Capitolo 16

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Mirko scorreva il dito sullo schermo dell's3, annoiato. Si era svegliato da poco, era ancora sdraiato sul letto. Si sentiva un po' in ansia.

Aprì Facebook e senza nemmeno rendersene conto si ritrovò sul profilo di Sonia. Sonia Romano.
Fissò la sua foto per un po' e poi il suo sguardo ricadde sul maledetto tasto aggiungi agli amici, che era stato tentato di premere da molto più tempo di quanto volesse ammettere.

Ma aveva sempre rinunciato: si ripeteva che sarebbe stato più corretto chiederle di conoscersi di persona, che avrebbe dovuto fare così. E ne aveva avuto le palle.

Quello che era successo la sera prima era stato così strano, ma così bello. Da tanto tempo non si era sentito così in pace con se stesso.
Quella ragazza era una droga, potentissima, che lo faceva stare meglio. E non produceva alcun effetto collaterale. O perlomeno, lui non lo aveva ancora scoperto.

Decise che doveva fare almeno quel piccolo primo passo: aggiungerla su Facebook.
Era consapevole che fosse stupido il fatto che si sentisse tenuto a farlo. Ma doveva farsi vivo in qualche modo.
Aveva il suo numero, però scriverle un messaggio gli sembrava troppo da pressa.
Una richiesta d'amicizia su un social era impersonale ma allo stesso tempo significativa, e se lei l'avesse ignorata avrebbe sempre potuto dire di averla inviata per sbaglio, cosa che con un 'ciao' su Whatsapp non si poteva fare. Nel caso, sarebbe stato ridicolo uscirsene con il classico 'ho sbagliato chat'.

Si rese conto di star facendosi troppe paranoie e senza pensare a niente fece scivolare il dito sull'aggiungi agli amici; un secondo dopo bloccò lo schermo e lanciò il telefono sul cuscino. Era fatta.

Si tirò a sedere e solo allora espirò, realizzando di aver trattenuto il fiato. Si alzò.

Quand'era ritornato a casa, verso mezzanotte, i suoi zii erano a letto. Si era spogliato e buttato sul letto di camera sua, e subito addormentato. Adesso erano la nove di una domenica mattina troppo luminosa. Troppo sole, che oltrepassava senza sforzo la debole barriera delle tende alla finestra, e illuminava il corpo nudo del ragazzo. Indossava solo un paio di boxer.

Mirko era metereopatico al contrario: il sole gli faceva passare la voglia di vivere. Fosse stato per lui, in quel momento avrebbe serrato tutte le tapparelle della casa, per potersi rintanare nel buio.
Ma non era casa sua.
In ogni caso chi fosse il proprietario dell'abitazione non c'entrava un cazzo, stava come al solito divagando con i pensieri.

Alzò lo sguardo sulla scrivania davanti al letto, dov'erano buttati alla rinfusa i libri e i quaderni di scuola, assieme a mezza dozzina di bottigliette vuote e carte di merendine e patatine. Si appuntò mentalmente di dover sistemare, prima o poi. Anche perché da quando viveva lì, sua zia non si era mai permessa di entrare in camera sua.
La donna cercava di metterlo più a suo agio possibile non invadendo i suoi spazi, ma non immaginava che per esempio in momenti come quello lui preferisse qualcuno che spalancasse la porta con furia e scaraventasse a terra tutta l'immondizia sul tavolo ordinandogli di raccoglierla e gettarla via.

Forse sentiva la mancanza di sua madre. E capì che l'avrebbe sentita sempre di più; per fortuna sarebbe risalito a Milano il weekend dopo.

Fece un passo di lato, per mettersi davanti al grande specchio appoggiato alla parete, incorniciato di rosa e fiorellini bianchi. Era l'unica cosa che, assieme a una bambola inquietante di porcellana posta su una mensola, riconducesse al fatto che quella era stata la stanza di una ragazza, sua cugina, ormai adulta.

Fissò il riflesso del suo torace magro, delle spalle larghe ma non troppo (una cosa di cui andava fiero, dato che gli conferivano autorità nonostante non fosse granchè muscosolo) e delle clavicole sporgenti (anche se non stringeva le spalle).
Sull'addome gli stavano spuntando i primi addominali. Non aveva di certo una tartaruga pronunciata: la pancia era piuttosto piatta, eppure sopra l'inguine si distingueva la classica 'v' che fa impazzire tanto le donne.

I muscoli della braccia non erano assolutamente pompati, ma a lui non sembrava un gran difetto. "Meglio un po' di ossa in più in fuori, che rotoli di trippa", si diceva.
Ammirava molto le vene sporgenti che affioravano dai suoi avambracci quando stringeva i pugni e faceva pressione sulle braccia.

Giocando a calcio, la parte inferiore del suo corpo era molto più muscolosa: i muscoli di gambe e cosce sodi, i polpacci sottili ma duri.
I peli che aveva erano abbastanza lunghetti, considerando che non li aveva mai fatti e non ne aveva intenzione. Come i suoi capelli, però, erano biondi e perciò non tanto visibili.

Posò lo sguardo in mezzo alle gambe, accorgendosi di aver addosso i boxer rossi della Rams che aveva comprato addirittura due anni addietro. E si vedeva che erano vecchiotti, non solo per il tessuto liso o l'eleastico che minacciava di cedere, ma soprattutto perché il tessuto tirava al centro. Ed era sicuro che non fosse per l'alzabandiera mattutino.

All'improvviso gli venne in mente di avere la partita di calcio nel pomeriggio. "Merda" borbottò riscuotendosi dai pensieri sul suo pene e la sua biancheria, pescò dal cassettone una maglietta e dei pantaloncini e si vestì.

Appena varcata la soglia della cucina l'aroma di caffè appena fatto lo travolse. Ai fornelli c'era sua zia, Giovanna, che per l'appunto stava versando nelle tazzine il contenuto della Moka. Si diedero il buongiorno, lei lo informò che lo zio stava ancora dormendo e lui si sedette a tavola, tagliandosi una fetta della torta che la donna gli aveva piazzato davanti assieme al caffè. Mangiarono in silenzio, fin quando lei si alzò portando le stoviglie sporche nel lavello e disse: -Non voglio assolutamente - marcò alzando la voce questa parola - farmi gli affari tuoi, ma penso che dovrei perlomeno provare a comportarmi come se fossi tua madre, perciò ti chiedo. Dove sei stato ieri sera?

Aprì l'acqua e la fece passare sui piatti sporchi, per sfuggire al silenzio imbarazzante che si era creato. Mirko si stava prendendo il suo tempo per rispondere.

-Okay - disse infine torturando il tovagliolo che aveva in mano. Prese un respiro e aggiunse: -In discoteca, ma sono tornato presto, anche se già tu dormivi.

-Ti ho sentito rientrare. Sono anche venuta a controllare in stanza tua dopo dieci minuti. Dormivi. - ammise lei facendo un sorriso che a Mirko fece tenerezza.
Non avevano mai avuto un grande rapporto, ma le voleva bene e sentiva di starsi affezionando.

-Per fortuna non ti sei portato anche qualche guagliuncella! - aggiunse ridendo.

Per educazione, lui si impose di sorridere a quella pessima battuta.

Non faceva che pensare a Sonia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 16, 2016 ⏰

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