14.
13 Febbraio 2016.
Maria:La luce accecante del sole filtrava dalla tenda bianca, arrivando prima sulle mie gambe e poi sul mio viso. Mi fece aprire gli occhi dolcemente e sbattei le palpebre di continuo, per vedere meglio.
Mi strofinai gli occhi e mi stiracchiai.
Era una giornata bellissima.
Sorrisi e, come sempre e inevitabilmente, iniziai a pensare a quel matto; l'amore per Álvaro mi stava cambiando, mi stava cambiando in meglio.
L'amore sarebbe potuto benissimo essere il modo migliore di incontrarci con noi stessi. Avevo bisogno di lui per sapere di me, perché nessun amore resisteva senza sanguinare. Avevo bisogno di lui per pensare a me. Lo sapevo perché quando sembravo di mollare mollavo davvero, smettendo di sapere chi fossi, come fossi, dove andassi. Avevo bisogno di lui per aver bisogno di me.
Avevo bisogno di lui, solo con lui ero me stessa. L'unico posto dove ero felice, era insieme a lui. In quel momento, dimenticavo tutto, non c'era nient'altro che lui; le sue mani, i suoi baci, le sue carezze, le sue parole sussurrate: solo questo. Ed è lì che volevo stare. Ed avrei voluto restarci per sempre.
Non avrei mai potuto pensare lontanamente di stringere altre mani, di sfiorare altre labbra, di perdermi in altri occhi, di scaldarmi tra altre braccia e fantasticare su un futuro che non sarebbe stato con lui, volevo sempre e solo lui, nient'altro.
Non avevo mai pensato che amarmi fosse un compito semplice; ci voleva pazienza con me, forse troppa. Avevo un'infinità di difetti, a volte ero impulsiva, a volte scleravo senza motivo, ero estremamente gelosa di ciò che era mio.
Forse ero anche insopportabile in determinati periodi del mese, a causa dei miei sbalzi d'umore improvvisi. Ma, Cristo, lui si era preso quel "fardello" e stava continuando a volermi, nonostante tutto questo. Stava imparando a conoscermi e ad accettare ogni singola parte di me ma, sopratutto, stava continuando ad amarmi ed il suo amore era la mia stabilità.
Era ciò che mi serviva per migliorare, per cercare di smussare gli angoli troppo rigidi della mia personalità. Mi ritrovavo ogni sera a pensare all'immagine di Álvaro, che mi aspettava fuori casa e mi diceva di uscire, ed io lo trovavo lì, in quell'auto che era la sua casa, ma che un po' stava iniziando ad essere anche mia, e lui guardava lo schermo del suo cellulare, poi si girava e mi guardava, entravo in macchina e lo guardavo anch'io, gli sorridevo, e si aggiustava i capelli, quel ciuffo ribelle, e mi baciava, come se non avesse aspettato altro, mi baciava, come se fosse la cosa più naturale al mondo, e andavamo via, ovunque ci fosse un posto per continuare a parlare, baciarci, viziarci, dirci quanto ci amassimo, sussurandocelo nell'orecchio, e parlavamo di quel che ci eravamo persi quando l'uno era distante dall'altro, e a scherzare e prenderci in giro, lui sui miei capelli scompigliati dal vento ed io per le sue facce buffe, io tra le sue braccia, perché era quella casa mia.
Aveva risvegliato in me quella voglia d'amare, la voglia di osare.
Mi ero ripromessa di dargli tutto, tutto l'amore del mondo.
Baciargli quei sorrisi che mi facevano impazzire in ogni singolo momento, stringerlo a me, sapendolo mio.
Dormire accanto a lui, proprio come quella sera, con le sue mani nei miei capelli e la mia guancia sul suo petto.
Urlargli che lo amavo, e che lo volevo in ogni secondo, in ogni luogo.
Asciugare le sue lacrime, camminare per strada tenendogli la mano e baciarlo, baciarlo su ogni muro di Torino o qualunque città, cosicché quando avrei camminato da sola, mi sarebbe sembrato d'averlo accanto.
Strillargli contro le peggio cose, voltargli le spalle solo per poi girarmi e vederlo lì che mi aspettava perché non se ne sarebbe andato neanche quando glielo avrei chiesto, perché sapeva che non l'avrei mai voluto.
Ridere con lui, essere me stessa e non nascondermi più, non nascondergli nessuna cicatrice, perché era a queste che dovevo ciò che ero diventata.
Essere sicura che in qualunque modo sarebbero andate le cose, io avrei avuto sempre un posto nel suo cuore e lui uno nel mio.
Che anche se ci fossimo persi, sarebbe stato solo per ritrovarci il giorno dopo o magari dopo una vita, e avere la consapevolezza di non esserci mai persi davvero.
Fare l'amore con lui, passare quelle serate d'inverno con una cioccolata, una coperta addosso e un bel film, di quelli che fanno piangere e che alla fine non avremmo guardato mai, perché sapevo quanto lo annoiassero.
Averlo, averci, sentirmi sua.
Amare ed essere amata da lui e da nessun altro, e non importava se sarebbe stato difficile, se non sarebbe stata la favola che sognavo da bambina, ero sicura che se fossero iniziate le liti, sarebbe tutto finito con un bacio, delle scuse, per amarci ancora di più.
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Hero. ||Álvaro Morata||
Fiksi PenggemarLa perdita di un padre, la ricerca della felicità, la scoperta del suo eroe: la storia d'amore tra Álvaro Morata, calciatore della Juventus, e Maria, semplice ragazza dal passato difficile e turbato, la quale è più forte di qualsiasi altra cosa. Ma...