7. Nightmare

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Mossi alcuni passi.
Eppure dopo poco mi ritrovai esattamente al punto di partenza.
Aggrottai le sopracciglia e provai ad avanzare nuovamente, ignorando il pavimento scivoloso.
Guardai a terra e notai una strada lastricata in pietra bagnata dalla pioggia.
Solo in quell'istante mi resi conto di essere nel bel mezzo di un temporale.
Mi strinsi le braccia al petto, tremando per la sensazione di bagnato e freddo che mi penetrava nelle ossa.
Provai nuovamente a muovermi e questa volta riuscii ad avanzare di qualche passo, fino a quando mi trovai nei pressi di una casupola in legno.
Bussai a lungo alla porta, prima di notare che era aperta.
All'interno vi erano varie porte, tutte ugualmente ricoperte di ragnatele e rovinate dal tempo e dai tarli.
L'unica che riuscii ad aprire mi portò in una stanza mal illuminata con al centro Draco svenuto con delle catene pesanti intorno a polsi e caviglie.
Inorridii, correndo verso di lui ma, appena lo raggiunsi venni scaraventata all'indietro da una forza invisibile.
Gridai il suo nome, vedendo come il suo corpo a poco a poco impallidisse e diventasse più scarno, ma lui continuava a dormire.
Tentai a lungo ed inutilmente a raggiungerlo, provando a combattere contro quel campo di forza che me lo impediva, piangendo ed urlando fino a perdere la voce, mentre davanti ai miei occhi vedevo Malfoy aprire gli occhi un solo istante.
Nel suo sguardo lessi solo odio e disprezzo, poi il suo petto smise di alzarsi ed abbassarsi e il suo cuore cessò di battere.
Mi svegliai tra le lacrime, affondando le dita nel cuscino del letto e nascondendoci il viso, mentre cercavo di cancellare quell'immagine dalla mia mente, anche se sapevo che ormai era come una scritta indelebile che non mi avrebbe mai abbandonato.
«Hermione?», sussurrò la voce di Draco, preoccupata, mentre sentivo le sue braccia circondarmi e stringermi a sé.
Mi ci vollero alcuni secondi prima di rendermi conto di essere davvero con lui e a quel punto mi voltai, ricambiando l'abbraccio.
Fu fin troppo semplice mettere da parte la rabbia che avevo provato per lui e affondare il volto contro il suo petto.
«Sshh, va tutto bene», sussurrò contro i miei capelli, accarezzandomi la schiena e, anche se le coperte rendevano ogni nostro gesto impacciato e rallentato, mi sentivo come in un film, dove ogni istante era calibrato e perfezionato scena dopo scena.
Peccato non sapere quali sarebbero state le mie battute successive.
«Vuoi parlarne?», chiese in un mormorio, solleticandomi la pelle della fronte col suo caldo respiro.
«L'ho già dimenticato», mentii, imbarazzata in parte di essermi sentita tanto male per un semplice incubo senza senso, anche se vedere la figura di Draco morto davanti a me non era affatto stata una bella esperienza, non era da me essere così emotiva, tranne...
La consapevolezza che entro qualche giorno mi sarebbe arrivato il ciclo mestruale produsse sul mio viso una smorfia di fastidio mista a rassegnazione.
Era certamente quella la causa di tutte quelle lacrime che mi rigavano il viso.
Lo sentii ridacchiare piano e stringermi maggiormente a sé: «Fingerò di crederci solo perché non ho voglia di litigare».
«Non era una bugia», dissi, con il mio tipico tono testardo e petulante.
«Certo, e io sono Potter».
Le sue parole mi fecero sussultare.
Era da così tanto tempo che non vedevo il mio migliore amico che sentirlo nominare, anche se per scherzo, mi aveva provocato una fitta dolorosa.
«Non ti preoccupare, sono sicuro che stia bene».
Non sapevo se mi sarei dovuta stupire più per il fatto che non avesse detto qualcosa di malvagio e crudele sul mio amico o per il fatto che nella sua voce lessi una punta di speranza.
