Non avevo mai mangiato tanto in vita mia.
Solitamente la mattina prendevo una tazza di tè, oppure un semplice succo di zucca, da accompagnare con qualche toast con marmellata, oppure dei biscotti al cioccolato.
Eppure quel giorno, seduta di fronte a Blaise Zabini mi ritrovai a mangiare praticamente tutto quello che riuscivo ad afferrare.
Sapevo che il motivo era uno solo: la prigionia mi aveva fatto soffrire la fame ed ora stavo combattendo il buco che sentivo nello stomaco con tutto il cibo che riuscivo ad assimilare.
Non m'importava cosa pensasse il mio nuovo amico di me, anche se una piccola vocina mi suggeriva che mi sarei dovuta sentire a disagio.
Il punto era che solitamente ignoravo tutto quello che suggeriva quella voce, quindi perché iniziare ad ascoltarla in quel momento?
Afferrai un muffin con dentro lamponi e sopra alcune praline al cioccolato bianco, percependo il mio stomaco brontolare per la fame, anche se ormai era il terzo che mangiavo.
Zabini continuava a guardarmi, lui aveva mangiato semplicemente una fetta di crostata di mele e bevuto un caffè nero senza neanche un po' di zucchero. Quando avevo visto che portava la tazzina alle labbra avevo storto le labbra al suo posto, al pensiero di quanto la bevanda dovesse essere amara.
Non mi toglieva gli occhi di dosso e sembrava stupito da quanto mangiassi.
Una qualsiasi persona normale sarebbe arrossita, accampando qualche scusa ma, sfortunatamente per lui, io non ero affatto normale.
Quindi, mentre addentavo con gusto il mio terzo muffin, gli sorrisi semplicemente, anche se in realtà continuavo a chiedermi perché continuasse a guardarmi.
«Hai ancora fame?», chiese alla fine, spezzando il silenzio senza preavviso e facendomi quindi sussultare.
Non ricordavo che la sua voce fosse così bassa e mi ritrovai, senza rendermene pienamente conto, ad ammirare quel suo timbro profondo.
«Sono stata per una settimana senza cibo, a parte un pezzo di pane di cinquanta grammi al giorno», dissi semplicemente, affondando nuovamente i denti nel muffin.
Un lampo di... qualcosa, che assomigliava in modo impressionante a tristezza, gli attraversò il volto, prima di scomparire sostituito dalla compassione.
«Hai ragione, sono stato indelicato».
Aggrottai le sopracciglia, nascondendomi inconsciamente dietro al muffin, che avevo all'altezza del viso, mentre lo scrutavo.
Aveva ammesso di aver parlato a sproposito o era stato tutto frutto della mia fervida immaginazione?
Nel suo viso vidi quell'espressione, quella che mi aveva sciolto il cuore quando gli avevo parlato quel pomeriggio delle Piastelle. Era un misto di interesse e tenerezza.
Come se per lui fossi una scoperta; qualcosa da analizzare con gli occhi di un bambino.
«Non importa», sussurrai, dopo aver deciso che non era stato tutto frutto della mia fantasia e che, per mostrarmi almeno un po' educata avrei dovuto rispondergli qualcosa.
«Ti piacciano tanto i muffin, eh?», disse, sorridendomi, ma sembrava in imbarazzo, come se non sapesse come intavolare una conversazione che non sembrasse troppo banale.
«In realtà non li avevo mai mangiati qui ad Hogwarts», ammisi, dedicandogli un vero sorriso, non come quello pieno di incertezza che lui aveva appena sfoggiato.
«Ah no? E come mai?», domandò, seguendo ogni mio movimento con occhi attenti.
«Mamma mi preparava i muffin ogni fine settimana, solitamente la Domenica. Li mangiavamo tutti insieme e poi uscivamo in giardino a giocare coi Gulippe», raccontai, sbriciolando tra le dita un pezzo del dolce per poi portarmelo alla bocca.
«Perché non te li prepara più?», chiese, aggrottando le sopracciglia e io sospirai, distogliendo lo sguardo, fissandolo sulla mia tazza di tè ormai vuota.
Lo vidi irrigidirsi, prima di dire: «Oggi sono davvero un pessimo conversatore. Questa è la mia seconda gaffe in meno di dieci minuti. Mi dispiace per tua madre».
«Oh, non dispiacerti. Di sicuro in questo momento è in un posto migliore.»
Lui sorrise tristemente: «Qualsiasi posto sarebbe migliore di Hogwarts in questo momento, in effetti».
Annuii appena, incerta su come avrei potuto continuare il discorso perché, per la prima volta in vita mia, non volevo che la conversazione s'interrompesse.
Di solito non m'interessava particolarmente parlare con le persone, anche perché spesso nessuno si sforzava abbastanza da cercare di capirmi.
Blaise Zabini invece, con la sua voce bassa e calda, mi stava facendo cambiare idea.
«Il...»
«Cosa...?»
Parlammo nello stesso istante e, senza rendermene conto, arrossii.
Non aveva senso il forte imbarazzo che sentivo, come se avessi voluto dire la cosa giusta ad ogni costo, ma non ci fossi riuscita.
«Scusa...»
«Scusa...»
Mi morsi il labbro inferiore.
Avevamo di nuovo parlato nello stesso momento!
Passarono pochi secondi, durante i quali ci fissammo negli occhi, prima che scoppiassimo entrambi a ridere.
Non riuscivo più a smettere, ma mi faceva piacere che anche lui sembrava esser stato colto dallo stesso incantesimo Ridens; la sua risata era davvero bella e contagiosa.
Quando alla fine riuscimmo a tornare ad avere un minimo di contegno fu lui il primo a parlare: «Prima hai parlato dei Gullipet, giusto?»
Sorrisi, scuotendo la testa: «Gulippe», lo corressi.
«Beh, sì quelli... Cosa sono?»
«Sono delle piccole creaturine color pesca con il pelo corto che assomigliano molto a degli scoiattoli, ma sono leggermente più piccoli e poi non hanno la coda. Di solito vivono vicino a boschi o corsi d'acqua».
Lo vidi annuire e, anche se nei suoi occhi leggevo una punta di scetticismo, vedevo anche che c'era meraviglia; era affascinato da quello che gli avevo raccontato.
«Perché si chiamano Gulippe? Gliel'hai dato tu il nome?»
Abbassai gli occhi per solo un istante, cercando di contenere la tristezza, prima di tornare a sorridergli: «È stata mia mamma ad insegnarmi la maggior parte dei nomi delle creature che posso vedere, di molte altre so il nome grazie al suo diario».
«Terza gaffe», lo sentii sussurrare e, senza pensarci, allungai una mano e gli afferrai il braccio.
«No, non ti preoccupare. Non devi sentirti in colpa. È normale che pensare a lei mi faccia male, ma temo che non farlo sarebbe peggio. Non voglio dimenticarla e parlare di lei me la fa sentire vicina».
I suoi occhi blu scuro erano fissi sulle mie dita appoggiate sul suo braccio e, solo dopo un paio di minuti silenziosi, alzò lo sguardo e mi sorrise: «Allora sono solo due le gaffe?»
Sorrisi, sentendo la tensione allentarsi tra di noi: «No, non ne hai fatta neanche una».
«Sei troppo buona Lu... Lovegood»
Mi fece male sentire che usava il cognome e non il nome, ma in fondo non ci conoscevamo poi molto e capivo il suo desiderio di mantenere le distanze da una ragazza stramba come me.
La mia autocritica mi fece davvero male, ma provai ad ignorarla e a sorridergli: «Grazie, Zabini».
L'istante dopo era in piedi, il suo braccio lontano dalla mia mano e le mie dita che sentivano già la mancanza del tepore piacevole della sua pelle.
«Vuoi che ti cerchi qualcos'altro da mettere? Qualcosa di più femminile magari?»
Scossi la testa: «Non ce n'è bisogno, grazie».
«Oh, ma non è un problema. Se vuoi rubo qualcosa dall'armadio di Pansy o di Daphne...»
«Non è necessario», ribadii, alzandomi a mia volta.
Il suo sguardo tornò nel mio, prima di studiare attentamente la mia mise.
Scrutando nei suoi occhi potei vedere vari sentimenti rincorrersi per poi scomparire con una velocità impressionante, sostituiti da uno sguardo deciso: «Non importa, voglio che tu ti senta a tuo agio, quindi vado a fare rifornimento di vestiti. Richieste particolari?»
Ero sorpresa: per quale motivo stava facendo tutte quelle cose per me?
«Preferirei dei pantaloni se possibile. Io e le gonne non andiamo molto d'accordo», ammisi, vedendolo sorridere in un modo davvero tenero che mi fece stringere il cuore.
«Sissignora! Tornerò in un baleno»
L'istante dopo era già uscito dalla stanza, lasciandomi sola.
STAI LEGGENDO
Mai fidarsi del nemico #2 (Dramione)
Fanfiction[COMPLETA] [Secondo libro della serie "Mai scommettere col nemico"] Hermione Jane Granger si trova in cella, imprigionata nella sua stessa scuola e costretta ai lavori forzati e a giornalieri interrogatori e torture. Ma dove è finito Draco Malfoy? I...