CAPITOLO 4

308 24 0
                                    

Quella notte mi addormentai sorridendo e stringendo Tuffy. ERO FELICE. Non c' ero abituata (o almeno credevo di esserlo stata fino ad allora. Mi sbagliavo). La mattina mi svegliai senza neppure il bisogno della sveglia, saltai giù dal letto e mi diressi quasi saltellando in cucina. Lì diedi un morso ad un biscotto, ma non mi piaceva fare colazione, e infatti in tempo 2 minuti mi venne un senso di nausea pazzesca. Nonostante questo, mi diressi in bagno e, dopo essermi lavata la faccia, mi fermai qualche secondo a guardare la mia immagine riflessa nello specchio. Notai tutta una serie di cose che non andavano. Cose di cui finora non mi ero mai preoccupata, ma che allora mi sembravano improvvisamente importantissime. Così mi armai di pinzetta e mi sistemai pian piano le sopracciglia. Alla fine mi sentivo come se avessi la vista più libera. Mi fissai ancora un po', poi sorrisi e corsi a vestirmi. Aprii l' armadio e mi si parò davanti la più disparata scelta di magliette, pantaloni e scarpe tutte bianche o nere (avevo pochi indumenti colorati, non me li vedevo bene addosso, benché fossi abbastanza magra). Alla fine scelsi una felpona nera con degli occhi bianchi stile emoticon disegnati sopra. Sotto misi un paio di leggins neri e un paio di scarpe dalla suola alta. Quindi, presi la mia borsa a forma di gufo e mi fiondai alla fermata del bus. Mentre aspettavo, come di mio solito mi misi a fissare il cielo, e pensai di chi fosse la nuvola che mi stava passando sulla testa in quel momento. Aveva una forma particolare, simile ad un pesciolino. Feci un piccolo sorriso pensando a quando da piccola mia madre mi raccontava la storia del pesciolino d' oro, e io mi addormentavo con Tuffy in braccio. Quindi, strinsi il portachiavi fatto con il pezzo di stoffa di Tuffy e abbassai lo sguardo.

Vidi il bus che si avvicinava, e mi apprestai a salire. Come al solito, per arrivare a timbrare il biglietto mi dovetti far largo a forza di spallate e gomitate (ormai, nessuno ti ascolta più quando dici "Permesso", se ne fregano tutti, ma se ti mollano una gomitata nello stomaco è più difficile essere ignorati). Fatto ciò, presi il mio cellulare e controllai Whatsapp. [1 chiamata di papà persa, 3 messaggi da mia cuginetta di 8 anni ... e? "GRUPPO 1° D "] ... ah già! Il giorno precedente avevano fatto girare un foglio dove scrivere il proprio numero insieme a tutti gli altri della nuova classe! Me ne ero completamente dimenticata ..... Visto che non avevo di meglio da fare, inserii i nomi che mi ricordavo in rubrica e salvai gli altri come "Boh 1° D". Li avrei scritti in seguito. E poi, non mi andava di fare la classica domanda del "Potreste mandare un messaggio con il vostro nome? GRAZIE <3". Non ero la tipa che si mette a fare conversazione neppure con le persone che conosce, figuriamoci con degli estranei (che probabilmente sarebbero rimasti estranei come tutti i miei vecchi compagni di classe). Quindi, riinfilai il cellulare nelle tasche della mia felpa e stetti un po' a guardare coloro che mi circondavano ancora e che non erano già scesi dal bus. C' era un ragazzo sui 20 dall' aria piuttosto triste che continuava a scorrere in su e in giù il dito sul cellulare (probabilmente stava rileggendo una chat con qualcuno, o qualcosa di simile). Poi c' erano 2 signori intenti a leggere il giornale sul tablet, e una bimba continuava a tentare di attirare l' attenzione della madre, che però la liquidava con dei monosillabi. Anche lei era impegnatissima a scrivere qualcosa su quel dannato cellulare. Mi sarei voluta alzare da dove ero seduta e urlare: "Senti, tu, smettila di rileggere quella fottutissima chat! Tanto non cambia nulla, diventi solo più triste! ... E voi 2, le notizie esistono anche sulla carta! ... E TU! Cazzo, tua figlia è ancora piccola, pensa a quando sarà un' adolescente e ti arrabbierai con lei perché non ti vuole parlare! Goditi sti momenti, che poi non si torna indietro! Per i messaggi c' è sempre tempo" (ma comunque era solo un pensiero stupido, infatti facciano come gli pare ... però la madre che non voleva dedicare attenzione a sua figlia mi faceva davvero stizza ...).

Mentre mi perdevo in quei pensieri, il bus si fermò. Era la mia fermata, così con un salto scesi e mi diressi a scuola. Entrai e mi sentivo persa in quei corridoi. Mi sentivo un pesce rosso che veniva gettato in un acquario per squali. Salii le scale fino al secondo piano e mi fiondai al mio banco. Ero la prima ad essere arrivata (come al solito). Presi il mio block notes e iniziai a scrivere alcune parole di una delle canzoni della compilation di Ed Sheeran che mi era rimasta particolarmente impressa. "And they say ...she's in the Class A Team ...but lately her face seems ...and they scream ..the worst things in life come free to us ...cause we're just under the upperhand ...and go mad for a couple of grams ...and she don't want to go outside tonight ...or sells love to another man ...it's too cold outside ...for angels to fly ...angels to fly...." (mi piaceva quel paragone con gli angeli ... non so perché, ma mi piaceva). Intanto, cominciarono ad entrare le prime persone in classe. Tutti mi guardavano incuriositi e cercavano di leggere quello che avevo scritto sul blocco note. Visto che essere sotto tutte quelle attenzioni mi infastidiva, chiusi il blocco note e presi a picchiettare nervosamente con la penna sul banco. L' iniziale felicità del risveglio se ne era quasi del tutto andata. Ma aspettavo che entrasse Kendall. Poi, a 4 minuti dall' inizio delle lezioni, entrò in classe quasi correndo e appena entrato disse:- Scusi prof per il ritard ... ah ... non c' è ancora ... -. Poi fece un sorriso imbarazzato e mi guardò, come per vedere se anche io gli stessi sorridendo. Non potei trattenermi, sorrisi e chinai il capo per evitare che mi vedesse arrossire (cacchio, perché arrossivo sempre quando mi guardava??). Appena si sedette, estrasse il suo blocchetto verde e cominciò a scrivere qualcosa, ma poi fissò il foglio e, con aria contrariata, tracciò alcune linee su ciò che aveva scritto il giorno prima. Quindi, accartocciò il foglio e mise la pallina di carta al lato del banco.

In quel momento, entrò il professore di inglese (un tipo un po' scoppiato, ma sempre meglio della succhia -limoni di matematica ...). Cominciò a parlare in inglese, e sembrava che tutta la classe tranne  me e Kendall si fossero persi. Quindi, cominciò a fare delle domande a tutti, e quando arrivò a me chiese:- Describe yourself, Eloise!-. Pensai: "cavolo, con tutte le cose che poteva chiedermi proprio di descrivere me stessa? Non mi conosco neanche io!".Poi balbettai un insicuro:- I am ... a normal girl ... -. In quel preciso momento, Kendall alzò un sopracciglio solo e mi guardò come a dire:- Ne sei proprio sicura?-. Il professore fece un sorriso storto quasi a dire:- Okay, domanda sbagliata ... - e io ricambiai le espressioni di entrambe con un mezzo sorriso imbarazzato. Poi il professore cambiò argomento, chiedendomi se avevo animali a casa (sì, avevo un gatto, Kato). Poi le altre 2 ore non volò una mosca, c' era la Kman (quell' arpia ....). Intanto Kendall continuava a scrivere e cancellare, scrivere e cancellare, finché non prese il block notes e strappò la pagina con cui stava litigando da un' ora buona. Quel rumore fece alzare la testa alla prof, che fino ad allora era seduta alla cattedra a leggere il programma di quell' anno. Lo guardò con odio e poi sibilò:- Signorino Schmidt,non è qui per sprecare carta. Ora vada a buttare quel foglio e si metta a prendere appunti seriamente-. Mi infastidiva il modo in cui CI trattava (Non eravamo neppure lì per essere fulminati da lei se respiravamo troppo forte!). Dopo quel richiamo, Kendall si alzò e andò a buttare il foglio, ma prima di arrivare al suo posto, si fermò vicino alla cattedra e, guardando la prof, emise un sibilo simile ai suoi :-Scusi-. Poi andò al suo banco e la faccenda si chiuse lì.

Durante la pausa presi il mio blocco appunti e mi sedetti sulle scale. Lì iniziai a disegnare. Non ero molto brava, ma la prof mi aveva davvero infastidita, quindi mi sfogai così. Disegnai me da piccola con Tuffy su un arcobaleno che faceva da ponte tra 2 nuvole. Una voce giunse alle mie spalle:- È davvero adorabile! -. Era una vocina stridula, molto fastidiosa, e di sicuro apparteneva ad una ragazza. Mi voltai e vidi una tizia bionda, con dei lunghi boccoli che cadevano oltre il seno, e con del rossetto rosso e molto eye-liner. Era molto bella. Mi stava guardando con aria di sopportazione. Io, che non volevo cacciarmi nei guai dal secondo giorno di scuola, la guardai dritto nei suoi occhi blu scuro e dissi:- Grazie .... Ehm ... ci conosciamo?- (in realtà avrei voluto romperle tutti i denti per il modo in cui mi osservava, MA CHI DIAVOLO SI CREDEVA DI ESSERE QUESTA?). Lei mi squadrò dalla testa ai piedi e disse:-No, ma il mio nome è Madison. Madison Marrows ... quanto a te, non mi interessa sapere chi sei, ti dico solo: attenta a quello che fai, carina-. Poi si girò come per andarsene, ma si voltò un ultima volta e mi disse:- Ah, e quel Kenmall ... Kencall ... - -KENDALL!- intervenni io (non poteva storpiargli così il nome) –Sì, insomma lui, beh non ti ci affezionare, è MIO- sibilò fulminandomi. In quel momento non potevo più trattenermi. Mi alzai e mi avvicinai al suo viso, quindi puntai dritto ai suoi occhi e la fissai con aria di sfida senza fiatare. Il suo sguardo si stava accendendo di rabbia, era come se il blu dei suoi occhi stesse evaporando e stesse rimanendo solo cenere. Poi, dopo alcuni secondi, si staccò e si voltò sbattendomi in faccia i suoi biondi boccoli, e si allontanò sculettando. –Troia- sussurrai d' impulso appena fu abbastanza lontana. Notai solo allora che degli occhi verdi mi stavano osservando. Erano i suoi. Mi stava sorridendo da lontano come a dire:- Ben fatto-.



I look into your eyes and I believe in miracles [Kendall Schmidt]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora