Ancora stavo fissando il mio riflesso nello specchio, quando dietro di me Kendall fece il suo ingresso trionfale: stava entrando normalmente in bagno, ma appena dentro inciampò nel tappetino e mi cadde addosso, trascinando a terra anche me. – Kend.. CAZZ!!- feci appena in tempo a dire, quando mi ritrovai rovinosamente sul freddo pavimento del bagno, e in compagnia. Io lo guardai e lui cominciò a ridere come un pazzo, aveva il viso rosso di imbarazzo e alla fine cominciai a ridere anche io, non tanto per ciò che era accaduto ma per la sua reazione. Ancora ridendo lui si rialzò, quindi mi tese una mano per aiutarmi a fare altrettanto, ma quando mi sollevai dal terreno e tornai in piedi, mi ritrovai a pochissimi centimetri dal suo viso, e ricominciammo a ridere per l' espressione che facemmo entrambe, ma purtroppo arrivò mio padre a rovinare l' atmosfera. Come di suo solito lanciò un occhiataccia a Kendall, che subito si irrigidì, quindi mi disse:- Eloise, sei pronta?- -S.. sì papà- risposi io mentre mi aggiustavo il vestito. Dopodiché, insieme uscimmo di casa e salimmo in macchina con mio padre.
Stavo fissando il cielo nuvoloso, mentre sotto di me le gomme dell' auto di mio padre raschiavano le strade congelate. Notai che Kendall, seduto accanto a me, mi stava osservando sorridendo da un po'. Così, cercando di non farmi sentire da mio padre, sussurrai:- Beh?- -Niente, sei bella- rispose lui con un' espressione ebete dipinta sul viso. Io ridacchiai e gli diedi un piccolo pugno sulla spalla, quindi dissi:- Non dire stronzate, mister papillon!- guardando il fiocchetto rosso che aveva annodato intorno al collo. Lui ridacchiò in risposta e volse il suo sguardo fuori dal finestrino, quindi si morsicchiò leggermente il labbro inferiore. Aveva le labbra molto screpolate, probabilmente per colpa del freddo, e la prima cosa che mi venne in mente era di prestargli il lucidalabbra protettivo come facevo un tempo con mia madre, ma poi mi ricordai che era un ragazzo, e cercai di trattenermi dal ridere, ma alla fine scoppiai in una fragorosa risata. – Embeh?- chiese lui guardandomi come se fossi impazzita. –Niente, ti stavo immaginando con il lucidalabbra- risposi ridendo come una matta. –Se vuoi me lo metto, così ridi per tutta la sera- rispose lui arrossendo leggermente. Io risi ancora più forte, e anche lui cominciò a ridere. Purtroppo, in quel momento mio padre accese la radio e alzò il volume fino a coprire tutte le risate, e dallo specchietto notai che aveva un espressione decisamente infastidita. Io e Kendall tornammo improvvisamente seri, e notai sul suo viso un po' di delusione, quindi guardai verso mio padre e lo fulminai. Lui semplicemente alzò ancora un po' il volume in risposta. Io alzai gli occhi al cielo, quindi guardai verso Kendall, e per fargli capire che non era lui il problema, semplicemente posai la mia mano sulla sua. Lui allora mi guardò facendo una specie di mezzo sorriso soffocato e intrecciò le sue dita con le mie. Quindi, senza parlare, semplicemente io tornai a fissare fuori dal finestrino. Aveva cominciato a nevicare.
La casa del capo di mio padre era ancora come la ricordavo: grande e stupida. Si vedeva che voleva a tutti i costi dimostrare superiorità nei confronti dei vicini, a partire dalle numerose antenne che infestavano il tetto dell' abitazione, fino al garage enorme, al momento addobbato con qualche lustrino e qualche pallina messi alla rinfusa. Tenevo ancora per mano Kendall quando entrammo in quell' enorme appartamento, subito seguiti da mio padre. Appena la cameriera chiuse la porta, ci avviammo al salone dove abitualmente, come tutti gli anni, si festeggiava il Natale, e dal quale proveniva già molto rumore. Improvvisamente, sentii un urlo. Era quella piccola peste. Era ancora lei. La vidi correre verso di me con una grossa fetta di torta alla panna su un piattino, e con il viso tutto impasticciato. Fece un sorriso bastardo, e mi lanciò addosso l' intero piatto. Poi, dopo aver per ben benino saltellato nei pezzi di torta che erano caduti per terra, scappò dal padre. Subito la cameriera cominciò a scusarsi in tutte le maniere possibili, ma io le chiesi solo di passarmi un fazzoletto e di non preoccuparsi. Fatto questo, la donna ricominciò le sue normali mansioni, e mentre io mi pulivo il vestito alla meno peggio, Kendall sottovoce mi disse:- T ... Tutto okay?- -Sì ... sì ... - farneticai io, poi feci finta di voltarmi in modo da poter sussurrare delle parole nell' orecchio di Kendall passando inosservata –Tanto dopo la abbatto con una palla di neve stanne certo-. Lui mi guardò con un sorriso malizioso e sempre sottovoce rispose:- Mi piaci quando fai la tosta- - Zitto, oppure ti strozzo con il papillon- risposi io con un tono non troppo scherzoso. Poi mi sforzai di sorridere. Kendall mi prese per mano e insieme raggiungemmo mio padre, che nel frattempo aveva seguito la cameriera nella grande sala del banchetto.
Avrei voluto sedermi accanto a Kendall, ma purtroppo in quella stupida casa avevano la tradizione di far sedere le donne con le donne e gli uomini con gli uomini, e naturalmente mi misero nientedimeno che fra la nonna e la figlia del capo. Sotto sotto, speravo che a qualcuno (e con QUALCUNO intendo la bimba viziata) andasse di traverso un' osso di tacchino e si strozzasse con quello, ma ad un certo punto cominciai a sperare che qualcosa andasse di traverso a me, preferivo l' ospedale piuttosto che quella maledettissima casa. Intanto osservavo Kendall. Stava con la testa appoggiata su un braccio, e picchiettava con la forchetta il purè di patate che aveva nel piatto. Accanto a lui stavano mio padre e un ragazzo che non conoscevo ma che vedevo ogni anno a quelle cene, probabilmente qualche cugino. –Mangia, che si scioglie!- mi incitò con apprensione la nonna dal posto accanto al mio. Improvvisamente mi accorsi che la cameriera mi aveva cambiato piatto, e ora davanti a me stava una fetta della stessa torta con cui ero stata aggredita mezz'ora prima. Nel mio sangue ribolliva la tentazione di "lanciare accidentalmente" il piatto dritto in faccia alla pestifera, e sistematicamente di farle finire la panna dritta negli occhi, ma mi trattenni per convenienza. Sentivo lo sguardo della nonna su di me, così per farla contenta addentai la fetta, ma non feci in tempo a riposarla sul piatto che la mocciosa mi diede una botta alla mano, e in 0,5 secondi mi ritrovai il viso coperto da pezzi di torta. Stavolta non riuscii proprio a frenarmi e, nonostante tutta la famiglia fosse li, le mollai un ceffone da girarle il viso. Probabilmente era il primo che riceveva in tutta la sua vita, ma se lo era meritato. Aveva superato ogni limite. Inevitabilmente pochissimi istanti dopo la bimba cominciò a piangere mentre sul suo viso affiorava rosso lo stampo della mia mano. Da quel momento in poi fu il caos. Mio padre mi rimproverò. La nonna accolse fra le sue braccia la bimba in lacrime. La madre e il padre della bambina cominciarono a dirmene di tutti i colori per ciò che avevo appena fatto al loro "ANGIOLETTO". In quel momento non resistetti più, mi alzai bruscamente dalla sedia e, in un silenzio generale improvviso, sussurrai solo uno "scusate" e uscii dal portone dell' abitazione, inoltrandomi nella coltre di neve che ormai aveva preso forma all' esterno. Non presi neppure la giacca, volevo solo allontanarmi da quella casa, da quelle persone, e dai loro giudizi.
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I look into your eyes and I believe in miracles [Kendall Schmidt]
Teen Fiction!!! ATTENZIONE !!! Questa storia ha un alto tasso di occhi verdi, canzoni sdolcinate e colpi di scena. Se siete deboli di cuore è meglio che non leggiate. .... Okkay okkay, in realtà ragazze questa è la mia prima storia e ... niente spero vi piacci...