Capitolo 8.
Mi svegliai a causa dei raggi del sole che entravano dalla finestra. All'inizio non ricordai dove mi trovavo, ma dopo sentii il dolce russare di Harry e lo guardai dormire.
La sua testa non era più sul mio petto, si era mosso durante la notte e ora mi stava dando le spalle.
Mi sedetti e mi stiracchai. Diedi un'occhiata all'orologio, erano già le 9:00 am. Ero una persona mattiniera, quindi di solito non mi svegliavo cosi tardi. Ma spesso non rimanevo sveglia fino a mezzanotte a leggere per qualcuno.
Uscii lentamente dal letto, attenta a non svegliare Harry. Mi accorsi che Anne aveva piegato i miei vestiti, ormai asciutti, sulla scrivania di Harry, sul suo laptop chiuso. Li afferrai e andai in bagno per cambiarmi. Dopo che ero mi tolsi la maglietta di Harry e la mia biancheria intima, mi guardai allo specchio. Non sembravo così orribile come ieri, non avevo il mascara colato sulle guance, ma i miei capelli erano un totale disastro. E non avevo la mia spazzola. Presi un elastico, che avevo sempre intorno al polso per emergenza, e legai i miei capelli in una crocchia disordinata. Nonostante si chiamasse 'crocchai disordinata', ci provai venti volte per farla nel modo che volevo io. La mia crocchia disordinata diventò una crocchia perfetta.
Quando uscii dal bagno e tornai in camera di Harry, lui era sveglio e ora era seduto sul letto."Oh bene, sei qui," disse, "mi sono svegliato e non eri nel letto. Pensavo fossi andata a casa."
"Tranquillo, non voglio lasciarti. Come ti senti?"
"Molto meglio. Un po' stordito, immagino. Penso fosse solamente un mal di pancia."
"Vuoi andare a fare una passeggiata?" Suggerii, "L'aria fresca potrebbe farti sentire meglio, e inoltre è davvero una bella giornata oggi." La pioggia dell'altra notte era passata, lasciando l'erba un po' bagnata. Ma il sole stava splendendo e il cielo era pulitissimo. Aveva solamente alcune nuvolette bianche, a differenza della spessa nebbia grigia che ricopriva il cielo l'altra sera.
"Si, lascia solo che mi vesta." Uscì dal letto, spostando le coperte dall'altro lato. Quando si alzò, vidi che i suoi pantaloni della tuta erano pericolosamente bassi, e non indossava nessuna biancheria intima. Erano appoggiati sui suoi fianchi. Una parte di me voleva dirglielo. L'altra parte sperava segretamente che i suoi pantaloni cadessero completamente.
La prima parte vinse, lasciando l'altra parte estremamente delusa, quando Harry li tirò su prima che cadessero a terra. Camminò verso il suo armadio, cercando all'interno prima di afferrare una maglietta bianca, un paio di jeans e un paio di boxer. Lasciò la stanza per cambiarsi. Scesi di sotto per prendere le scarpe, che erano umide, ma indossabili. Le misi ai miei piedi e aspettai Harry davanti la porta.
Uscimmo. Era fine Aprile, l'ultimo lunedì del mese, quindi le piante cominciavano a sbocciare. Ogni cosa era bellissima in questo periodo dell'anno. Camminammo in silenzio per in un pò, cercando un parco decente nella nostra città. Parlammo solo quando arrivammo ad un parcogiochi pieno di grida, con bambini che giocavano. C'era un'altalena, in un lato del parco, che nessun bambino sembrava essergli interessato quindi camminammo fino a lì e ognuno di noi si sedette, dando le spalle al posto.
Avevo sempre amato come le curve del sedile dell'altalena assomigliassero ad un sorriso. Sembravano sempre felici, non importandosi di ciò che accadeva. Non c'era nessuno che riusciva a farle smettere di sorridere. Questo era il motivo perché non mi piacevano le grandi altalene, che avevano delle rigide e dritte linee come la loro forma. Loro non sorridevano come le altre. Sembrava che avevano sempre un cattivo umore. Quando dissi tutto ciò a Harry, lui sorrise, come loro.
"Non ci ho mai pensato, in questo modo. Io le odiavo solamente perché mi facevano male al sedere." Disse.
"Forse ti facevano male di proposito perché sono di cattivo umore."
Rise. Amavo la sua risata. Stemmo in silenzio per alcuni minuti. Ascoltavo i bambini dietro di noi che urlavano agli altri, la brezza che soffiava tra i rami degli alberi. Davanti noi c'era un enorme campo di denti di leone. I piccoli fiori gialli apparvero, dal terreno, intorno a noi. Desideravo che Harry potesse vederlo.
"Ci sono, tipo, due milioni di denti di leone davanti a noi." Dissi a caso, e pentendomene, pensando quanto fosse stupido.
"Si, lo avevo immaginato. Posso sentire il loro odore."
"Amo i denti di leone. Molti dicono che sono erbacce, ma io penso che sono davvero carini. Specialmente per il loro colore. Giallo è il mio colore preferito."
"Com'è il giallo?" Chiese Harry. Ci pensai per un po'. Come faccio a speigare un colore a qualcuno che non può vedere?
"Bhe, giallo è... È come, um... È solo giallo... Non c'è un altro modo per spiegarlo. Mi dispiace." Dissi.
"È tutto okay. Non penso tu sia capace di descriverlo. Nessuno è mai riuscito a descrivermi dei colori," sospirò, "lo sai, il più delle volte, essere cieco non mi preoccupa affatto. Intendo, è tutto quello che so. Ma alcune volte vorrei vedere come chiunque altro. Voglio conoscere i colori. Voglio essere capace di leggere e scrivere senza nessun aiuto. Voglio vedere, come fate tu e la mia famiglia."
Non sapevo cosa dire. Desideravo dirgli che capivo come ci si sentiva, ma io non capivo. Anche se fossi diventata cieca, avevo delle memorie, ma Harry no.
"Lo so Harry, mi dispiace tanto. Non posso immaginare come ti senti." Lo guardai. Lui stava fissando nella mia direzione, i suoi occhi non focalizzati su di me, perche non possono vedermi. Si sporse in avanti, diminuendo la distanza tra di noi. Alzò la mano, localizzando le mie labbra come la scorsa settimana, quando sua madre inconsapevolmente ci interruppe.
Posizionò l'altra sua mano al mio fianco e si sporse ancora più avanti. Le sue labbra socchiuse, e i suoi occhi chiusi. Infine, appoggiò le sue labbra sulle mie. Questo era il momento che aspettavo da tanto. Praticamente potevo sentire i fuochi d'artificio.
La sua lingua scivoló sul mio labbro inferiore, chiedendomi il permesso, che diedi volentieri. Alcuni bambini ci stavano guardando, ma noi li ignoravamo, mentre loro si coprivano gli occhi, facendo finta di vomitare, e urlare, "Ewww!"
Dopo pochi secondi, Harry si allontanò, rovinando quel momento perfetto. Lo fissai negli occhi per un po'. "Vorresti... Vorresti essere la mia ragazza?" Sussurrò.
Annuii immediatamente, ma poi realizzai che lui non poteva vedermi. "Si, si, certo." Dissi. Mi veniva da piangere, ero cosi felice.
"Eww, perché hai lasciato che lei ti baciasse?" Un piccolo bambino chiese ad Harry, correndo verso di lui, "Adesso avrai i pidocchi!"Entrambi ridemmo al commento del bambino. "Sto bene anche se prendo i pidocchi da lei." Gli disse Harry. Il bambino sembrava confuso, ma ci fece la linguaccia e scappò via.
"Probabilmente dovremo andare, non so quando mia madre vuole che torni a casa." Dissi. Mi alzai e diedi ad Harry il suo bastone, che aveva lasciato sull'erba sotto l'altalena. Lasciammo il parco, camminando verso casa, mano nella mano.
•••
"Quindi dove andremo per il nostro secondo appuntamento?" Chiese Harry una volta arrivati a casa sua. "Ieri era l'ultimo giorno della fiera, ed io ero troppo impegnato a vomitare le mie budella invece di portartici."
Ci pensai un momento. Poi ricordai."Il mio compleanno è la settimana prossima e la mia famiglia vorrebbe portarmi fuori a cena. Potresti venire con noi se vuoi. Non penso che ai miei genitori dispiacerebbe se il mio ragazzo si intrufolasse." Sorrisi.
"Si, suona bene. Che giorno è il tuo compleanno?" Chiese.
"Il prossimo sabato, il 9 Maggio. Diventerò diciassettenne." Risposi.
Ancora eravamo davanti casa sua. "Bene, non vedo l'ora." Mi lasciò la mano e andò verso la porta, "Ciao, amore."
Mi ha davvero chiamato amore? Pensai. Sentii di nuovo le farfalle nello stomaco. Tornai in strada per dirigermi a casa.
#SpazioAutrice
FINALMENTE SI SONO BACIATIII
Baci Xx
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Blinded// H.S {Traduzione italiana}
FanfictionPensai a cosa chiedere. Infine, dissi: "Che cerchi in una ragazza?" Lui rispose subito. "Personalità interessante, di talento, onesta..." Avrei voluto chiedergli qualcos'altro. Non avevo nessuna delle caratteristiche che stava dicendo. Una volta che...