Capitolo Sei

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Dieci giorni e qualche tubetto di crema solare dopo.
Isabelle era sotto la veranda dei De Villers ed ascoltava la musica con fare distratto. Aspettava la chiamata dai suoi genitori da Parigi, la sua città natale ,  Che in quel momento tardava ad arrivare. Strano, pensò Isabelle. Di solito sentiva la suoneria del proprio telefono alle 15.00 in punto, come avevano prefissato di fare lei e la sua famiglia.
La vacanza stava procedendo per il meglio e la giovane voleva godersi ogni singolo momento di quel soggiorno a Sonoma che sarebbe durato fino alla fine dell'estate. Poi sarebbe tornata a Parigi e alla sua solita e monotona vita. "La scuola per lesbichine Eugene Napoleon" come la chiamavano sempre lei e Clem, gli sciocchi pettegolezzi delle amiche di Clem (che lei frequentava solo per stare un po' con la sua migliore amica), i suoi problemi con lo studio... tutto sarebbe tornato dannatamente noioso. Ma Isabelle, sotto sotto, non avrebbe mai voluto cambiare vita. In fondo c'erano anche molte cose positive che l'avrebbero aspettata a Parigi il prossimo Settembre. Come ad esempio gli interessanti insegnamenti sui tarocchi di nonna Dorothea,o nonna Dory, come la chiamava Belle. Anche i deliziosi macarons di zia Heidi o i pomeriggi a chiacchierare con Charlotte, la sua buffa e simpatica cugina. Isabelle stava quasi per appisolarsi quando la canzone "Stay with me" venne interrotta dalla sigla dei Puffi, che era anche la sua suoneria. La giovane dai capelli rosa, malgrado avesse quasi quindici anni, andava matta per quel cartone animato come quando ne aveva cinque. Era innamorata di quelle piccole creature blu.
Rispose al telefono.
"Ciao pa' " salutò Isabelle.
"Ehi, panzerottino" le disse lui di rimando utilizzando il soprannome di quando Isabelle era bambina.  Poi le fece  le solite domande  'genitoriali' come le chiamava lei (Come va? Ti stai divertendo? Hai messo la crema solare?). Ed infine sganció la bomba.
"Sai, mi hanno offerto un nuovo lavoro. È  davvero ben retribuito e mi consentono di fare quello che facevo prima" disse lui.
"Davvero? Papà, sono felicissima!" Gli rispose molto entusiasticamente la figlia.
"Belle, aspetta... c'è  un' altra cosa che devi sapere" .
"Che cosa?" Lo incalzó lei. Aspettó qualche secondo prima che il padre rispondesse.
"Per fare questo lavoro, dovremo trasferirci a New York" .

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