29. Parseltongue

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Chiusi il volume con un colpo secco colmo di rabbia malamente repressa.

Presi un profondo respiro e sollevai lo sguardo.

Malfoy, seduto in poltrona a leggere la "Gazzetta del Profeta" non sembrò minimamente scalfito dal rumore della pagine sbattute le une contro le altre.

Avevamo passato l'intero pomeriggio in silenzio, lui a informarsi su ciò che stava succedendo nel resto del mondo magico, io a leggere il volume che aveva recuperato in biblioteca e che si era rivelato una totale perdita di tempo. Quel volume parlava solo della storia del serpentese, della sua bassa diffusione e dell'impossibilità di intraprenderne lo studio senza un maestro a conoscenza di quella lingua. In poche parole si era rivelata una lettura inutile.

Sbuffai, infastidita e mi alzai.

Cominciai a camminare avanti e indietro per la stanza, passandomi ripetutamente le mani tra i capelli per il nervoso.

L'unica soluzione possibile era mandare un messaggio via galeone e sperare che Harry potesse in qualche modo aiutarmi. Se fosse stato possibile per lui inviarmi la pronuncia esatta della parola necessaria per poter aprire la camera dei segreti sarebbe stato perfetto.

Mi diressi verso il comodino con rinnovata speranza, abbandonando il volume della biblioteca sul letto.

Presi in mano il galeone incantato e me lo rigirai tra le dita. Tutto quello che dovevo fare era recuperare la bacchetta di Malfoy e sperare che tutto procedesse per il meglio.

Voltandomi, incrociai lo sguardo di Draco, che seguiva i miei movimenti con curiosità malcelata: «Come procedono le ricerche?», mi chiese, tornando ad abbassare lo sguardo sulle pagine del giornale.

Provava a non darlo a vedere, ma sembrava divertito dal mio fallimento. Gli si leggeva in viso che, per quanto mi avesse dato carta bianca, una parte di lui ancora non era convinta che quella fosse l'unica soluzione possibile.

«Il libro si è rivelato inutile», ammisi, alzando gli occhi al cielo alla vista dell'espressione compiaciuta sul suo volto.

«Peccato», disse, tornando a leggere il giornale.

«Posso usare la tua bacchetta?», chiesi, avvicinandomi di qualche passo.

Lo vidi aggrottare le sopracciglia: «Come mai?»

Trattenni uno sbuffo infastidito e decisi che se l'era cercata e che non mi restava altra scelta.

Senza pensarci troppo lo raggiunsi, gli presi il giornale di mano e lasciai che cadesse ai nostri piedi, prima di prendergli il viso tre le mani e costringerlo a guardarmi negli occhi.

«Non farmi arrabbiare, non sono in vena di giochetti», usai un tono di voce piatto. Non mi sembrava il caso di urlargli contro; era già abbastanza facile offenderlo senza aver bisogno di rincarare la dose.

Alzò gli occhi al cielo: «Ed è comportandoti in questo modo che speri di ottenere un favore da me?»

Ecco appunto. Mi era bastato constatare l'ovvio per offenderlo.

Grandioso.

Non mi restava altro da fare, mi sarei dovuta sacrificare e baciarlo per farmi perdonare.

Sacrificio che ero più che ben disposta a fare.

Premetti la mia bocca contro la sua, addolcendo la presa delle mie mani sul suo viso; trasformandola in una carezza.

Percepii chiaramente le sue labbra sollevarsi in un sorriso, mentre rispondeva al bacio e immergeva una mano tra i miei capelli.

Non gli permisi di approfondire il bacio, scostandomi da lui: «Posso usare la tua bacchetta?»

Mai fidarsi del nemico #2 (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora