Non ero per niente pronta ad iniziare la mia nuova vita. Sapevo che sarebbe andato storto qualcosa, era impossibile che filasse tutto dritto come l'olio. Parcheggiammo dietro la scuola. Il nostro liceo era enorme, nel centro di Milano. Marco faceva l'ultimo anno, dello scientifico, mentre io avrei iniziato il terzo anno del classico. La cosa che mi colpì più di tutte appena entrati, è l'enorme scala a chiocciola che partiva dal centro dell'entrata fino al quarto piano. Fiumi di ragazzi correvano da tutte le parti, fin quando non suonò la campanella e allora scoppiò il caos. Salutai Marco e andai a cercare la mia aula. Terza classico...A. «È l'ultima in fondo al corridoio, del secondo piano. » mi aveva spiegato la bidella accovacciata su una grande sedia di legno. Dopo l'ultimo scalino qualcosa mi travolse facendomi cadere la zaino di spalla. «Sta' un po' att...» non riuscii a finire la frase perché mi ritrovai davanti lui, un'altra volta. «Victoria, scusami, ti ho fatto male?» Di nuovo quegli occhi azzurri mi avevano fregato. «No, è solo che..sono in ritardo!» Ero in ritardo davvero, così a malincuore dovetti andar via, dopo che mi raccolse lo zaino e mi salutò facendomi quel suo sorriso perfetto. E fui invasa dal suo profumo, ancora.
La porta era già chiusa, così bussai in preda all'imbarazzo. Dopo un "avanti" sussurrato mi feci forza e abbassai la maniglia. Tutti, erano seduti, davanti a un uomo piuttosto basso, con i capelli color carota, e coperto di lentiggini. Mi disse in inglese di sedermi nel banco vuoto, in fondo all'aula, vicino a una ragazza con lunghi capelli ricci e biondissimi. Nessuno fece caso a me, il professore continuò a parlare come se nulla fosse e iniziai a sentirmi sempre più a mio agio. In quell'aula enorme ci saranno stati almeno altri venti ragazzi. E io mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Qualcuno bussò alla porta, e senza aspettare una risposta entrò frettolosamente. «Mi scusi il ritardo...c'era traffico.» No, non era possibile. Davanti a me c'era Arianna in tutto il suo splendore, il naso arrossato dal freddo di prima mattina. Indossava un paio di pantaloni neri aderenti che rendevano le sue gambe ancora più magre, e una maglietta scollata sotto il cappotto. I capelli fluenti le lasciavano scoperti gli occhi mozzafiato dai quali nessuno riusciva a distogliere lo sguardo. Subito dopo entrò una signora alta e magra, dal portamento elegante. Si sistemò l'acconciatura raccolta e si stirò la gonna di velluto prima di parlare. «Ho dimenticato di presentarvi la vostra nuova compagna di classe! Victoria, dove sei?» Si voltarono tutti verso di me, e io mi alzai. «Vieni qui, cara.» Camminai tra i banchi e la signora mi tese la mano, io glie la strinsi. «Sono la preside di questa scuola, ragazzi lei è Victoria!» «Vic, siamo in classe insieme!» Vic? Solo mio fratello mi chiamava così. Arianna sventolò in alto la mano sorridendomi. «Vedo che avete già fatto amicizia!» «Sì preside, è la sorella del miglior amico del mio ragazzo.» Evidentemente tutti sapevano chi fosse il suo ragazzo, e chi fosse mio fratello, perché spalancarono gli occhi e i vocii viaggiarono per tutta l'aula. Quando la preside se ne andò a tornai al mio posto, la mia vicina di banco a stento trattenne un urlo. «Oh mio dio, tu sei la sorella di Marco?!» Annuii. «Quello della squadra di nuoto della scuola?!» Annuii di nuovo. «Non ci credo! Io sono Alice, ho l'impressione che diventeremo molto amiche!» io le sorrisi, mi piaceva quella ragazza. D'altronde era l'unica che si era presentata con un sorriso tra tutti. «Nessuno in questa scuola sapeva che Marco avesse una sorella, quindi preparati a stare al centro dell'attenzione per un po'.» «Perfetto. È proprio ciò che odio di più.» Si mise a ridere. Dopo un bel po' di tempo suonò la campanella e tutti si riversarono fuori dall'aula. Gli altri ragazzi si presentarono. Forse non erano così male come pensavo, e riuscii perfino a scambiare una parola con alcuni di loro. Poi arrivò Alexander e non capii più niente. Alice si accorse di come lo guardavo, se ne sarebbe accorto chiunque. Baciò Arianna e le portò il caffè. Caspita che gentiluomo. «Mi dispiace, ma al ragazzo di Arianna non si punta.» Disse lei sarcastica. «È bellissimo non è vero?! È il capitano della squadra di nuoto della scuola, quella dove nuota tuo fratello. Ed è anche il suo migliore amico dai tempi dell'asilo dicono.» Io non la stavo neanche più ascoltando. Poi Alexander si accorse di me. «Oh mio dio, è una mia impressione o sta venendo verso di noi?» Mi sussurrò. «Ciao Victoria,» «Ciao, Alexander.» Avevo il cuore a mille. «Scusami per prima io..» «Figurati, sono io che non guardo dove vado.» Scoppiammo tutti e due a ridere e non so il perché. «Credo che questo sia tuo..» Mi porse un quaderno, il quaderno dei miei disegni. Probabilmente mi era caduto stamattina e arrossii tutto d'un colpo sperando che non l'avesse aperto perché c'erano almeno una decina di disegni che lo ritraevano. «Grazie.» «Pare che dovremo incontrarci sempre così.» Risi di nuovo. Ormai credevo che il mio cuoricino potesse schizzare via dal petto. Poi mi accorsi che mezzo corridoio ci stava osservando. Restammo a guardarci così intensamente fino a quando suonò la campanella. «Allora, ci vediamo.» «Sì, ci vediamo» Diede un ultimo bacio ad Arianna e scomparve dietro l'angolo. Strinsi forte quel quaderno e rientrai in classe.
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Sei il mio respiro
ChickLitDue cuori che battono all'unisono La speranza di una vittoria dopo un mare di sconfitte Accorgersi che c'è qualcosa in questa vita, per cui vale la pena andare a avanti. Victoria è apparentemente una normale sedicenne, ma gli altri non sanno niente...