Capitolo 9

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Diego
Durante le prime ore del mattino mi ero piacevolmente intrattenuto con Marta in una conversazione fatta di un via vai di messaggi. La cosa mi stuzzica parecchio. E soprattutto mi era piaciuta la sua intraprendenza nell'usare quel numero, che io appositamente le avevo scritto sul romanzo, con la scusa di doverlo passare all'ingegnere. Avrei dovuto ringraziare Marta per non averglielo mai fatto avere. Forse il suo subconscio aveva già capito le mie intenzioni. Lei mi ringraziava e io la stuzzicavo. Ancora non mi ero fatto vedere in viso da lei. Quel giochetto mi piaceva. Lasciava intendere ma non spiegavo totalmente. Aveva apprezzato le ortensie che le davano il benvenuto in casa mia. Le lasciavo indizi e la viziavo con attenzioni che la prendevano per la gola. Aveva gradito il Moscato d'Asti ed era stata intuitiva dell'accostarlo ai formaggi e salumi, non cadendo nel banale abbinamento con il dolce.
Mi chiedevo se avesse gradito tutti quei vezzi femminili che le avevo sistemato in bagno, svaligiando la profumeria del centro commerciale con il paziente aiuto della giovane commessa,  da cui mi ero lasciato guidare nellla scelta, per colmare le mie lacune in quella materia a me nuova. Sicuramente era roba da donne.
Mentre lavoravo continuavano  ad arrivare messaggi a cui prontamente rispondevo. Ad ogni messaggio,nutrivo la dolce speranza che ne seguisse un altro ancora.
Gli operai mi vedevano sorridere da solo, alla vista di  quei messaggi. Sicuramente stavano spettegolando come le comari di paese, perchè li vedevo parlottare tra di loro. La cosa non mi infastidiva. E poi quando Marta mi chiese se il mio capo non si fosse infastidito, nel vedermi messaggiare durante le ore di lavoro, quasi mi vergognai per la risposta che le avevo dato. Ma pensandoci bene io non avevo mentito, avevo detto la verità nel risponderle che il mio capo era un tipo comprensivo, del resto avevo solo omesso di dirle che io ero il capo di me stesso. Un particolare irrilevante che prima o poi avrei dovuto svelarle. A breve ci sarebbe stato il cocktail per l'inaugurazione della nuova ala dell'ospedale e li non avrei potuto più nasconderle che Diego Di Meo era anche l'architetto che aveva eseguito i lavori in ospedale, i lavori a casa della signora Cutolo e nel mio appartamento. E non di meno che il professor  Di Meo era anche mio zio Mario, fratello minore di mio padre. Avrei dovuto prima o poi confessarle di aver suggerito a mio zio, di farla venire a Roma invece che a Milano, per il suo controllo e poi per farle vedere la realtà del Bambino Gesù, per una seconda opzione.
Avrei dovuto anche ringraziare lo zio  Mario, per la sua collaborazione nell'assecondare le mie richieste. Ricordo la sua risposta quando glielo avevo proposto.
"Se Marta riesce a farti avere questa luce negli occhi, che la durezza della vita da anni ti aveva spento, sarò lieto di fare questo per te"
Zio Mario mi parlò tanto di quanto Marta fosse brava e preparata,  ma soprattutto intuitiva. Queste erano doti che per una giovane dottoressa,  che come lei voleva fare ricerca, doveva per forza  avere, se voleva ottenere grandi risultati. Di qui l'idea di proporre a Marta di proseguire i suoi studi a Roma, al Bambino Gesù. Con la speranza che lei accettasse, io cercavo di farla familiarizzare con quella casa che prima di me, volevo conoscesse e apprezzasse lei, per farla diventare, forse un giorno,  la regina di quel nido.
Quando avevo incontrato Marta per la prima volta nella sua città, quasi per caso, avevo percepito una scarica elettrica che mi provocava una strana sensazione. Non capivo cosa fosse quell'emozione a me nuova. Ma mi accorsi che era lo stesso per lei. Una emozione nuova da cui non riuscivamo a sfuggire. Da cui entrambi non avevamo la forza di allontanarci. Quasi come due calamite dai poli opposti che subito si attraggono.
Per non parlare dello sguardo catalitico che mi rapì quando la guardai dritto in quegli occhi nocciola, fonte giornaliera di ispirazione.
Potevo perdermi nei suoi occhi, sapevo che se avessi perso la strada di casa... Avrei potuto ritrovarla solo insieme a lei mano nella mano. La sua visione mi  stregò come nessun altra donna aveva mai fatto prima. Ricordai una frase di mamma in punto di morte.
"QUANDO SARÀ QUELLA GIUSTA, TE NE ACCORGERAI GUARDANDOLA NEGLI OCCHI.
IL SUO SGUARDO TI RAPIRÀ IL CUORE.
LA TUA ANIMA NON POTRÀ FARE A MENO DELLA SUA.
DUE SPIRITI  LIBERI CHE SI COMPLETANO A VICENDA.
ESPLODENDO ENERGIA AD OGNI CONTATTO.
CONQUISTALA DOLCEMENTE.
FALLA SENTIRE AL CENTRO DEL TUO MONDO.
METTILE LA TUA VITA NELLE SUE MANI.
PRENDI LA SUA NELLE TUE .
E CAMMINATE MANO NELLA MANO PER COSTRUIRE LA VOSTRA VITA INSIEME.
SE MAI TROVASSI LA DONNA CHE TI FARÀ PROVARE TUTTO QUESTO, NON LASCIARTELA PORTARE VIA, LOTTA PER LEI CON LE UNGHIE E CON I DENTI.
PERCHÈ SARÀ PER SEMPRE... OLTRE LA MORTE..."
In quel modo mamma mia aveva descritto il suo amore per papà e viceversa. Quell'amore lo sentivo ancora vivo nell'aria , presenza immancabile che mi accompagnava ogni giorno, nonostante la loro mancanza mi bruciasse ancora il cuore.

UNA DOLCE E IRRUENTE SCOSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora