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Durante la cena, quella sera, Paul mi fece molti complimenti per il lavoro che avevo svolto.

Tutti mi fecero molti complimenti. Fu davvero una serata molto piacevole, senza Harry.

Non chiesi a nessuno il motivo per il quale solo lui mancasse, non avevo assolutamente voglia di saperlo. Soprattuto dopo il pomeriggio che avevamo passato.

Bevvi del buon vino rosso quella sera e risi tanto con Paul e i ragazzi, mangiammo dell'ottima carne e ci raccontammo storie imbarazzanti durante il liceo fino a tardi.

Anche Zayn si unì a noi, ma la cosa non mi imbarazzò per niente. Era una piacevole compagnia.

Non pensai ad Harry per quasi tutta la serata, fino a che Paul non propose un brindisi prima di ritirarsi nella sua stanza. Quando alzammo tutti i nostri bicchieri, io mi voltai per cercarlo e realizzai che non c'era.

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La mattina seguente salutai Zayn, che aveva accettato di rimanere nel nostro hotel per la notte, e ci dirigemmo verso l'aeroporto, destinazione Chicago.

La storia degli aeroporti mi faceva salire tanta malinconia. Lavoravo con loro da poco ancora e con il tempo mi ci sarei sicuramente abituata, ma per il momento provavo ancora quella sensazione. Era come se lasciassi un pezzo di me in ogni città.

Mi soffermai di fronte ad una delle vetrate panoramiche che permettevano ai passanti di osservare gli aerei atterrare e decollare dalla pista.

Un aereo di una compagnia svizzera stava decollando, lo osservai curvare per poi accelerare sull'asfalto. Ma fu solo quando passò velocemente di fronte a me, che osservai il riflesso sul vetro. Avete presente il gioco di luci? Se lo sfondo dietro la finestra è chiaro, non si vede niente, ma se un qualsiasi corpo scuro si posiziona dall'altra parte del vetro allora è possibile vedere dietro le nostre spalle. E io vidi lui. Lui che se ne stava silenziosamente dietro di me, a pochi centimetri ed io nemmeno me ne ero resa conto, fino a quel momento. Era come un fantasma, non emetteva un suono, ne un minimo rumore.

Avrei voluto avere il coraggio di voltarmi, ma non lo feci. Rimasi di fronte alla pista, godendomi la sua discreta presenza alle mie spalle, senza alcuna certezza che mi dicesse se lui era ancora lì oppure se n'era andato. A pensarci bene fu la scelta migliore, perché sicuramente se mi fossi voltata saremmo riusciti a rovinare tutto in millesimi di secondo.

Mezz'ora dopo montammo sul nostro aereo e io mi chiesi perché Harry si fosse comportato in quel modo. Lo osservavo senza farmi notare a due file di distanza da lui, mentre sistemava il suo bagaglio a mano di pelle scura sul ripiano sopra la sua testa. I suoi movimenti erano così eleganti e sciolti. Avrei voluto muovermi così anch'io, con la sua stessa sicurezza, senza sembrare impacciata.

Con un movimento veloce si mise seduto e non lo rividi fino alla fine del viaggio.

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lavorai fino a che la bionda hostess non mi chiese di spegnere il mio computer per l'atterraggio. C'erano stati momenti in cui davvero io ero l'unica sveglia fra tutti noi. Sentivo Niall di fronte a me russare e vedevo la testa di Liam immobile contro il finestrino. Le luci soffuse e nessuno che si muoveva. Adoravo quei momenti, mi facevano sentire padrona della situazione.

Quando ci fu chiesto di allacciare le cinture di sicurezza, svegliai anche Paul che dormiva al mio fianco, al lato nel finestrino.

"Mi dispiace doverti svegliare, stiamo atterrando!" dissi a voce bassa, appoggiando la mano sulla sua spalla. Il mio capo si stropicciò gli occhi per poi osservarmi chiudere il pc.

"Hai lavorato anche durante il viaggio? No aspetta, non me lo dire... Che te lo chiedo a fare..." disse lui mentre si allacciava la cintura alla vita.

Mi fece ridere di gusto, e la mia risata fece svegliare Niall di fronte a me.

"E' nettamente superiore svegliarsi con la risata di Daisy!" commentò quest'ultimo con voce impastata dal sonno ma abbastanza alta da far muovere il sedile di Harry.

Smisi di ridere ma nessuno se ne accorse, guardai di fronte a me dal corridoio e lui sporse la testa verso di me per guardarmi, solo per qualche secondo.

Fu uno sguardo diverso dai suoi soliti sguardi. Non era un'occhiataccia, non era uno dei suoi sguardi glaciali. Era semplicemente uno sguardo.

Il mio cuore iniziò a battere forte, come quando stai per entrare in una stanza sapendo di dover dare un esame e sai che non sei preparata su tutti gli argomenti, oppure come quando accetti di entrare in un'ascensore soffrendo di claustrofobia. Una cosa del genere...

Da quello che potei scorgere in quei pochi secondi, i suoi capelli sembravano un po' fuori posto, forse davvero aveva dormito, gli occhi però non erano stanchi.

Quando ci fu permesso di alzarci per prendere le nostre borse in attesa che il portellone si aprisse, osservai Lux correre verso di lui per saltargli in braccio. Paul mi stava giusto raccontando una delle sue avventure in aereo, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu annuire senza prestargli attenzione. Le mie orecchie erano meticolosamente attente a quello che Harry stava dicendo alla bambina.

"Ehi principessa, hai dormito almeno un po'?"

Le sue mani tenevano Lux in modo saldo e sicuro. La bambina avvolse le sue piccole manine intorno al suo collo, comprimendo la maggior parte dei suoi capelli.

"Si! e tu?" gli chiese incuriosita.

"Insomma... Però ho scritto un sacco di cose sai? I pensieri mi hanno tenuto sveglio".

Bene. Si meritava un po' di insonnia, come me!

Tutto andò come previsto fino all'arrivo in hotel: macchine separate, una miriade di gente all'aeroporto e di fronte all'hotel, bagagli ovunque e fra noi due nemmeno uno sguardo.

Quando l'auto di me e Paul arrivò in hotel, i ragazzi erano già stati sistemati ognuno nelle proprie stanze.

"La tua stanza è la 238 Daze" disse il mio capo passandomi la carta di apertura.

L'hotel era uno fra i più moderni che avessi mai visto e mi piaceva da morire. Le tonalità scure dell'arredamento erano in perfetta armonia fra loro.

Salii fino al mio piano con le valigie in mano e quando svoltai l'angolo, quello che vidi mi confuse un po': uno dei dipendenti dell'hotel aveva bussato alla porta accanto alla mia camera e dalla porta in questione ne era uscito Harry. Il signore sulla 40ina portava in mano un grande mazzo di margherite, ce ne saranno state un migliaio, a gambo lungo, bellissime.

"Queste sono per la signorina Parson." gli disse guardandolo.

Harry guardò quei bellissimi fuori senza dire una parola, poi mi notò e di scatto strappò il biglietto attaccato alla carta che avvolgeva le margherite per leggerlo.

Avanzai a passo svelto verso i due.

"Sono io!" dissi guardando l'uomo in quel momento confuso quasi quanto me.

Harry mi guardò di nuovo, lasciò cadere il biglietto bianco per terra e sbatté la porta della sua stanza. Io sorrisi al signore scusandomi con lui, aprii la porta della mia stanza e lo feci entrare per posare i fiori. Quando se ne andò, mi affrettai fuori per raccogliere il biglietto che Harry aveva gettato per terra. Quando lessi quello che c'era scritto, il mio cuore fece un balzo, ma fui davvero felice che Harry l'avesse letto prima di me.

<Sei davvero bellissima, ci vediamo presto.

Zayn.>



Don't forget. [Harry Styles]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora