La voce ritrovata - Un padre ubriaco-

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Eccomi qui. Mi chiamo Sue, Sue Anderson.

 I medici pensano che io sia depressa e che scrivere mi farebbe stare meglio. Io, sinceramente, credo di non averne alcun bisogno, però lo faccio per mia madre. Partiamo dall'inizio.

 Perché mi ritrovo a dover fare questa specie di terapia? Chi mi ha ridotto così? Beh, sono molte le cause e una di queste è mio padre. Un alcolista che odia sua moglie e sua figlia. Qualche giorno fa, tornò dal bar con dei suoi amici (mamma non c'era perché quella sera lavorava fino a tardi) e misero la musica a tutto volume svegliandomi. Scesi al piano di sotto per vedere cosa stesse succedendo e a quel punto mio padre mi guardò e mi disse:

 "Sue va in camera tua,questa non è rob..."

 si interruppe un attimo per bere dalla bottiglia che aveva in mano, poi riprese: 

"Questa non è roba per te". 

In quel momento, uno dei suoi amici vomitò nel vaso di fiori. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella scena raccapricciante. Ad un tratto sentii delle mani che mi afferravano da dietro, mi girai, era mio padre:

 "Ti avevo detto di andare in camera tua"

 e mi  buttò a terra con tutte le forze che aveva. Lanciai un urlo, ma nessuno ci fece caso. Poi, l'uomo che non era più un padre per me, mi tirò un calcio sul fianco. A quel punto, sentii fischi, urla e risate provenienti da quegli sconosciuti che stavano ancora in casa mia. Io intanto ero lì, sdraiata a terra mentre guardavo il soffitto. Non sentivo più niente, credevo fosse tutto finito però non riuscivo ancora a muovermi e respiravo a fatica. Allora decisi di chiudere gli occhi e di dormire un po'. Mi svegliai su una barella con qualcuno che mi teneva la mano. Mi girai e vidi mia madre che aveva un occhio nero e le lacrime che le rigavano il viso. Quando notò che la stavo fissando, i suoi occhi si riempirono di speranza e singhiozzando mi disse: 

"Andrà tutto bene te lo assicuro, ora riposati". 

Si asciugò le guance con il palmo della mano e mi baciò sulla fronte. Volevo chiederle come mai avesse quell'occhio nero, ma non riuscivo a parlare quindi mi limitai a sorriderle e mi voltai dall'altra parte e ritornai a dormire. Alla fine mi svegliai su un letto d'ospedale.

Una donna stava piangendo, mia mamma. Avevo ancora gli occhi chiusi quando la porta si spalancò e un uomo si rivolse a mia madre dicendo: 

"Piacere sono il dottor Allan White, lei è la signora Miriam Collins?"

 "sì, sono io."

 "piacere, mi sto occupando del caso di sua figlia."

 " okay, mi dica." 

"la paziente presenta delle lievi fratture alle costole e una rottura traumatica alla milza. Dobbiamo operarla immediatamente."

 "okay, fate pure" rispose mia mamma.

 Il suo pianto sembrava essere aumentato. 

"Stia tranquilla si riprenderà, vada a casa e si riposi"

 "non la lascio da sola!" 

"okay okay allora aspetti fuori" rispose il medico quasi sulla difensiva.

 L'intervento riuscì bene e dopo un paio di settimane fui dimessa. Io e mia madre avevamo paura di tornare a casa. Era lì? Ci stava aspettando? Ci avrebbe fatto ancora del male? Mamma era sempre rimasta con me in ospedale, giorno e notte, quindi non sapevamo cosa sarebbe successo. Probabilmente mio padre era arrabbiatissimo visto che sua moglie non tornava a casa da circa due settimane e fu per questo che esitammo un attimo prima di entrare.

 " Sei pronta?" mi chiese mia mamma sorridendo

 "sì, andiamo" risposi un po' titubante.

 La porta era aperta. Entrammo e subito lo vedemmo. Era lì, sdraiato sul divano, con i piedi sul tavolino e circondato da lattine di birra. Presi la mano della mamma e la strinsi forte. Lei mi guardò e mi rivolse uno dei suoi sorrisi migliori, però si vedeva che aveva paura. 

"Finalmente siete arrivate, mi siete mancate" disse l'uomo che un tempo era mio padre,

 "non posso vivere senza di voi" continuò lui senza degnarci di uno sguardo.

 "Miriam tu sei mia e non ti permetterò di andartene e di portarti via nostra figlia".

 A quelle parole mi si gelò il sangue. La guardai. Stava tremando.

 " Thomas, sai che non lo farei mai" rispose mia madre.

 A quel punto mio padre si alzò e venne verso di noi. Il mio cuore iniziò a battere fortissimo. 

"Sarà meglio per te" sussurrò all'orecchio di quella donna forte che avevo accanto. 

Poi si girò verso di me e mi abbracciò. Puzzava tantissimo.

 " La prossima volta che mi fai incazzare ti ammazzo" mi minacciò sottovoce per non farsi sentire.

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