Capitolo Trentadue

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"Trova Baba Jaga, trova Baba Jaga... Ma non poteva essere cerca la fata Turchina?!" Borbottó la semidea dai capelli rosa ripensando a ciò che le era successo.
Quella maledetta fata Morgana! L' aveva mandata alla ricerca di una vecchia strega cannibale e del suo libro magico. Isabelle sospirò mentre si toccava il livido violaceo che la corda incantata di Baba Jaga le aveva lasciato sul polso. Aveva rischiato di diventare bollito di semidea, quel giorno. L' aveva scampata bella. Però ce l'aveva fatta. Aveva recuperato l' oggetto tanto bramato da fata Morgana. Il grimorio di Baba Jaga. Lo teneva stretto tra le mani. Come se non volesse perdere la consapevolezza di essere riuscita nella sua missione.
Non fece in tempo a varcare la soglia della casa di Morgana che una voce si rivolse a lei.
"Sei riuscita nel tuo intento, Piccola Dea?".

Qualche ora prima
Era legata. Le corde incantate le disegnavano lividi violacei sui polsi. La caverna di Baba Jaga era deserta. Lei era l' unico essere vivente nella casa della strega cannibale. Se non si contavano i numerosi insetti, certo. La vecchietta era andata a fare la spesa.
"Vado a comprare i contorni adatti per il bollito semidivino, mia cara. Nel frattempo cerca di non morire, la carne è più buona se uccisa all' ultimo" aveva detto la nonnetta demoniaca facendole l' occhiolino.
Così Isabelle si era trovata sola nel covo di Baba Jaga. Era esattamente come se lo ricordava. La stanza era piena zeppa di libri, mappe e pergamene. C'era un camino dentro il quale vi era un pentolone che conteneva del liquido marroncino non meglio identificato. L' altare illuminato dal lucernario aveva poggiato sopra un solo libro, stavolta. Quel libro le serviva assolutamente. Doveva scappare altrimenti si sarebbe trasformata in gustosissimo bollito di mezzosangue francese. Un attimo dopo, si sentì incredibilmente cretina. Aveva ancora la collana al collo.

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