«Non mi hai ancora detto che pozione era quella che mi hai dato, anche se penso di averlo capito ormai», dissi, cambiando discorso, dato che non sapevo ancora se potevo fidarmi o meno di parlare con Malfoy dei miei amici fuggiaschi.
«Tu cosa pensi che fosse?»
«Distillato della Morte Vivente».
«E la signorina Granger riceve un altro Eccezionale in Pozioni!», sussurrò, imitando fin troppo bene la voce del professor Piton, anche se lui probabilmente mi avrebbe rifilato un: "Oltre ogni previsione" senza tanti complimenti.
«E tu per diciotto ore sei stato qui a fissarmi come un maniaco?»
«Certo che no, ho anche dormito».
Quell' "anche" mi fece sorridere e malgrado tutto ero felice che avesse sprecato del tempo per vegliare su di me.
«Grazie», sussurrai piano, incerta se volessi davvero farmi sentire da lui o meno.
«Cosa hai detto?», chiese con un tono sorpreso e divertito che provocò di conseguenza anche la mia ilarità.
«Non lo ripeterò».
«Ah no? Ne sei sicura?»
«Sicurissima».
«Sai penso che tu abbia sottovalutato il potere della seduzione».
«Il potere della seduzione?», chiesi con un tono strozzato che mi fece vergognare, mentre sentivo chiaramente le sue mani percorrere la mia schiena fino ad arrivare ai fianchi, dove cominciò a massaggiarmi la pelle attraverso la stoffa.
«Dimmelo di nuovo», mormorò contro il mio orecchio, mordendo piano il lobo.
«No», dissi, fiera che la mia voce non avesse lasciato trapelare nessuna delle emozioni contrastanti che mi travolgevano in quel momento.
Fu sconvolgente come, in un unico veloce gesto riuscì a sovrastarmi col suo peso ed ad insinuare una mano sotto la maglietta che indossavo, stringendomi un seno.
Arrossii di colpo, sentendo ovunque una sensazione di caldo torpore, misto ad impazienza e aspettativa.
«Cos'hai intenzione di fare?», sussurrai, stringendo istintivamente le mani sulle sue spalle, conficcando le unghie nella sua pelle esposta.
Sfuggì ad entrambi un gemito roco quando ci baciammo e, anche se sapevo che subito dopo mi sarei pentita, non potei trattenermi dal muovere il mio corpo incontro al suo.
Avevamo fatto l'amore una sola volta eppure il mio corpo era già irrimediabilmente dipendente dal suo. Avrei voluto allontanarlo, dirgli di tenere la mani a posto, ma continuavo a pensare alle parole di Zabini: "Vi rincorrete come degli stupidi non capendo di aver già trovato ciò che stavate cercando, mentendo a voi stessi e agli altri".
Ero stanca di nascondermi dietro gli alti valori dei Grifondoro, volevo fare di nuovo l'amore con lui. Avrei avuto tempo di pentirmi quando poi lui mi avrebbe di nuovo spezzato il cuore.
Quando il bacio finì ci guardammo negli occhi e ci sorridemmo.
Aprii la bocca per dirgli che lo amavo, ma dalle mia labbra non uscii alcun suono e l'istante perfetto svanì, lasciandomi un amaro in bocca che solo le labbra di Malfoy, di nuovo contro le mie, riuscirono a mitigare.
Possibile che non riuscissi a dirgli quanto tenevo a lui?
Scacciai quel pensiero, concentrandomi sulle mani di Malfoy che, fin troppo intraprendenti, percorrevano il mio corpo con sicurezza mista a possesso e con un pizzico di dolcezza.
Chiusi di scatto le gambe quando sentii una sua mano scendere troppo in basso e sorrisi internamente quando mi guardò come se gli avessi impedito di aprire il regalo ricevuto per il suo compleanno.
Alzò un unico sopracciglio, sembrandomi incredibilmente provocante, ma resistetti all'impulso di cedere alle sue carezze e scossi fermamente la testa.
«Stai scherzando?», chiese, fissandomi con un misto di sconcerto e sofferenza.
«Nient'affatto», dissi con voce ferma, riuscendo senza troppi sforzi a liberarmi del suo peso e a mettermi seduta, allontanandomi di qualche prezioso centimetro da lui.
Era forte la tentazione di tornare tra le sue braccia, ma continuavo a pensare al sogno e allo sguardo di odio che il Malfoy-incubo mi aveva lanciato prima di morire. E se fosse stata una premonizione?
Non avevo mai dato credito a certi fatti, ma sicuramente la Cooman e tutti gli appassionati di Divinazione avrebbero dato un'interpretazione nient'affatto positiva all'accaduto, quindi dovevo essere cauta.
Inoltre non ero disposta a fidarmi così tanto di lui.
Certo mi aveva salvata e gliene ero grata, ma avrebbe dovuto fare molto di più se voleva che tornassi a fidarmi più che ciecamente di lui.
In fondo era stato un bene non avergli detto che lo amavo.
Lo sentii fin troppo chiaramente sospirare e portarsi una mano tra i capelli, riavviandoseli in un gesto pieno di sensualità che scosse qualcosa dentro di me.
«Per quanto ancora mi punirai per non averti salvata subito?», chiese con un tono impassibile, ma nei suoi occhi e lineamenti tesi capii che quella situazione non gli piaceva affatto.
«Non lo so», ammisi, allontanandomi ancora di qualche centimetro, ma stando ben attenta a non scoprirmi, intenzionata a rimanere tra le calde coperte il più a lungo possibile.
«Pensi che non abbia sofferto abbastanza?»
Quando i suoi occhi incontrarono i miei seppi con sicurezza che non stava fingendo, ma sentivo comunque dentro di me qualcosa che mi impediva di tornare vicino a lui.
Non mi ci volle molto per capire che ad allontanarmi da lui era la voce dell'autoconservazione perché, se mi fossi lasciata ingannare ancora una volta, avrei finito col soffrire e ritrovarmi nuovamente con un cuore spezzato.
«Tu pensi invece che basti portarmi qui per aggiustare tutto e farmi dimenticare?», sussurrai, imponendomi autocontrollo, anche se faticai a non scoppiare a piangere.
Ero forte, il mio spirito non si sarebbe spezzato facilmente, ma dovevo ammettere che le torture di Bellatrix Lestrange mi avevano portato ad un passo dalla pazzia.
«Mi dispiace di non aver potuto fare qualcosa prima, ma avevo bisogno di tempo per organizzare un piano abbastanza dettagliato».
Annuii, sapendo perfettamente che aveva ragione, infatti a ferirmi non era stato quello.
«Perché mi hai consegnata a loro?», chiesi, non riuscendo ad impedire alla mia voce di uscire in un sussurro sofferente.
«Cosa?! No!», esclamò, cancellando la poca distanza tra i nostri corpi ed afferrando il mio viso tra le mani, accarezzandone i lineamenti: «Non ti ho consegnata, non potrei mai e poi mai farlo! È stato un mio errore certo, ma pensavo che fossi al sicuro, che non avessi rischiato nulla. Ero convinto che il bene avrebbe trionfato alla fine, invece hanno vinto i Mangiamorte e... è stato stupido portarti in Infermeria, ora me ne rendo conto, ma in quel momento, nel bel mezzo di una battaglia è stata la prima soluzione che mi è passata per la mente. Pensavo che Madama Chips ti avrebbe rimesso in forze mentre io cercavo di aiutare i tuoi amici e...»
Appoggiai un dito contro le sue labbra, sentendo calde lacrime rotolarmi lungo le guance e la consapevolezza che non mi aveva consegnato volontariamente al nemico farsi largo dentro di me.
«Quindi, tu...», accarezzai la sua guancia, a corto di parole.
Rimasi per qualche istante a riordinare le idee prima di sussurrare: «Grazie».
Lui sorrise, ma il suo era un sorriso triste: «La prossima volta ti chiudo in camera mia e ti affido a Breedy».
Aggrottai le sopracciglia, scrutandogli il volto con sorpresa e curiosità: «Come fai a...?»
Nella stanza si sentì un sonoro "pop" e l'istante dopo accanto al letto c'era proprio l'Elfo che mi era stato tanto vicino durante quei terribili giorni di prigionia.
«Signor Malfoy», disse, facendo un veloce inchino, prima di appoggiare sul comodino un vassoio argentato colmo di cibo: «Signorina Granger, come sta?» mi chiese, scrutando attentamente il mio volto.
«Meglio, grazie anche a te».
Lo vidi arrossire vistosamente, mentre abbassava lo sguardo con fare pudico e modesto, prima di lanciare un'occhiata furtiva a Malfoy.
«Ora Breedy deve andare, ha ancora molto lavoro da fare».
«Vai, ti chiamerò poi io».
L'Elfo domestico annuì, facendo un altro veloce inchino, prima di scomparire allo stesso modo in cui era comparso.
«Come fai a conoscerlo?», chiesi, finendo la domanda che prima era stata bruscamente interrotta.
«È stato uno dei pochi Elfi con cui sono andato d'accordo durante la mia infanzia, mi raccontava sempre le fiabe per farmi addormentare quando mia madre non poteva o era malata», ammise, asciugandomi il viso dalle calde lacrime che ancora lo rigavano: «Penso che sia l'unico con cui ho un rapporto quasi affettivo».
Rimasi sconvolta da quelle parole.
Malfoy, il grande sostenitore dell'obbligato servilismo degli Elfi Domestico, era "amico" di una di quelle creature?
«Continui a stupirmi», sussurrai con un filo di voce, non staccando lo sguardo dal suo.
«E stai solo cominciando a scoprire chi è il vero Malfoy, pensa cos'altro ti nascondo», disse con un tono scherzoso, ma sapevo che nelle sue parole si nascondeva un fondo di verità.
Lui nascondeva davvero molte cose dietro ad una maschera e in questo ci assomigliavamo.
«Colazione?», propose, allungandosi verso il comodino e scostando alcuni coperchi d'argento da dei piatti colmi di prelibatezze.
Sorrisi, portandomi le mani tra i capelli, scostandoli dal viso e constatando con un misto di sorpresa e incertezza che erano puliti. L'unica soluzione plausibile era che qualcuno mi avesse fatto un bagno e il solo che avrebbe fatto una cosa del genere, lo sapevo, era proprio Malfoy.
Gli lanciai uno sguardo d'accusa, mentre la mia guance si tingevano di un rosso acceso colmo d'imbarazzo: «Tu mi hai... perché?»
Mi vergognavo della mia incapacità di formulare una frase di senso compiuto, ma la situazione mi stava confondendo terribilmente. Possibile che trovassi dolce il fatto che si fosse preso cura di me? Possibile che allo stesso tempo mi facesse sentire profondamente a disagio quella situazione?
«Ti manca il complemento oggetto, temo», disse, ridacchiando sotto i baffi, mentre afferrava un pezzo di toast e lo imburrava con precisione, imbiancando ogni angolo.
«Mi hai lavata», lo accusai, neanche lo avessi beccato a compiere uno dei peccati capitali.
La sua espressione si addolcì ulteriormente, anche se percepivo una certa rigidità sulle sue spalle. Faceva bene a temermi, perché in quel momento faticavo io stessa a prevedere le mie future mosse.
«Preferivi rimanere altre diciotto ore sporca e sudata? Scusa se non ti ho chiesto il permesso, ma pensavo che ti avrebbe fatto piacere».
Il suo tono ironico mi fece stringere con forza le labbra, nel tentativo di non urlargli contro.
«Avrei potuto lavarmi benissimo da sola, una volta sveglia», gli feci notare, afferrando un biscotto ai cereali e mangiandolo con rabbia, sfogando quella sensazione di fastidio su quel povero alimento.
