Capitolo 23

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Uscii dalla doccia dopo più di mezz' ora, avevo un po' caldo, e quando mi strizzai i capelli per far uscire l' acqua, rimasi sorpresa di non trovare più le solite lunghezze. Mi infilai nell' accappatoio e, dopo essermi asciugata, pettinai i capelli, che come al solito si erano arricciati, e li asciugai con il phon. Una volta finito, sentii mio padre che dall' altro lato della casa mi chiamava a pranzo. Prima di uscire dal bagno riposi la lametta nel solito posto, l'avrei buttata in seguito, ma non in quel momento. Non ancora. Visto che ormai conosceva il mio segreto, misi una maglietta larga nera a maniche corte e dei pantaloni della tuta bianchi, un paio di calzini corti e le ciabatte. Mi diressi in sala da pranzo tranquillamente, ma quando vidi la mia immagine riflessa nello specchio del corridoio, mi ricordai che avevo i capelli corti ora e, capendo che dovevo trovare un modo per dirlo a Kendall e mio padre, mi immobilizzai. No. Non mi sarei nascosta di nuovo. Non potevo. Me lo ero ripromessa neppure mezz' ora prima. Basta bugie. Feci un grande respiro ed entrai nella sala.

Quello di Kendall fu il primo sguardo che incontrai. All' inizio sgranò gli occhi, ma poi sorrise, rise leggermente e mi si avvicino, quindi mi prese le mani e ridendo sottovoce mentre guardava a terra disse:- Mi sorprendi sempre ... - allora io sorrisi e mi fiondai fra le sue braccia. Mentre lo abbracciavo con tutta la forza che avevo, mi sussurrò nell' orecchio un :- Sei bellissima-. Io sorrisi a mia volta e poggiai la mia fronte sulla sua, lui con una mano mi accarezzo il viso e spostò il ciuffo di capelli che ora mi copriva l' occhio sinistro, poi mi baciò sulla fronte. Era davvero dolce. Mi prese la mano e la strinse, intrecciando le sue dita con le mie, e passando il pollice sul mio polso, come a conferma che stavo facendo la cosa giusta. Ancora ero concentrata sui suoi occhi, e sulle sue fossette, ma sentii gli occhi di mio padre su di me. – Eloise ... - disse lui sottovoce, ma io non lo lasciai neppure parlare, gli saltai addosso abbracciandolo e, commossa, dissi:- Sto bene, ora sto bene-. Lui mi strinse più forte passandomi una mano sulla testa, quindi mi guardò in faccia e sorridendo disse:- Basta con le sorprese per un po', o mi verrà un infarto-. Io lo riabbracciai ancora più affettuosamente e sorrisi con le lacrime agli occhi. Ero così felice che entrambe avessero reagito bene al mio cambiamento. Voltai il capo e notai Kendall che mi guardava sorridendo. Era così bello. Lasciata la presa sul collo di mio padre, ci sedemmo tutti a mangiare, e per la prima volta mio padre e Kendall ebbero una conversazione normale. Risero perfino. C' era un clima di totale felicità, sembrava il Natale che non avevamo potuto avere. Sembrava tutto così perfetto, ma si sa che la felicità non è per sempre.

Dopo il pranzo, come al solito io e Kendall andammo in camera mia. Io accesi la televisione e ci mettemmo uno accanto all' altra a guardare qualche programma sui canali da bambini. Intanto commentavamo. "Ma i bambini non resteranno sconvolti da una cosa come quella?" chiese lui ridacchiando indicando una papera senza testa che stava correndo in tutta l' inquadratura mentre gli altri protagonisti cercavano di fermarla. "Mhh ... nei Griffin ho visto di peggio ... tipo il culo di Peter era uno spettacolo ben più scioccante" risi in risposta io. "Oh non lo metto in dubbio" disse lui con aria sarcastica. Mentre lui era concentrato sul televisore, mi voltai e lo osservai. Era così strano averlo accanto sempre, era davvero come se fosse il mio angelo custode. Ed era così bello quando rideva, quando era felice i suoi occhi si illuminavano. Sì, sembrava in tutto e per tutto un angelo. Mentre la mia mente si riempiva di pensieri come questo, d' impulso lo abbracciai. All' inizio notai la sua sorpresa, ma dopo pochi istanti ridacchiò e disse:- ma che cazz? – stringendomi un po' incerto. Io semplicemente gli sussurrai un "grazie" all' orecchio, e lo strinsi più forte che potevo. Lui sorrise e ricambiò la stretta, poi mi prese il viso fra le mani e ridendo disse – Sono io che ti devo ringraziare -. Tentai di rispondere ma lui fermò le mie parole con un bacio. Non era il solito bacio dolce, visto che stavamo entrambe ridendo. Alla fine ci mettemmo sdraiati l' uno accanto all' altra, e io appoggiai la testa sulla sua spalla. – Ricordi quando ti chiamavo ancora per cognome?- -Sì ... tu ricordi quando abbiamo litigato fuori da scuola?- -Ovvio ... merda, tu non sai quanto volevo baciarti quando mi hai detto quelle parole ... - -A me sembrava solo che mi volessi dare un biglietto di sola andata per il coro di voci bianche ... - rispose lui ridacchiando. Risi in risposta. Erano passati tanti mesi da quella litigata. Non realizzavo ancora di aver veramente lui come fidanzato, mi sembrava ancora surreale. Ma sapevo di amarlo. Lo amavo più di quanto avrei mai pensato di volere e con più profondità di quanta credevo di essere capace di avere. E sicuramente se non fosse stato per lui non mi sarei mai ripresa. Avevo affrontato la sfida più grande: dire no a me stessa. E se non ci fosse stato lui a dirmi che potevo e DOVEVO farcela, non ci avrei mai neppure pensato. Sorrisi a quel pensiero. –Perché sorridi?- chiese lui, voltandosi verso di me. Io lo guardai con aria compiaciuta, quindi mi tirai su, sedendomi accanto a lui. Lui fece lo stesso. –Sai cosa?- domandai io sorridendo. –Cosa?- rispose lui confuso ma emozionato. –Vieni- risposi io sorridendo, quindi mi alzai dal letto e lo presi per mano tirandolo con me. –Ma ... - riuscì appena a dire lui, ma noncurante trascinandolo arrivai fino al bagno. –Devo fare una cosa. E voglio che ci sia anche tu- dissi emozionata, e mentre lui mi guardava confuso estraetti la lametta da dietro lo specchio. –Vieni- dissi, quindi uscimmo insieme sul balconcino nel retro di casa mia, che si affacciava sul giardino. Ancora lo tenevo per mano. Mi voltai e gli sorrisi, quindi chiusi gli occhi e urlai un –FANCULO!- e stringendo la sua mano lanciai la lametta il più lontano possibile. Non volevo vedere dov' era finita, per questo chiusi gli occhi. Dopo aver fatto questo, scoppiammo insieme a ridere. –Cazzo ... - fu tutto quello che riuscì a dire Kendall prima di abbracciarmi. Poggiai la testa sul suo petto, ma lui mi mise due dita sotto il mento e alzò il mio viso all' altezza del suo. –Sei sicura di aver tenuto gli occhi chiusi?- chiese con un sorrisetto malizioso dipinto sul viso. –Assolutamente sì- risposi io sicura, fissando la profondità di quegli smeraldi che aveva come occhi. –Allora chiudili di nuovo- disse lui, poi si morse leggermente il labbro e mi baciò. –Non lo farai mai più, vero?- - Finché sei con me no- -Non intendevo quello, intendevo non mi farai mai più prendere degli spaventi come hai fatto negli ultimi giorni, vero?- -Questo non posso assicurartelo- risposi sorridendo fra un bacio e l'altro. –Mi ami per questo, ricordatelo- risi alla fine. Lui sorrise e abbassò lo sguardo. –A cosa pensi?- -Che sei così coraggiosa ... - - eh?- - Un' altra non l' avrebbe fatto. Un' altra avrebbe tenuto il segreto quella sera. Un' altra non si sarebbe innamorata. Un' altra ci avrebbe rinunciato. Un' altra non sarebbe stata abbastanza forte. Tu no. Tu sei la persona più forte che conosca- -Ma io.. - -E non mi dire che è solo grazie a me che sei così, io non ti ho mai chiesto di amarmi, non ti ho mai detto di essere sempre forte, non ti ho mai costretto a smettere. Hai fatto tutto da sola, con una ragione ma di tua volontà. L' hai lanciata tu, no?- -Io ... - -Tu sei forte. Sei capace di esserlo se lo vuoi. E basta. E ti amo per questo- concluse lui, passandosi una mano sul viso. –Se io sono così forte, adesso ti chiedo di esserlo anche tu e di non piangere ... - dissi io commossa a mia volta. –Ti amo- rispose lui sorridendo mentre si asciugava una lacrima con la manica della felpa. Gli andai incontro e come al solito lo abbracciai con tutta la forza che avevo. Era vero, a pensarci bene. Era stata una mia decisione. Tutto era stato una mia decisione. Lui non mi aveva chiesto nulla. Lui mi aveva solo aiutato a stare in piedi, ma non mi aveva mai insegnato a volare. Certo, senza di lui non sarei mai arrivata dove ero, ma in fondo anche senza di me non avrei potuto. Lo amavo così tanto. Davvero. Mi aveva insegnato cose che già sapevo, ma che avevo dimenticato. Mi aveva ricordato come si ama. Come ci si vuole bene. Cos' è la felicità. Cos' è l' onestà. Cos' è la forza. Cos' è il coraggio. Mi aveva anche insegnato cos' è la paura, la rabbia, l' odio, non mi aveva insegnato a conoscerli, ma a batterli. E mi aveva insegnato che non ero l' unica al mondo a soffrire. Anche lui era come me. Se non peggio. Avevamo diversi metodi di sfogo. Lui il canto. Io ... beh ... ormai si sa. Avevamo entrambe bisogno l' uno dell' altra per farcela. Ecco perché lo amavo così tanto. E perché volevo che quell' abbraccio non finisse mai.

I look into your eyes and I believe in miracles [Kendall Schmidt]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora