Mi mossi lentamente, stando attenta ad ogni rumore che sentivo provenire alla stanza del piano superiore della palazzina.
Avevo la bacchetta stretta nella mano destra che mi infondeva un po' di calma, ma non abbastanza da fermare il tremito di nervosismo che mi scuoteva.
Non staccavo gli occhi dal mantello di Nott, che si trovava a pochi passi davanti a me. Lo seguivo senza pensare, pronta a tutto, allo stesso modo in cui i bambini piccoli si fidano ciecamente dei loro genitori, percorrendo i loro stessi passi.
Theodore era di spalle, la bacchetta alzata ad illuminare il corridoio buio e angusto in cui ci trovavamo.
«Stammi vicino», sussurrò, lanciandomi una veloce occhiata, come se avesse voluto accertarsi di essere ancora seguito.
Annuii, stringendomi nel mantello, mentre ignoravo i caldi brividi che la sua voce bassa e roca per il nervosismo mi avevano causato.
Salimmo piano i gradini che scricchiolavano sinistramente al nostro passaggio, fino a quando ci trovammo di fronte alla stanza n°17.
Ci disponemmo ai lati della porta, guardandoci negli occhi, prima di aprirla con un incantesimo ed entrare.
La stanza era deserta, colma di oggetti impolverati e rotti, come se anni prima ci fosse stata una battaglia dentro quelle quattro mura e nessuno fosse venuto a dare una pulita.
Al centro del pavimento un lampadario di vetro era totalmente distrutto, le finestre aperte permettevano ad un leggero venticello gelido di muover le tende color magenta lacerate, un pianoforte a coda era conciato davvero male, come se un taglialegna babbano impazzito fosse passato di lì e avesse deciso di sfogarsi sulla povera tastiera. Ma l'oggetto che più colpiva l'attenzione di tutti era una bambola di pezza con il vestitino strappato ed un occhio chiaro che le pendeva in modo inquietante dal viso color panna, mentre le labbra erano distorte in un sorriso che, a prima vista, sembrava malefico.
L'unico oggetto immacolato in tutta la stanza era una poltrona rivestita da federe color verde muschio con un paio di cuscini sui braccioli.
Aggrottai le sopracciglia mentre studiavo quell'oggetto che sembrava così fuori posto...
«La poltrona», sussurrai all'orecchio di Theodore, ignorando la morsa nello stomaco che lo stargli così vicino mi provocava.
Annuì pensieroso e mi lanciò una veloce occhiata d'intesa.
Ancora non capivo perché, tra tanti ragazzi ed adulti il Signore Oscuro aveva incaricato me, Theodore e Greyback di riportare a scuola, vivo, il professor Lumacorno. Lo trovavo uno spreco di tempo, forse perché quel professore mi era sempre sembrato un'inutile omuncolo senza spina dorsale che amava circondarsi di ragazzini adoranti altrettanto privi di spina dorsale.
L'unica cosa che mi era piaciuta di lui era il suo essere fin troppo ingenuo, così da permettermi ogni volta di copiare i compiti da Daphne e prendere ottimi voti. Oh sì, quello si che era un tratto del "professore-meno-interessante-di-sempre" da tener presente e di cui fare buon uso...
Mi ero distratta giusto il tempo di un battito di ciglia, ma era bastato a Theo per allungarsi con un gesto fulmineo e aggraziato, puntando la bacchetta contro la poltrona.
«Buonasera, professore», disse, spingendo maggiormente il legno contro la fodera dei cuscini: «Mi hanno mandato a prenderla»
Affiancai il mio amico, portandomi alla sua destra e puntando a mia volta la bacchetta verso la poltrona.
Ero pronta a combattere, ma sapevo dentro di me che non ce ne sarebbe stato bisogno: Horace Lumacorno non ci avrebbe attaccati, prima avrebbe provato a comprarci o a convincerci di essere dalla nostra parte e solo come ultima opzione avrebbe preso in considerazione uno scontro.
Al posto della poltrona comparve, rannicchiato a terra proprio l'uomo che stavamo cercando e i suoi occhietti acquosi, così simili a quelli di Minus, si fissarono nei nostri.
«Buonasera, non pensavo che avrei avuto visite, se no mi sarei preoccupato di mettere tutto a posto», il tono di voce acuto dimostrava quanto fosse nervoso e agitato, mentre osservava con preoccupazione le bacchette che gli stavamo ancora puntando contro.
«Certo», disse Theo, alzando gli occhi al cielo con fare scocciato; a quanto pare non ero l'unica a cui il professore non andava molto genio: «Ora la prego di seguirmi senza fare storie, se no sarò costretto ad usare le maniere forti»
Gli occhi piccoli dell'uomo si sbarrarono, raggiungendo quasi una grandezza normale, mentre notavo con disgusto il sudore formatosi come una patina bagnaticcia sulla sua fronte pelata cominciare a raccogliersi in gocce e a scendere lungo la sua tempia.
Avrei potuto vomitare.
«Prendigli la bacchetta», mi disse Theo, facendo un veloce gesto col capo verso di me.
Eseguii gli ordini, facendo attenzione a non farmi cogliere alla sprovvista da qualche trucco del vecchio professore e allungai la mano, sfilando dalla tasca interiore del mantello dell'uomo il suo legno.
Disarmato quell'uomo aveva un'aria ancora più misera.
«Vada avanti professore, noi la seguiamo fino all'esterno», disse Theo, puntando la bacchetta contro la spalla destra del professore, incitandolo ad avanzare.
Io seguivo entrambi a breve distanza, ignorando il prurito continuo che la maschera da Mangiamorte calcata sul mio viso mi causava.
Non ero adatta a quel tipo di cose, odiavo dovermi nascondere così e sperare che la gente non mi riconoscesse. Spesso utilizzavo un incantesimo che mi deformava la voce fino a renderla bassa come quella di un uomo per proteggere la mia identità, ma a volte pensavo che non bastasse per adempiere in modo corretto al mio lavoro.
I miei genitori erano fieri di me, fieri del mio essere una giovane Mangiamorte tra le giovani schiere predilette dal Signore Oscuro, mentre io non facevo altro che odiare me stessa.
Mi capitava con sempre più frequenza di chiedermi quando la mia vita aveva cominciato a diventare il groviglio che era ora. Insomma, fino a due anni fa era tutto maledettamente perfetto, o quasi. Ero fidanzata con il partito migliore che mi potesse mai capitare. Draco Malfoy era ricco, bello e stronzo, non mi illudevo certo che la mia vita sarebbe stata semplice con lui, ma non mi ponevo ancora domande a proposito. Ero convinta che un giorno, svegliandosi, lui si sarebbe reso conto di amarmi quanto io amavo lui, che sarebbe corso da me, inginocchiandosi di fronte a tutta la Sala Grande urlando i suoi sentimenti nei miei confronti. Ma quel giorno non era arrivato e io avevo capito presto che non sarebbe mai arrivato.
Era stato gentile da parte di Malfoy disilludermi dalla mia ferma convinzione di essere qualcosa in più di una amica per lui (e non solo per quanto riguardava il passare qualche notte insieme a fare sesso), anche se gli ci erano voluti quattro anni. Tutto il quinto anno era stato un Inferno, nel senso letterale della parola e questo grazie alla confessione spassionata di Malfoy che, dopo aver passato una delle nostre tante notti assieme, mi aveva guardata dritto negli occhi e detto chiaramente che non mi amava e che non ci sarebbe mai riuscito, che ci aveva provato per anni e che non ne era in grado. Gli avevo chiesto il motivo, in modo patetico mi ero letteralmente prostrata ai suoi piedi supplicandolo di dirmi come voleva che io fossi e io lo sarei stata per lui.
Le uniche parole che avevo ricevuto però mi avevano spezzato il cuore: «Tu non capisci, Pansy. Io non posso darti ciò che vuoi perché sono innamorato di un'altra»
Ovviamente avrei voluto comportarmi da persona matura e parlargli con calma, cercando di capire meglio, ma mi ero ritrovata invece ad urlargli contro e a battere i pugni contro il petto come un'isterica.
In quel momento avevo provato a distruggere il contratto di matrimonio che ci legava, perché non volevo stare con una persona che ne amava un'altra. Avevo scritto a mia madre una lettera, chiedendole un consiglio e lei mi aveva mandato un'imbarazzante strilettera dove mi diceva chiaro e tondo, anche se con diverse parole: «Continua a fare la puttana, l'importante è che tu ti sposi con Malfoy perché ormai sei compromessa»
Avevo pianto per giorni e, per quanto Daphne mi consolasse e Malfoy cercasse di fare il gentile per rimediare alla sua impossibilità di amarmi l'unico che mi era stato davvero utile era stato Theodore.
Alzai lo sguardo, fissandolo contro il mantello del mio migliore amico.
Ricordavo il momento esatto in cui avevo incominciato ad amarlo; quel ricordo era impresso a fuoco nella mia mente ed ero certa che non se ne sarebbe mai andato.
Spesso ero convinta di aver semplicemente incanalato i sentimenti che avevo provato per Malfoy verso Theodore, in modo da soffrire di meno, ma dentro di me sapevo che non era affatto così. Era talmente diverso il modo in cui avevo amato Malfoy da quello in cui amavo tutt'ora Theo...
«Bravi, ragazzini», disse la voce tonante di Greyback, spuntando all'improvviso e posando gli occhi folli sul viso pallido e sudaticcio per professor Lumacorno: «Andate a cercare gli altri che io mi occupo di portare questo qui dal Signore Oscuro»
Possibile che fosse sempre compito nostro fare il lavoro sporco mentre Greyback poi si prendeva il merito di tutte le catture?
L'istante dopo erano entrambi scomparsi grazie alla Materializzazione, lasciando me e Theo da soli.
Sospirai, sfilandomi dal capo la maschera da Mangiamorte, vedendo il mio amico fare lo stesso. Ci fissammo negli occhi e, automaticamente, provai il forte desiderio di gettargli le braccia intorno al collo, accarezzandogli i capelli scuri e mossi, per poi...
«Chi è il prossimo?», chiesi, sperando che la mia voce non fosse stata acuta quanto sembrava alle mie orecchie.
«Non lo so», disse, scrollando le spalle, prima di allungare una mano verso di me.
M'irrigidii, seguendo con gli occhi sbarrati il suo gesto, sentendo fin troppo bene le sue dita afferrare una ciocca di capelli per sistemarla dietro al mio orecchio.
Il batticuore era imbarazzante, allo stesso modo in cui lo era il mio viso paonazzo.
Com'era possibile che con un solo piccolo gesto di amicizia mi causasse una tachicardia?
«Andiamo di sopra mentre aspettiamo che Greyback torni»
Lo seguii nuovamente su per la scalinata scricchiolante ed entrammo nella stanza dove avevamo trovato il professor Lumacorno.
Ci fermammo sulla soglia, lanciandoci una veloce occhiata, prima che lui mi facesse l'occhiolino: «Pronta a pulire?»
Feci una smorfia, prima di tirargli per scherzo un pugno sul braccio e di sorridere: «Solo se mi dai una mano»
Con la magia fu davvero semplice rendere quella stanza come se fosse stata nuova.
Il lampadario tornò al suo posto e tutte le schegge di vetro si ricomposero, formando piccole ghirlande iridescenti che pendevano dai bracci in ottone. Le tende tornarono intere al loro posto come anche l'occhio della bambola di pezza.
Appena finimmo di sistemare ogni singolo oggetto ci sedemmo su un grande divano dello stesso colore delle tende, adagiandoci comodamente contro i cuscini e rilassando i nostri corpi tesi dal nervosismo provato poco prima.
Avevo paura di momenti simili, paura di dire qualcosa di sbagliato, rovinando tutto.
Era per questo che non volevo dirgli quanto l'amavo, per paura di rovinare la nostra amicizia. E, in tal caso, da chi sarei potuto andare dopo a farmi consolare?
Malfoy? O, meglio, la Mezzosangue Granger?
Non era proprio odio quello che provavo nei suoi confronti, forse rimpianto era la parola corretta per descrivere i miei sentimenti verso ciò che lei aveva e io no. Allo stesso tempo però avevo paura che quello stronzo la ferisse. Non avrei mai augurato a nessuno di soffrire ciò che avevo dovuto subire io, nemmeno ad una sporca babbana come lei.
Era così assurdo pensare che lui l'amasse, eppure la guardava in un modo così dolce e possessivo... a me non aveva mai guardato così. Mai.
«Perché pensi a Malfoy?»
Sussultai a quelle parole, voltandomi verso Theo, notando che anche lui mi stava guardando.
Da quanto mi osservava?
«Non pensavo a lui», mentii, accennando un sorriso tirato.
«Va bene. Allora dimmi che cosa ti rendeva così triste»
Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una confezione di gelatine Tuttigusti+1 e la sporse verso di me: «Vuoi?»
Allungai una mano e ne presi una di colore marrone chiaro, sperando che non fosse al gusto di vomito, la rigirai tra le dita un istante, prima di metterla in bocca.
La sensazione calda di star mangiando del pane tostato mi fece sorridere.
«Non stavo pensando a nulla di particolare in realtà», seconda bugia nel giro di due minuti. Non mi ero mai sentita così fuori posto in vita mia, tranne forse quando Malfoy mi aveva detto di amare un'altra. Possibile che la fortunata fosse la Mezzosangue Granger? Ancora faticavo a crederci.
«Non credevo che mi considerassi così stupido», disse, portando alla bocca una gelatina Tuttigusti+1.
Fece una piccola smorfia: «Trippa», si lamentò.
Avrei riso se non avessi saputo che la situazione era delicata: «Non credo che tu sia stupido»
«Non si direbbe», sussurrò, piano, avvicinando il viso al mio.
Probabilmente disse altro oltre quelle parole me, se lo fece, non lo sentii.
Ero distratta dai suoi zigomi alti che creavano ombre scure sulle sue guance, gli occhi color verde scuro tendente al marrone, la fronte ampia coperta in parte da ciocche scure e folte, quelle stesse ciocche che gli circondavano il viso e accarezzavano sensualmente il suo collo e il colletto della camicia bianca che indossava sotto il mantello nero.
Quei capelli neri così diversi rispetto a quelli biondissimi di Malfoy...
Scacciai quel pensiero, distogliendo per un istante lo sguardo, prima di posare di nuovo gli occhi su di lui, puntandoli all'altezza della sua bocca, dove il labbro inferiore era leggermente più carnoso rispetto a quello superiore.
Quanto avrei voluto mordere quel labbro.
Senza pensarci avvicinai ancora di più il viso al suo, sentendo l'odore della sua pelle e l'irrefrenabile desiderio di non fermarmi e di baciarlo.
La porta della stanza si aprì di colpo, facendomi sussultare ed allontanare di scatto da Theo.
«Hey, piccioncini, abbiamo del lavoro da fare, potete tornare alle smancerie più tardi», esclamò la voce tonante di Greyback che, comparso sulla soglia, ghignava mostrando in modo fin troppo inquietante i denti aguzzi.
Non mi capitava spesso di arrossire, ma in quell'istante sentii chiaramente le guance bollenti per il disagio.
Theo si alzò e mi porse la mano.
Non la afferrai, indossando la maschera da Mangiamorte e uscendo dalla stanza come se stessi fuggendo da un branco di mastini impazziti.
Non mi sarei dovuta esporre in quel modo, avvicinandomi così tanto alle sua labbra tentatrici.
E non avrei dovuto nemmeno ignorare l'aiuto che mi voleva dare per alzarmi.
Continuavo a sbagliare, ogni cosa che facevo finiva con lo spezzarsi tra le mie mani maldestre.
Fuori dalla palazzina mi voltai per aspettare gli altri due e, incontrando per un breve istante gli occhi di Theo, decisi che con lui non avrei fatto lo stesso; che sarei stata attenta a non rovinare il sentimento d'amicizia che ci legava.
E per farlo dovevo continuare a custodire il mio amore nei suoi confronti dove nessuno lo avrebbe potuto trovare, nemmeno io.**********************************************************************
Buonasera a tutti! :)
Approfitto di questo capitolo per fare gli auguri di un buon Capodanno a tutti/e ❤️
Spero che il punto di vista di Pansy vi sia piaciuto. Avrei una domanda per voi: sono riuscita a caratterizzare bene Pansy? Spero tanto di si ^^'
Vi ringrazio di cuore per tutti i commenti e le stelle che mi lasciate *^*Vi mando un grosso bacio ❤️
LazySoul_EFP
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Mai fidarsi del nemico #2 (Dramione)
Fanfikce[COMPLETA] [Secondo libro della serie "Mai scommettere col nemico"] Hermione Jane Granger si trova in cella, imprigionata nella sua stessa scuola e costretta ai lavori forzati e a giornalieri interrogatori e torture. Ma dove è finito Draco Malfoy? I...