Capitolo 9

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Quel giorno parlammo del più e del meno, facendo passare così l'intero intervallo.

Quando suonò la campanella decidemmo di tornare in classe insieme, in questo modo potevano parlare ancora un po'. Fu in quel momento che avrei davvero voluto che quel corridoio, che portava alla nostra classe, non finisse mai.

Ma come ho già detto: le cose belle sono destinate a finire.

Arrivati all'ingresso della classe mi accorsi di aver dimenticato il cellulare e, dopo averle scritto che l'avevo dimenticato, corsi a prenderlo.

...

Arrivato alla seconda rampa di scale notai che il mio cellulare era li a terra.

«Credevo di averlo dimentica sulla panchina...ma allora perché è qui?» pensai in un primo momento.

Mi avvicinai al cellulare e, quando mi chinai per raccoglierlo, sentì una voce fin troppo familiare:

«È passato solo un giorno ed hai già fatto colpo. Da quando sei così popolare, Joseph?» ridacchiò la voce.

Non ci volle molto per capire chi fosse. Era Ben.

Notai che lui si trovava sulla terza rampa di scale, cioè quella dove ero sceso io. Questo mi fece capire che non era una coincidenza il fatto che lui si trovasse li in quel momento, ma che mi avesse aspettato. Dopo aver raccolto il cellulare mi presi di coraggio e decisi di andarmene, come se lui non ci fosse nemmeno.

Salì le scale e gli passai di fianco. Ma prima di riuscire a raggiungere la cima vidi avvicinarsi gli altri due: Mike e Tom. Capì subito cosa stava per succedere ma avevo perso quel poco di coraggio e restai li immobile.

Ben salì le scale e si mise di fronte a me, mi poggio una mano sulla spalle e mi disse semplicemente una frase:

«Te l'avevo detto, no? Odio essere preso in giro, soprattutto da te»

Tutto quello che senti dopo quelle parole erano le risate di Mike e Tom ed un forte spintone alla spalla. Dopo quelle risate, quel colpo, quei gli attimi...il buio.

...

Ricordo di essermi svegliato alle fine delle lezione, nell'infermeria della scuola. Avevo un gran mal di testa e la prima cosa che feci fu massaggiarla, notando così le bende che coprivano la nuca. Sapevo benissimo cosa era successo, ma volevo far finta di nulla. In fin dei conti, quello segnava l'inizio del mio solito anno scolastico.

Uscì dall'infermeria, cercando di non farmi notare da nessuno, e tornai a casa.

Arrivato davanti all'ingresso di casa esitai un attimo prima di aprire la porta. Continuavo a pensare a cosa dire ai miei se mi avessero visto in quel modo, ma la cosa non mi preoccupava. Ero solo scivolato dalle scale, tutto qui.

Entrai, ma non trovai nessuno in casa. C'era solo un biglietto d'avvertenza sopra il tavolo del soggiorno:

«Ehi tesoro. Io e tuo padre staremo fuori per un po'. Chiudi tutto a chiave, non dimenticartelo. Ti voglio bene».

Nient'altro.

Ero un po' sorpreso solo su una cosa: che mi avessero lascito solo in casa dopo quello che avevo combinato anni prima.

Dopo aver chiuso tutto, come mi avevano detto, decisi di rilassarmi un po' prima di andare a dormire e guardai un film. Non ricordo che film fosse, ma ricordo che era uno di quei film che ti suscita nostalgia per qualsiasi cosa.

Una volta finito il film spensi la Televisione e sali di sopra. Credo che fosse già mezzanotte o poco più. Ma non ero stanco. Avevo voglio di parlare con qualcuno, ma non sapevo con chi.

Non avevo la minima intenzione di disturbare Samantha data la tarda ora. Era stata fin troppo disponibile verso di me. Ma avevo voglio di sfogarmi.

Senza accorgermene mi trovai di fronte ad una stanza, la stanza di Emily. Anche se c'eravamo trasferiti dopo la sua morte, decidemmo comunque di concedere una stanza in sua memoria. L'avevamo arredata come lei avrebbe voluto.

Sapevo molto bene i suoi gusti perché passavamo molto tempo insieme, anche se era più piccola di me di circa tre anni. Le volevo un mondo di bene e mi confidavo sempre con lei, potevo dirle tutto e, anche se molte volte non capiva quello che volessi dire, mi consigliava come solo lei sapeva fare: con un dolcissimo sorriso e un candido abbraccio.

Forse...forse era per questa che le mie gambe mi avevano portato di fronte la sua stanza. La mia piccola Emily era l'unica con cui potessi confidarmi.

Così presi la mia decisione. Volevo parlare con lei, almeno un ultima volta.

Doctor Corpse - Le originiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora