Capitolo 2

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Per arrivare alla fermata più vicina doveva percorrere circa trecentometri, considerando che era sul viale principale e lei abitava in unaviuzza perpendicolare, in una delle tante case popolari di Salerno.Di solito (ovvero fino a giugno) a fare il percorso ci mettevaquattro minuti, e considerando che il pullman passava alle 6:45,anche se si concedeva qualche minuto di ritardo, lei usciva di casaalle 6 e quaranta giuste, per spaccare il secondo.

Quella mattina era a metà tragitto ed erano e 46. Faceva caldo come i primi di agosto e lei rimpianse di aver messo una felpa già autunnale,dato che stava sudando. Raggiunse la fermata trafelata e qualche ragazzo seduto sulla panchina rise. Lei pensò che lo avrebbero fatto anche gli altri che aspettavano l'autobus se non fossero stati così addormentati da non vedere il suo aspetto. Ma non odiò quello stronzo così tanto, perché gli diedero la conferma che il pullman aveva ancora la bellissima vecchia abitudine di farsi desiderare.Sarebbe stato molto più umiliante arrivare quando se ne stava andando, così da fargli riaprire le porte se l'autista fosse stato magnanimo, e ancora più umiliante se l'autista fosse stato un coglione restare lì in mezzo alla strada. Inoltre l'ultima cosa che voleva fare era tornarsene a casa dove c'era il padre che quella sera aveva avuto una bella sbornia.

Aveva fatto in tempo a srotolare le cuffiette che puntualmente si annodavano nella tasca della felpa, a far partire la musica e ad ascoltare per poco la voce di Nitro che il bus arrivò. Era gremito,e Sonia pensò che la mattina dopo lo sarebbe stato molto di più dato che il primo giorno di scuola molti ragazzi fortunati vengono accompagnati dai genitori in macchina. Fece a spintoni per entrare e riuscì ad aggrapparsi a un palo, condiviso da altre quattro mani.

Alle 7:05 il bus raggiunse la stazione, lei scese e aspettò il suo treno.

Scese in stazione in Duomo, e si incamminò verso scuola, dietro l'angolo.Il viaggio in treno era stato parecchio sofferente, per tutto il tempo aveva avuto vicino un uomo che sembrava non farsi una doccia da tempo. Perlomeno aveva trovato posto a sedere, cosa che lo scorso anno non le capitava spesso. Era riuscita a riposarsi un po' dopo quella notte e quella prima mattina così intensi. La dormita di sole due ore non contava neppure, dato che era riuscita solo a renderla più nervosa. Avrebbe fatto prima a non cadere nel sonno per niente.

"Tusai, che se la mia Blue, Sky", Gemitaiz le sussurrava alle orecchie, e mentre camminava chiuse un attimo gl iocchi, perché il ritornello la prendeva troppo. Ecco, forse li tenne chiusi un po' troppo.

"Scusami tanto" disse istintivamente al ragazzo che aveva urtato. Non lo guardò nemmeno in faccia, pensava solo a filarsela da lì prima di sentirsi urlare "cogliona guarda dove vai" o qualsiasi altro insulto: di certo non un cordiale "non fa niente, figurati!"

Si girò di scatto e nemmeno lei seppe spiegarsi il perché, forse per conoscere il proprietario di quella voce roca ma vellutata, che non aveva il tipo accento di lì e che, cosa più importante, l'aveva trattata così gentilmente.


Ma nel frattempo avevano aperto i cancelli, e il ragazzo fu sommerso dalla folla che si riversava all'interno.

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