Capitolo 18

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Il collo mi bruciava ancora là dove Juvia aveva strappato la collana. Mi stesi sul letto a pancia in su e osservai il soffitto con lo sguardo perso.

Cosa faccio ora? La mia unica speranza si è volatilizzata. E' scomparsa come sabbia tra le mie dita.

Osservai il soffitto e non riuscendo a trovare pace anche grazie a quegli orripilanti affreschi mi voltai a pancia sotto e nascosi la testa sotto il cuscino. Senza neanche accorgermene mi addormentai.

Mi svegliò un suono fastidioso.

-Ma cosa?- mi voltai e vidi che era la sveglia.

COSA? Non è possibile....ho...saltato la cena. E se avessi mancato di rispetto?

Le più grandi paure si insinuarono nella mia mente quando a spazzarle via fu un bussare insistente alla porta.

-A...avanti-

La porta si aprì con un lento cigolio e dallo spiraglio sbucò una folta testa nera con il solito ciuffo argenteo.

-Asmodeo-

Lui entrò del tutto nella stanza e chiuse la porta.

-Non sei ancora pronta?- chiese con voce ferma ma allo stesso tempo calma e quasi gentile.

-No...la sveglia è appena suonata, dammi un minuto e...-

-Mi dispiace- mi interruppe.

Ci misi qualche secondo a realizzare quanto aveva appena detto.

-Cosa?- dissi con voce flebile.

-Mi dispiace- ripetè lui.

-Per cosa?-

-Per tutto-

Mi misi seduta per bene sul letto e lo guardai dritto negli occhi.

-Un demone non chiede mai scusa-

-Chi ti dice che io sia un demone?-

Ma cosa sta dicendo?

Prima che potessi aprir bocca per parlare lui mi prese per un braccio e disse -Forza muoviti o faremo tardi-

Mi trascinò fuori dalla stanza di corsa e così ci incamminammo per i tetri corridoi. Ogni mio tentativo di riaprire l'argomento fallì perché da lui non ricevetti altro che silenzio.

Arrivati fuori nel solito campo iniziai a pensare.

Conosco la strada da qui al lago e dal lago posso arrivare facilmente in Paradiso...se solo trovassi l'occasione...

Mentre ero rinchiusa tra i miei pensieri Asmodeo si girò verso di me e mi alzò il mento portando il mio sguardo su di lui.

Sorrideva.

Rimasi senza fiato a guardare quei meravigliosi occhi screziati d'oro e quello splendido sorriso.

-E' tre volte che ti faccio la stessa domanda e tu mi rispondi con un grugnito. Sei buffa a volte. Si può sapere se era un sì o un no?-

-Eh?-

-Non mi stavi ascoltando vero?- abbassò la sua mano e il suo sorriso si allargò ma lo nascosa abbassando il viso. -Ti ho chiesto se ti va di andare alle cascate-

I miei occhi si illuminarono. -DAVVERO? MI CI PORTERESTI?-

-Si certo ma tu cerca di non sfondarmi le orecchie grazie. Non c'è bisogno di urlare-

Ci mettemmo a ridere e poi ci alzammo in volo.

Dimenticai del tutto il ragionamento che stavo facendo prima che mi parlasse.

L'angelo peccatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora