Capitolo 15

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Cazzo, com'era bella la sua voce. Non si sarebbe mai stancata di ripeterlo. Roca, ma vellutata. Una colata di miele e i meandri di un oceano. E quel suo accento del nord...

Prese coraggio e si voltò. Dio, gli occhi verdi suoi. Un tuffo al cuore, ora che li vedeva da vicino bene, non come prima, quando aveva la vista annebbiata dalle lacrime. La pancia le si era svuotata, la bocca secchissima.

-Anche a me piacerebbe conoscerti. Anche tu sei.. carino.

Gli tese la mano, e gli occhi di lui brillarono mentre ricambiava la stretta.

Lei intanto si chiese dove cazzo aveva trovato la forza per parlare con voce ferma senza cadere per le gambe tremanti. In quel momento arrivò il pullman.
Dopo averle stretto ancora la mano saldamente, non la lasciò. Intrecciò le dita con le sue.

-Così ti scaldo un po' -sussurrò poco convinto. La voce gli vibrava.

Salirono sul pullman prima lei, poi lui, sempre mano nella mano. Si aggrapparono a un palo, nonostante tutti i posti fossero liberi. A causa di una curva Sonia si strinse contro al suo petto.

"Ma che cazzo sto facendo? Alla fine non lo conosco nemmeno sto qui. Chissà cosa vuole da me. Ora mentre mi abbraccia magari si fotte il portafogli."

Dopo questi pensieri che irruppero improvvisamente dentro di lei, nella specie di stato di trance in cui era sprofondata, si irrigidì.

Lui se ne accorse. La lasciò un po' andare, fece subito: -Che me lo dai un secondo il tuo telefono? Devo fare una chiamata.

Lei prese il cellulare, staccò gli auricolari e glielo porse. Si sentì il ticchettio dei numeri che venivano digitati. Poco dopo squillò un altro cellulare sul pullman. Si era chiamato da solo per memorizzarsi il numero.

-Mi sono anche salvato- le disse sorridendo mentre le restituiva il telefono. Lei era rimasta a bocca aperta.

Il mezzo si fermò di colpo e lui aggiunse: -Devo scendere. A lunedì, bella.

E si dileguò come un'ombra a mezzogiorno non appena le porte sbuffarono e si aprirono. La lasciò lì, con il cuore palpitante come un cavallo al galoppo.

Si accasciò sul sedile e chiuse gli occhi. Non pensò a niente, anche se certi pensieri il giorno dopo le tormentavano la testa. Il quel momento però bho. Era persa.
L'ultima cosa a cui pensò prima di cedere alla stanchezza furono i suoi occhi verdi.

La risvegliò l'autista, un uomo anziano piuttosto brusco, la cui pazienza erosa dalla vita, dicendole che erano arrivati al capolinea (esiste il capolinea sugli autobus?), che lui doveva andarsene a ddurmì e che era costretto a farla scendere.

Così le toccò tornare a casa a piedi, scombussolata, rischiando di cadere distesa sull'asfalto ad ogni passo. E non aveva preso niente. Era come si fosse drogata dei suoi occhi. Arrivò che era l'una passata.

Andò a letto vestita così com'era, senza nemmeno togliersi le Dr Martens che il giorno dopo scoprì le avevano fatto le piaghe ai piedi.

Ma ne era valsa la pena.

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