19.
Erano passati esattamente 3 mesi. 3 mesi non sono tanti, ma non sono neanche pochi, sopratutto se la coppia si vive e si ama nello stesso modo in cui lo abbiamo fatto noi. In 3 mesi, ho conosciuto e provato sulla mia stessa pelle il vero senso dell'amore; quell'amore che ti migliorava giorno per giorno, quell'amore che ti correggeva senza darti fastidio, quell'amore che cambiava te stessa ma non cambiava le cose. Il suo amore era il mio terzo polmone, era come se respirassi grazie a lui, come se lui mi tenesse in vita, lontana dalle cose che mi avrebbero causato malessere. I suoi baci erano come boccate d'ossigeno, i suoi abbracci erano come quella casetta sull'albero che i ragazzini costruivano per sè quando volevano allontanarsi dai problemi. Facevamo quasi sempre l'amore e, credetemi, fare l'amore con lui era arte pura; quando si avvicinava ,quando mi baciava lentamente sul collo, sulla guancia, e pian piano la sua bocca si poggiava sulla mia.
Adoravo avvicinare le mie labbra alle sue, ma solo sfiorandole, sorridere in modo cattivo, per poi allontanarle e vedere quanto ne fosse dipendente, seguendole con lo sguardo. Ero sicura che non mi sarei mai e poi mai stancata di questo giochetto, tra baci e abbracci, andavano via i vestiti, e poi facevamo l'amore. Amavo fare l'amore con lui, ma non fraintendetemi. Non intendevo solo usarsi ognuno per il proprio piacere. Intendevo me e lui, sdraiati sul letto. Intendevo guardarlo negli occhi mentre lui si spingeva piano con il bacino contro il mio e di fargli capire, senza parlare, che lo volevo, che lo volevo anche io da morire, che non avevo paura, che ero pronta a dargli per l'ennesima volta quello che dopo di lui non avrei potuto dare a nessun altro.
Intendevo sentire il mio cuore battere all'unisono con il suo contro il petto. Intendevo di sentirmi incapace, imbarazzata, anche se sapevo benissimo cosa fare. Intendevo le sue mani in cerca delle mie che, quando si trovavano, non facevano altro che unirsi come noi.
Intendevo me e lui. Intendevo respirare piano contro il suo orecchio mentre lasciavo che le mie mani scorressero lungo la sua schiena liscia. Lungo quella sua pelle così dannatamente perfetta. Intendevo cercare disperata le sue labbra con le mie, intendevo trovarle e scoprire che in quel momento avevano un sapore tutto diverso.
Intendevo poter fare finalmente una cosa solo mia e sua. Intendevo potermi sentire fiera di essere la prima con cui ha fatto l'amore vero e non solo sesso. Di poter dire, che la sua vera prima volta era coincisa con la mia. Che la sua prima vera volta ero stata io.
Intendevo sentirlo sopra di me, dentro di me, tutto intorno a me.
Intendevo sentirlo un po' più mio, di sentirmi un po' più sua; di sentirci un po' più nostri.
Volevo continuamente fare l'amore con lui, e volevo farlo perché non avevo sempre voglia di lui, ma perché ero sicura, sicura del fatto che non ci fosse nessuno che mi potesse amare più di quanto facesse lui.
"È tutto una favola", avrebbero potuto dire tutti. Ed in parte, era anche vero; ma io e lui con le favole non c'entravamo niente, ci amavamo molto meglio, perché nelle favole
la principessa dorme e si sveglia solo grazie al bacio, mentre noi due no, noi due eravamo già svegli, e da quel bacio non ci eravamo più addormentati.4 Maggio.
Maria:
Che bella giornata mi aspettava quel giorno.
Mi svegliai, mi stiracchiai sorridendo ed andai verso la finestra, spostando la tenda bianca e sedendomi sul davanzale; c'era il sole che illuminava la città, gente spensierata camminava con accanto i propri figli, ragazze della mia età che camminavano con accanto i propri papà. Ah, quanto avrei voluto che mio padre fosse lì con me in quel momento, quanto avrei voluto che Álvaro l'avesse conosciuto. Avrei voluto abbracciarlo almeno un'altra volta. Avrei voluto tanto che scendesse dal cielo come una stella cometa e mi prendesse tra le sue braccia. Che mi tenesse finché non mi sarei addormentata e che mi venisse a svegliare dicendomi che era stato solo un brutto sogno e che lui, in realtà, non se n'era mai andato. Sarebbero passati anni e anni, ma la mia vita senza il suo amore sarebbe stata sempre incompleta.
Sospirai e deglutii pesantemente con l'intento di far sparire quel groppo che avevo in gola, che bruciava così tanto da non farmi respirare.
La porta che si aprì improvvisamente mi fece distogliere lo sguardo dalla strada e mi fece voltare verso mia madre.
«Buongiorno, tesoro. Già sveglia?» domandò, avvicinandosi.
«Sì, oggi è una giornata importante e non potevo non svegliarmi presto.» dissi, mentre lei mi stampò un bacio sulla tempia sinistra.
«Perché, oggi cos'è?» domandò ancora, guardandomi interrogativa dall'alto, accarezzandomi i capelli.
«Io ed Álva stiamo insieme da 3 mesi.» dissi, sognatrice.
«Oh, tesoro! È già passato così tanto?» mi abbracciò, sorridendo.
«Eh già.. sembra solo ieri il giorno in cui ci siamo baciati la prima volta..» guardai in basso, osservando i miei piedi nudi.
«Non voglio sentire!» rise tappandosi le orecchie e si allontanò.
Risi anch'io e la vidi andarsene.
«Comunque, se vuoi far colazione, vieni pure!» urlò mentre scendeva le scale.
«Mi do una rinfrescata e vengo subito!» urlai di rimando.
Mi spostai e presi l'intimo in pizzo nero dal mio comodino per poi prendere un paio di pantaloncini neri a vita alta e un top beige dall'armadio grande. Quel giorno faceva caldo quindi optai per un outfit comodo e leggero.
Andai in bagno, mi spogliai ed entrai nella doccia, lasciandomi andare sotto l'acqua calda. Lavai i miei capelli con dello shampoo alle more ed il mio corpo con un bagnoschiuma alla vaniglia. Diedi un'ultima sciacquata ed uscii. Avvolsi il mio corpo in un accappatoio ed i miei capelli ormai più lunghi di me in un asciugamano più piccola. Mi asciugai per bene e mi vestii. Tornai nella mia stanza per indossare un paio di Converse basse e bianche per poi tornare in bagno, dove mi lavai i denti e mi asciugai i capelli, lasciandoli al mio mosso naturale. Applicai, infine, del mascara sulle mie ciglia. Un'ultima occhiata allo specchio, un'ultima sistemata e scesi in cucina, dove trovai mia madre intenta a preparare delle crêpes.
«Mmmh, che profumino delizioso!» esclamai, socchiudendo gli occhi e sedendomi sul tavolo.
«Hai fame, eh?» domandò, girandosi verso di me mentre metteva le ultime crêpes nel piatto. «Sì, da lupi poi!» esclamai nuovamente per poi scendere dal tavolo ed andare ad aiutarla. «Tra poco sarai accontentata.» disse, mentre prese della Nutella dalla dispensa.
«Ecco a te.» mi porse il barattolo e presi il piatto, intenta a riempire le crêpes.
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Hero. ||Álvaro Morata||
FanfictionLa perdita di un padre, la ricerca della felicità, la scoperta del suo eroe: la storia d'amore tra Álvaro Morata, calciatore della Juventus, e Maria, semplice ragazza dal passato difficile e turbato, la quale è più forte di qualsiasi altra cosa. Ma...