Capitolo 24

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Corsi nel mio sogno, non riuscivo ad uscirne, non riuscivo a svegliarmi. Corsi su di un pavimento non definito, ero sospesa nel vuoto e non sapevo dire se stavo procedendo nella mia corsa o mi trovavo completamente ferma. Nubi volteggiavano accanto a me e andavano a formare volute che prendevano sempre di più la forma di un viso deturpato. Braccia disumane cercavano di afferrarmi con i loro lunghi artigli e creavano grida di frustrazione, rabbia e odio quando non riuscivano nel loro intento. Gli occhi erano sempre lì a fissarmi, guardavano ogni mio movimento e il loro colore giallo era l'unica tonalità che si distingueva tra il nero e il grigio del mio sogno. Cercai di parlare, urlare, ma nessun suono usciva dalla mia bocca. Cercai di ignorare le figure orripilanti ai miei lati e continuai ad avanzare verso quegli occhi. Lo sguardo era fermo e severo fino a che ad un certo punto non sembrò divertito e spuntò sotto di loro un enorme e famelico sorriso.

Il sogno finì.

Mi alzai di scatto dal letto e portai una mano al petto come a calmare il mio cuore impazzito. Presi un respiro profondo e con le mani tremanti spostai le coperte per scendere e andare a darmi una rinfrescata. Mentre mi sciacquavo la faccia ripensai al sogno e a quando avevo toccato il mio petto e non avevo sentito altro che vuoto.

Sospirai pesantemente.

Mi diressi di nuovo in camera e mi riaddormentai.

I giorni passavano monotoni procedendo tutti alla stessa maniera mentre il vuoto nel petto non si decideva a colmarsi, anzi, si allargava. La mia casa non mi sembrava più ospitale e bella come prima, c'era troppa calma e tutto era perfetto, persino il parlare eloquente e fin troppo cortese degli angeli cominciava a darmi un certo fastidio.

Erano passate un paio di settimane da quando ero stata riportata in Paradiso, pensavo che sarei stata felice, invece non è così.

Nithael continuava a farmi da maestro e si era sorpreso di quanto io fossi migliorata, non gli rivelai però che ero stata allenata dai demoni per chissà quale motivo.

Ogni volta finito il giorno tornavo a casa e mi guardavo allo specchio, e ogni volta la vedevo. Quella maledetta piuma grigia all'interno dell'ala che per fortuna era difficile da vedere. Sembrava che ogni giorno diventasse sempre più scura e per quante volte io la strappassi lei rinasceva, più forte e nera di prima. Decisi di non strapparla, sarebbe rimasta lì, non avrei nascosto il mio essere, avrei nascosto solo il motivo per cui era spuntata.

Ritirai le ali e mi sdraiai sul divano priva di forze. Guardavo la mia casa; il pavimento in marmo bianco scheggiato, le mensole in legno di quercia, le posate rifinite con tenero argento o cristallo e i muri di cotto divisi da screziature di oro.

Questa non è la mia casa...

Cercai di chiudere gli occhi per cercare un po' di sano ristoro. Il sogno come sempre tornava, era sempre lo stesso, anche se ogni volta che lo sognavo si aggiungeva un particolare in più. Era come se pian piano si addobbasse una stanza vuota. Mi preparai di nuovo a correre e a cercare di raggiungere i suoi occhi, questa volta si aggiunsero delle scale. La grande scalinata portava in alto ed era fatta di dura e fosca ossidiana. Il paesaggio ogni volta diventava sempre più minaccioso e inquietante. Mentre salivo i gradini, sotto di me cercavano di salire le ripide pareti delle figure dalle mani artigliate e i denti sguainati. Questa volta sembrava che riuscissi pian piano ad avvicinarmi e avevo una percezione più realistica dello spazio che mi circondava.

Non so da quanto correvo ma quando era quasi arrivata alla piattaforma sulla quale volevo arrivare e sulla quale si trovava lui una voragine si aprì sotto i miei piedi e caddi nel vuoto dove si trovavano le ombre. Ma non mi aggredirono. Mi circondarono pian piano e poi davanti a me formarono un passaggio per far passare l'imponente figura. Non la vedevo a causa del buio, l'unica cosa che vidi fu la mano con guanto scarlatto che mi porse.

Cosa vuole?

Stavo per afferrare la mano, magari era un'amica...altrimenti mi avrebbe già ucciso. Quando fui a pochi millimetri dal toccarla però un tintinnio di una campana risuonò nell'aria tersa e io fui trascinata via da un tunnel di luce bianca. La mano scarlatta si strinse in un pugno di frustrazione sguainando gli artigli e bucando così i guanti, mentre gli occhi di Asmodeo mi guardavano severi dall'alto, ridotti ormai a due fessure.

Caddi in un posto monotono. Completamente bianco. La campana aveva ridotto il suo suono ma continuava ad essere udibile.

 Mi alzai e aspettai.

 Poi sentii una morsa gelida al petto, così abbassai lo sguardo. La collana che mi aveva dato Nithael risplendeva di una luce opaca e sembrava che proprio da lì provenisse il suono. La presi tra le dita ma dopo un po' si creò del ghiaccio intorno che mi scottò le mani da quanto era gelido.

La guardai stranita.

La collana cessò il suo suono, poi da essa si diramarono tanti piccoli tentacoli che cercavano di arrivare al mio collo. Spaventata, strappai la catenella e la gettai lontano.

Che sta succedendo?

Un sussurro bloccò il mio pensiero.

-Shhhh...- disse la voce.

Poi un urlo mi perforò i timpani e io aprii gli occhi.


SPAZIO AUTRICE:

Scusate il tremendo ritardo, davvero, solo che la scuola mi tiene molto occupata. Spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se è più corto del solito. Io sinceramente mi sono divertita molto a scriverlo hahaha. Se il capitolo è stato di vostro gradimento fatemelo sapere con un voto e un commento ^-^ , noi ci vediamo al prossimo capitolo, ciaooo!

P.s. Se volete passate anche a leggere la mia nuova storia "I guardiani delle nove perle"



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