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Álvaro:

La mattina dopo, mi svegliai con una nuova voglia di vivere, con un sorriso stampato in faccia, che avevo dalla sera prima, dopo aver letto quel "Hey, sono Maria :)".
Pensavo non mi scrivesse più, pensavo se ne fosse completamente scordata, pensavo di aver sbagliato tutto. Proprio quando mi diedi per vinto, il mio cellulare vibrò; era lei. Non saprei spiegare la sensazione che provai appena lessi il suo nome nel messaggio, mi sentii come un pugno nello stomaco e mi sentii mancare l'aria per un po'. Non pensavo si potessero provare certe sensazioni per una persona, conosciuta appena, per giunta. Avevo un'irrefrenabile voglia di rivederla, di conoscerla, di sapere di più. Mi ispirava solo cose belle; sincerità, rispetto, risate. Ma, ahimè, il suo corpo ispirava un letto sfatto, i vestiti sul pavimento, l'emozione sulla pelle e anche altre cose, Diós. Era perfetta in tutto ciò che faceva e diceva; quei suoi modi di fare, quel modo di sorridere timidamente, quel gesticolare che non riusciva a controllare per quanto fosse nervosa. E non avrei mai, e dico mai smesso di dire quanto quei suoi occhi mi incantassero, quanto lei mi incantasse.

Erano le 9:10 quando mi alzai definitivamente dal letto. Dormii dalla parte destra del letto, che ancora sapeva di lei, di quel suo profumo così buono. Promisi a me stesso che un giorno, il suo profumo sarebbe stato anche sulla mia pelle, parte di me, come un segno indelebile.

Avrei avuto allenamento alle 10:00, perciò andai velocemente a farmi una doccia.
Uscii dopo poco, mi asciugai e indossai una tuta nera, con delle strisce oro che partivano dalle spalle fino ai polsi, mentre sui pantaloni le strisce partivano dai fianchi fino alla della gamba. A destra, esattamente sul cuore, c'era lo stemma della Juventus. Amavo quella tuta, e amavo quella squadra.

Mi lavai i denti, mi sistemai i capelli e scesi in cucina. Presi una mela al volo e la mangiai. Salii nella mia stanza per prendere tutto l'occorrente, presi telefono, chiavi ed uscii di casa, era già piuttosto tardi.
Entrai in macchina e guardai il telefono, indeciso se mandare un messaggio o meno a Maria. Non sapevo se fosse troppo occupata a scuola e non volevo venisse punita per colpa mia. Alla fine, glielo mandai lo stesso.

Io: Buen día, nena :)
Dormito bene? Spero di sì. Non vedo l'ora di vederti.

Mi batteva forte il cuore più del solito e non sapevo il perché.

Non rispose, per cui misi il telefono in tasca e mi diressi a Vinovo, sbuffando.

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«E quindi stasera uscite?» domandò Simone, con un po' d'affanno, mentre facevamo corsa sul posto.
«Si.. Ah, non vedo l'ora.» dissi, mordendomi il labbro.
«Senti Álva, è da ieri che ci penso.. Ma se dovesse chiederti se hai un lavoro o cose del genere, cosa le dirai?» mi domandò e rimasi spiazzato.
Puta madre, non ci avevo pensato!
«Dio, è vero! Aiutami, aiutami a pensare a qualcosa!» dissi, nervoso, e per questo iniziai ad affaticarmi di più, rendendo il respiro corto.
«Oh, ehm, beh.. Il barista? Che te ne pare?» domandò, mentre il mister ci disse di fermarci.
Gracias, Diós.
«È perfetto! Grazie, hermano! ¡No sé que haría sin tí!» lo ringraziai, parlando nella mia lingua, scordandomi del fatto che lui, di spagnolo, non ne capiva niente.
«Álvaro, ti voglio bene, lo sai, ma non parlarmi in spagnolo, sai che non ci capisco nulla! Cos'è che hai detto?» disse in modo buffo e sorrisi.
«Ho detto che non so cosa farei senza di te.» dissi e lui fece per darmi la mano, la quale poi strinsi forte.
Mi sorrise, ma a me venne in mente un particolare irrisolto che sarebbe potuto essere letale.
«Simo, ma come farò se poi un giorno mi domandasse dove ho il bar? E se volesse venire? Dio, come faccio?! Ah!» mi disperai nuovamente ma lui non sembrò preoccupato.
«Al Parco Valentino un mio amico ha un bar, posso parlargli della faccenda e vedere cosa possiamo fare. Magari, se proprio vuole vedere dove "lavori", la porterai e le farai credere che sei un dipendente, al massimo poi, se questa cosa ti peserà con il tempo, puoi pur sempre dirle che ti hanno licenziato.» disse e mi sembrò tutto strano.
Non mi ci vedevo proprio a lavorare come barista, anche se mi serviva solo la "figura".
«Proviamo, si. Grazie, Simo.» ci sorridemmo e ricominciammo ad allenarci, mentre il Mister ci diceva di non parlare troppo.
Sarei tornato a casa alle 15:00 e tutto quel tempo sembrava non passare mai. Avrei solamente voluto che arrivasse subito la sera, per rivedere quella ragazza occhi cielo.

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