piangere e a ripetere:

«Mi dispiace. Andrà tutto bene. Te lo prometto»

Anche non sapendo cosa stava succedendo il mio cuore andava a mille, come se sapesse già tutto.

«Che succede!? Perché mi sento così?» pensavo in preda al panico.

Mia madre allentò la presa ed indietreggiò.Senza guardarmi in faccia e singhiozzando mi diede la peggiore delle notizie:

«Samantha...Mi ha chiamato tuo padre dall'ospedale e...» si bloccò lei.

«Sam?» balbettai io.

«Ce stato un incidente e l'hanno portata subito in ospedale»

Mi sentivo morire dentro. Non piansi nemmeno. Ero zitto, immobile.

Dissi solo una cosa e poi corsi via:

«No anche lei»

Cominciai a correre verso l'ospedale. Dovevo arrivarci il prima possibile.

Così, senza pensarci due volete, entrai dentro la Black Forest.Era buio, silenzioso. Tutto quello che riuscivo a sentire era il battito del mio cuore che aumentava sempre più.

Non vedevo nulla, non sentivo nulla. Era come se fossi in un incubo, correre nel vuoto senza nessuna meta, senza nessuna via d'uscita.

Il panico, il buio, il dolore, il silenzio...poi una voce:

«Visto fratellone? Non sei riuscito a salvare nessuno nemmeno questa volta»

Correvo accompagnato solo da quella voce.

«Non hai bisogno di nessun'altra. Basto io».

Ero stanco. Volevo fermarmi, ma le mie gambe continuavano ad andare.

«Perderai anche lei, come hai perso me. Accettalo.»

perché stava succedendo a me? Perché tra tutti doveva succedere di nuovo a me?

Stavo per arrendermi, era troppo.

«Fratellone...perché non giochi con me? Ahah~»

L'oscurità...poi la luce.

Riuscivo ad intravedere l'ospedale. Ero arrivato, c'ero riuscito.

Corsi ancora, fino all'entrata. Presi direttamente le scale e, una volta arrivato, esausto, vidi mio padre uscire da una stanza. La stanza era targata: Brown. Stavo per entrare ma lui mi fermò:

«Fammi passare. Ti prego. Samantha sta...lei...» dissi oramai esausto.

Lui mi strinse a se e cercò di farmi calmare.

«Va tutto bene. Non è in pericolo di vita, ma per il momento devi calmarti, ok?» disse lui con un tono pacato, ma triste e amareggiato al tempo stesso.

Quelle parole furono come un benedizione per me. Sam stava bene, ed era questo l'unica cosa che m'importava.

Feci come mi disse lui. Mi calmai e aspettai un po' prima di entrare.

...

«Joseph, ti va di entrare?» mi chiese lui uscendo dalla stanza.

Entrai e mi sedetti accanto a lei.

«Papà, lei sta bene?»

Mi prese un attimo in disparte e mi spiegò come stavano le cose:

«Ha un trauma cranico. Per evitare un eventuale shock l'abbiamo messa in coma farmacologico. Sembra che un gruppo di persone, dei liceali si presuppone, l'abbia tramortita più volte e...abbiano abusato di lei. Almeno, questo e quanto a detto la polizia»

Non riuscì a dire nulla. Gli chiesi solo una cosa:

«Posso...posso restare qui con lei?» dissi voltandomi, con un espressione più che triste direi furiosa.

Lui restò incredulo a come gliel'ho chiesi, ma mi diede il consenso.

...

Restai li tutta la giornata, fino alla fine dell'orario di visita. Poi dovetti per forza andare via.

Tutto quello che era successo mi sembrava solo un incubo. Solo un lungo e doloroso incubo.

19 - Ottobre - 2015

Dal giorno del suo incidente andai da lei ogni giorno smettendo quindi di andare a scuola.

Tutto quello che mi restava erano i miei genitori e lei. Non potevo perderla. Non volevo perdere più nessuno.

Quel giorno le suo condizioni erano stabili. Nulla da segnalare.


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