Non volevo fargli notare quanto il pensiero di esser stata coccolata da lui, anche se da svenuta, mi dava un senso di dolce torpore nelle membra.
Preferivo mostrargli l'altra parte di me; quella che avrebbe puzzato per giorni piuttosto che farsi lavare come una bambina da lui.
«Hey Leonessa, ritrai gli artigli, non ti ho mica violentata», sussurrò ad un centimetro delle mie labbra, lasciandovi un tenero bacio che sapeva di pane, burro e marmellata di lamponi.
Come potevo rimanere arrabbiata con lui quando si comportava così? Dove potevo trovare la forza di allontanarlo stizzita, quando ogni cellula del mio corpo mi scongiurava di stringerlo a me e di non lasciarlo più andare?
«"Leonessa"?», chiesi allibita, sbarrando ulteriormente gli occhi, mentre lo vedevo prepararsi un altro toast.
«Preferisci "Grifoncina"?»
«Perché ci dovrebbe essere il diminutivo?», chiesi, non riuscendo a trattenere un sorriso, mentre mi portavo alle labbra un altro biscotto.
«Suona meglio col diminutivo, non trovi?», sussurrò contro le mie labbra, facendomi l'occhiolino.
Ero di nuovo di buon umore, possibile che gli bastasse così poco per controllare il mio umore?
«No», sussurrai, spostandomi, in modo da allontanare le mie labbra dalle sue, così da non sentire più il suo odore misto a quello della marmellata di lamponi.
Non ero mai stata un'amante delle confetture, forse perché quelle che provava a fare mia mamma lasciavano sempre in bocca un retrogusto pastoso e amarognolo che non sopportavo, eppure in quel momento, mi sarebbe piaciuto spalmargliene un po' sulla bocca per...
Per la barba di Merlino! Ma che mi salvata in testa?!
«Forse "Gattina" è meglio ancora», sussurrò piano, accarezzandomi i capelli.
«Dici?», sussurrai, cercando di dare un po' di contegno al mio tono, anche se uscì dalle mie labbra come un miagolio particolarmente imbarazzante.
«Oh sì, "Gattina" mi piace», mormorò prendendo un po' di marmellata sul dito, prima di spalmarmela sulle labbra e di leccarla via con la sua lingua.
Possibile che mi avesse letto nel pensiero?
«Cosa stai facendo?»
«Provo a sedurti. Ci sto riuscendo?»
"Sì, e lo stai facendo maledettamente bene", pensai, perdendomi in quelle iridi chiare.
Ma per quanto mi sarebbe piaciuto stringermi tra le sue braccia e dimenticare tutto il resto non potevo. Qualcosa dentro di me soffriva ancora e aveva bisogno di più tempo per cancellare l'immenso dolore che avevo provato durante quella settimana di prigionia.
Le sue labbra morsero piano le mie, ma io mi imposi di resistere e alla fine mi allontanai, anche se di mala voglia.
«Cosa devo fare perché tu torni a fidarti di me?»
«Ho bisogno di un po' di tempo, tutto qui», mormorai, cercando di ignorare il suo tono sconsolato, ma alla fine non riuscii ad essere scostante quanto avrei voluto e finii coll'abbracciarlo stretto a me.
«Gattina?», sussurrò contro il mio orecchio.
«Cosa c'è, Furetto?», chiesi, sorridendo sotto i baffi.
«Che cos'è questo?»
Quando misi a fuoco il galeone che aveva in mano, lo riconobbi immediatamente sentendo il mio cuore perdere un battito e, guardando negli occhi guardinghi e incuriositi di Malfoy, capii che non avevo scelta e dovevo raccontargli tutto.

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Buon Natale! :)
Come vi avevo promesso, ecco un nuovo capitolo, che spero vi sia piaciuto :)
Vi ringrazio per i magnifici commenti e mando un bacio enorme a tutti! ❤️

LazySoul_EFP

Mai fidarsi del nemico #2 (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora