Capitolo 14

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24 - Ottobre - 2015

Erano passate tre settimane dall'aggressione di Sam, ma le autorità erano talmente incompetenti da non aver scoperto nulla. Non potevo sopportare quella situazione, ma tutto quello che potevo fare era restare li con lei ed aspettare che succedesse qualcosa.

Ma era davvero tutto quello che potevo fare? Non c'era nulla che io potessi fare per alleviare il suo dolore...o il mio?

Mentre pensavo alle più disparate idee, mi accorsi che Sam aveva un braccialetto attaccato al polso.

Quello che Sam aveva attaccato al polso era un codice d'identificazione. Il codice veniva assegnato ad ogni paziente asseconda della situazione. Il suo era rosso. Ciò stava a significare che aveva almeno una delle funzioni vitali compromessa.

Aver visto quel bracciale mi ricordò che la situazione di Sam non era una delle migliori e mi turbai alquanto. Decisi di uscire un po' dalla stanza per calmarmi.

Uscì in corridoio e andai verso un distributore che era in fondo al corridoio, giusto per prendere qualcosa da bere. Nemmeno il tempo di prendere la moneta dalla tasca che venni interrotto:

«Buongiorno Joseph»

Mi voltai riconoscendo la voce: era Medison, una delle infermiere del reparto.

«Ho saputo ciò che è successo alla signorina Brown, mi dispiace molto»

Non sapevo cosa rispondere, così le feci un cenno e mi voltai nuovamente.

«Devi stare tranquillo, si riprenderà presto, vedrai» mi rincuoro lei. «Facciamo così: devo portare questi documenti al Dottor. Miller e poi dovrei controllare come sta la signorina Brown. Che ne pensi se questi li porti tu a tuo padre nel suo ufficio e nel frattempo io do un'occhiata? Così dopo non mi avrai fra i piedi» mi propose lei con un sorriso.

Non mi sembrava una cattiva idea e accettai prendendo i fascicoli. Medison era stata molto gentile con me e per un attimo mi tranquillizzai. Decisi dunque di ringraziarla e prima di andare le dissi semplicemente:

«Grazie...»

...

Arrivato al piano superiore mi diressi nell'ufficio di mio padre e nel frattempo curiosavo nelle varie stanze operatorie. Mi chiedevo come facesse mio padre a non distrarsi con tutto questo frastuono, ma sicuramente era oramai un abitudine.

Quando mi trovai di fronte alla porta del suo ufficio notai che era socchiusa e che la luce era accesa:

«Medison ha detto che l'avrei trovato in ufficio. Non c'è motivo per essere sorpresi» pensai sicuro di ciò.

Aprì la porta lentamente e prima di poter dire nulla notai che in ufficio non c'era mio padre, ma il Dottor. Turner, intento a frugare tra gli archivi. Non si accorse di me così, per enfatizzare la mia presenza, bussai alla porta.

Lui si voltò di scatto e mi guardò sorpreso, come se non si aspettasse che qualcuno potesse entrare da un momento all'altro. Continuò a guardarmi per un paio di secondi prima di lanciarmi un sorriso.

La prima cosa che mi domandai fu il motivo per il quale il Dottor. Turner era nell'ufficio di mio padre e che cosa stesse cercando. Mi avvicinai alla scrivania e gli posai sopra i fascicoli che mi erano stati assegnati. Fu in quel momento che lui chiuse il cassetto e si avvicino a me, con in mano una cartella.

«Scusami se ti ho sorpreso Joseph, ma stavo cercando questa!» disse lui mostrandomi la cartella che aveva in mano.

Quelle parole non spiegavano ne il motivo per il quale fosse li ne perché volesse quella cartella. Così gli lanciai una o due occhiate, come se avessi qualche sospetto, il che era vero.

«Wow! Che sguardo truce» ridacchio lui. «Sicuramente ti starai domandando cosa ci faccio qui. Beh, la risposta è semplice ragazzo mio» continuò lui porgendomi stavolta la cartella.

La presi, ma non capivo che intenzioni avesse, così l'aprì e notai che quella cartella apparteneva alla paziente del secondo piano, stanza 56-I, Samantha Brown.

Quando lessi il nome di Sam molte domande e supposizioni mi passarono per la testa, ma prima che potessi formularne una concreta lui mi fece un discorso che che tutt'ora trovo alquanto fastidioso:

«Vedi: quella paziente è stata assegnata al Dottor. Miller, tuo padre. Il che è ovvio dato che, non solo è una persona a te molto cara, ma è anche la figlia di uno dei più importanti finanziatori in campo medico. Vedi? Quello è James J. Brown» continuò indicando una foto appesa alla parete.

Nella foto erano raffigurati mio padre e quello di Sam, il Signor Brown. Era una foto che avevo già visto la prima volta che entrai in ufficio ed era datata: 15 Marzo 2009. Se non fossero successe così tante cose sicuramente mi sarei soffermato sul fatto che mio padre e quello di Sam già si conoscessero, il che sarebbe stata una bizzarra sorpresa.

Ma in quel momento non m'importava di coincidenze o cose simili. In quel momento volevo solo sapere che cosa c'entrava tutto ciò con me o con Sam.

Volevo delle risposte e sfortunatamente lui me le diede.

Doctor Corpse - Le originiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora