Divergenze & "novità"

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18.

26 Febbraio 2016.

Odiavo litigare. Odiavo dover affrontare l'argomento "opinioni diverse", sopratutto se la persona in questione era il mio ragazzo.
Avevo sempre pensato che sarebbe stato fighissimo avere ciascuno una propria miniatura vivente in tasca, e durante i litigi delegare a queste creaturine il compito di duellare, offendersi e scannarsi, cosicché la nostra versione originale potesse tranquillamente continuare a fare ciò che stava facendo prima che scoppiasse la bomba, una bomba inutile ed insignificante, per la maggior parte delle volte.
Odiavo litigare perché diventavo meschina, aggressiva e stronza, ed io non volevo apparire così agli occhi della gente, sopratutto ai suoi. Odiavo parlare a vanvera, di dire cose che dopo 5 minuti mi sarei pentita di dire, chiudermi in un'altra stanza per stare da sola con la mia stupida opinione.
Erano settimane che stavamo litigando, a volte per motivi futili, altri per motivi seri ed in quella mattina, in quella stramaledetta mattina in cui l'Altissimo ce l'aveva palesemente con me senza alcun motivo, io e Álvaro stavamo litigando come non mai in 2 mesi.
«Ma perché non stai mai ad ascoltarmi?! La smetti di fare così?! Dio, sei insopportabile! Maledico il giorno in cui ti ho conosciuta. Lo maledico e ne vado fiero.» disse, dopo aver sbattuto per la quarta volta le mani sul tavolo, facendomi saltare in aria.
Una bomba atomica mi avrebbe provocato meno spavento, maledetto stronzo.
Pregavo continuamente l'Altissimo dei Cieli affinché si calmasse.
Mi alzai di scatto e lo spinsi via, trattenendo le lacrime.
Era più di mezz'ora che stavamo litigando, e pensare che quella mattina andai a casa sua per chiedergli se gli avrebbe fatto piacere accompagnarmi al centro commerciale per fare shopping quella stessa domenica.
Si era tutto trasformato in un incubo.
«Non sto ad ascoltarti perché è inutile! Non usciamo insieme da tantissimo tempo, a me non va di stare sempre chiusi dentro casa 7 giorni su 7! È possibile prendere aria? Sai, non esiste soltanto il letto, c'è il mondo fuori, se non l'avessi notato.» gli urlai contro, spingendolo dal petto.
«Cosa non capisci della frase "devo lavorare"?» urlò di rimando e mimò le virgolette con le dita, come se io non capissi.
Avrei tanto voluto prendergli quel cazzo enorme che si ritrovava tra le gambe, strapparglielo a morsi e darlo in pasto ai panda, tanto che mi stava facendo innervosire, anzi, incazzare.
«Pensi che io sia stupida? Eh? So benissimo che devi lavorare, è solo che un giorno di ferie non ha mai fatto male a nessuno. Non mi sembra di averti mai chiesto niente, ti sto chiedendo di passare una giornata diversa, non la solita filastrocca.» cercai di abbassare il tono, anche per fargli capire che di litigare ero veramente stanca.
«Mi stai dicendo che sono un tipo monotono? Che ti faccio fare sempre le stesse cose?» sbottò acido, iniziando a ridere istericamente.
Quella mattina ispirava pugni in pieno viso e un setto nasale spaccato.
«Capisci quello che dico? O sei troppo incazzato per cogliere il messaggio?» lo presi dal mento, costringendolo a guardarmi in faccia, cosa che non faceva da qualche minuto.
«Sono stufo, vattene via, prima che combini qualcosa di sgradevole.» sbuffò, mi prese dal braccio mandandomi verso la porta e poi si allontanò. Io in quel momento mi sentivo di troppo, in quella casa troppo grande.
Non dissi niente, non lo guardai nemmeno, presi la borsa, il telefono ed uscii da quella casa, sbattendo la porta in un modo violento.
Iniziai a camminare velocemente guardando fisso davanti a me, con gli occhi spalancati di chi ha visto un mostro con 4 teste che sputavano fuoco e con la voglia di piangere e di gridare che iniziava a mangiarmi lentamente lo stomaco, ma con mia grande sorpresa le lacrime non scesero.
Arrivai dopo 10 minuti, aprii la porta e ringraziai l'Altissimo che in quella mattinata aveva avuto la forza suvrumana di trattenermi dal mollare un ceffone allo stronzo e poi del fatto che mia madre non si trovasse in casa in quel momento.
Appoggiai tutto sul tavolo e salii di sopra con l'intenzione di farmi un'altra doccia, come a volermi togliere la rabbia e la tristezza di dosso.
Entrai in bagno, mi spogliai ed aprii l'acqua calda, lasciandomi andare.
Chiusi gli occhi e ripensai alle sue parole, al suo "vattene via", ai suoi occhi pieni di rabbia e a quella casa che da un momento all'altro mi era sembrata troppo grande per me.
Sentii bussare alla porta, diminuii la pressione dell'acqua e la sua voce mi riportò nel mondo dei vivi.
«Hai intenzione di consumare tutta l'acqua d'Italia?» parlò ed io non seppi se il risentire la sua voce mi irritò ulteriormente o se, al contrario, mi calmò come suo solito.
«Fatti i cazzi tuoi, lasciami in pace e vai via.» sbottai più acida che potei e riportai l'acqua alla pressione successiva.
Ero così impegnata nel cercare di ferirlo che mi dimenticai di domandargli come avesse fatto ad entrare, ma lasciai perdere, non avevo voglia di risentire la sua voce che in quel momento trovavo irritante.
«Voglio parlare, puoi uscire?» sembrava triste e pentito, assai pentito.
Rimasi zitta per qualche secondo, quando poi chiusi l'acqua e gli risposi.
«Ah, ora vuoi parlare? Hai dovuto mandarmi bruscamente via di casa per arrivare a questa conclusione? Mi dispiace, ma ora sono io a non volerti parlare, vedi di andartene.» sbottai pungente e fredda, come se non me ne fregasse niente.
«Maria, ti prego.» disse, con la voce rauca.
Da una parte avrei voluto cedere, uscire da quel fottuto bagno come mamma Susanna m'aveva fatto e sbattermelo seduta stante, ma dall'altra volevo farlo attendere, volevo fargli odiare tutti quei minuti passati lontano da me, volevo fargli capire cosa significava stare distanti da una come me anche solo per poco.
Sospirai ed uscii dalla doccia, avvolgendo il mio corpo in un'accappatoio e i miei capelli in un'asciugamano più piccola di seta azzurra.
Aprii la porta e me lo trovai là davanti; i suoi occhi erano più scuri del solito, tanto che non si distingueva il distacco tra iride e pupilla.
Incrociai le braccia, cercando di mantenere la calma ma sopratutto l'accappatoio ben adagiata sul mio corpo.
«Vorrei ma sopratutto dovrei soltanto sputarti in faccia e cacciarti fuori di casa a calci nel culo, lo sai vero?» sbottai, mordendomi il labbro violentemente.
Notai una leggera luce nei suoi occhi marroni, che quella mattina erano rigorosamente scuri.
Accennò un sorriso e tentò di avvicinarsi a me, ma lo bloccai mettendo le mani sul suo petto.
«Da quanto eri qua? E sopratutto, come cazzo hai fatto ad entrare?» domandai, guardandolo in faccia.
I miei propositi per sembrare ancora stizzita ed incazzata andarono a farsi fottere.
«"Alba" ti dice niente?» si avvicinò completamente, senza che lo bloccassi.
Era inutile, era capace di farsi perdonare con la stessa velocità con la quale mi faceva incazzare.
Maledetto.
«La finestra della mia stanza, giusto.» me lo ritrovai ben presto a 2 cm dal mio viso.
«E sono dietro la porta di questo maledetto bagno da 20 minuti ed avrò bussato come minimo 100 volte.» soffiò sulle mie labbra e devo ammettere che il suo profumo mi era mancato, nonostante fossi ancora un po' incazzata.
«Facciamo pace?» fece labbruccio e cercai in tutti i modi di resistere dal baciarlo violentemente.
«No.» sbottai, cercando di essere autoritaria e fredda, anche se lasciai trasparire un po' di divertimento dal mio tono.
Mi girai, dandogli le spalle e lo sentii deglutire.
«Allora vorrà dire che mi farò perdonare..» appoggiò le labbra sulla mia spalla ancora umida e iniziò a lasciarci innumerevoli baci, andando dalla spalla fino al collo, mentre mi accarezzava i fianchi coperti da quell'accappatoio che a momenti avrebbe fatto sparire, ed ardevo dal desiderio che lo facesse.
Iniziai ad ansimare rumorosamente e feci cadere la testa all'indietro.
Leccò il mio collo e lì non ci vidi letteralmente più, per cui mi girai, appoggiando la mia fronte alla sua e imprigionando le mani nei suoi capelli morbidi.
Respiravamo pesantemente, non riuscivamo a stare lontani, non riuscivamo a sopravvivere se uno stava lontano dall'altro. Era una dipendenza ormai, io la sua, lui la mia.
Iniziò a stringermi forte dai fianchi, facendomi camminare indietro verso il bagno, mentre con l'altra mano sbattè la porta, chiudendola.
Lo fermai e lo baciai con foga, con così tanta che più di così non si poteva.
Gli tolsi la sua maglietta di cotone grigia e gli accarezzai quel ben di Dio, che fortunatamente era tutto per me.
Fece scivolare dolcemente il mio accappatoio via dal mio corpo e ben presto rimasi nuda.
Mi toccò il sedere con desiderio mentre con l'altra mano tolse l'asciugamano di seta dalla mia testa, lanciandolo per terra.
Mi fece girare di spalle e mi diede una leggera pacca sul sedere, facendomi gemere.
Mi appoggiai sul mobiletto e mise una mano sul mio mento, baciandomi sulla mascella ed io stavo per impazzire.
Sentii il suo membro duro pressarmi da dietro, e ciò che stava per succedere iniziava ad eccitarmi.
Continuai ad ansimare, quando con l'altra mano si tolse i pantaloni e appoggiò il suo membro sul mio sedere, strusciandolo un po'.
«Se ti faccio male, ti prego di fermarmi.» disse, tra un ansimo e l'altro.
Annuii e, dopo aver posizionato le mani sui miei fianchi, mi penetrò piano da dietro.
«AAH!» urlai dal dolore e in quel momento avevo solo voglia di scappare.
Si avvicinò subito al mio viso e mi baciò sulla guancia, mentre cercai di togliermi dalla faccia i capelli soffiandoci su.
Mi rassicurò con quei baci e nel frattempo lo mise tutto, facendomi scappare un urlo di dolore.
Appoggiai le mani sul mobiletto e mi morsi le labbra, mentre iniziò a spingere sempre di più.
Il dolore era tanto, però sentirlo godere a causa mia era come una cura a tutto quel compianto.
Sentivo il suo ventre sbattere sul mio sedere ed era un gemito ad ogni movimento, uno mio, uno suo e così via.
Ogni secondo che passava andava sempre più veloce ed io impazzivo nel sentirlo godere.
Mi prese dai capelli con una mano, facendomi alzare la testa in su, mentre con l'altra mi reggeva fortemente il fianco sinistro, continuando a guidarmi in quei movimenti così stancanti e dolorosi quanto eccitanti e sexy.
Gemeva e gemeva alle mie spalle, mentre iniziava a sudare senza sosta, continuando a spingere facendomi andare avanti ed indietro alla velocità della luce.
Diede altre 5 spinte veloci e lo tolse fuori, liberandosi, gemendo fortemente ed intensamente, seguito da me.
Mi morsi il labbro stanca morta e mi fece rimanere in quella posizione tenendomi dai fianchi.
Si avvicinò col suo viso al mio, respirando fuori controllo.
«Prendila come una specie di punizione.» mi sussurrò all'orecchio e sorrisi sensuale, cercando di riprendermi, mentre lui posizionò le mani sul mio seno, rimanendo attaccato al mio sedere.
«Devo chiamarti Christian Grey o cosa?» mi girai leggermente con la testa.
«L'idea non mi è indifferente, Anastasia Steele.» sussurrò quasi, continuando a toccarmi con voglia, facendomi ridere.
«Ti è piaciuto?» continuò, più provocante che mai.
«Ah.. si.» gemetti leggermente e lo guardai con la coda degli occhi.
Aveva fatto malissimo all'inizio, dava fastidio, ma sentirlo godere a causa mia mi faceva stare bene, mi eccitava ulteriormente e quindi il dolore era passato in secondo piano.
Mi fece girare piano e mi baciò dolcemente, prendendomi dal viso e accarezzandomi piano, come se fossi di porcellana e avesse paura di spezzarmi, anche se prima lo aveva fatto ed io non dicevo nulla, mi piaceva il fatto che lo facesse lui, che fosse lui a farmi scoprire nuove cose nel mondo degli "adulti".
Gli presi le mani e me le posizioni sul sedere, che strinse con voglia subito dopo.
Il monello non ne aveva mai abbastanza.
Gemette sulle mie labbra e senza giri di parole gli presi il membro in mano e mi feci penetrare, senza preservativo.
«Vuoi correre il rischio di avere un marmocchio nella pancia?» mormorò, baciandomi sul collo, mentre cercava di contenersi dall'iniziare a sbattermi su quel dannato mobiletto.
«Non addormentarti e vedi che non succederà niente..» sussurrai, più eccitata che mai.
Mormorò qualcosa ed iniziò a spingere violentemente, così tanto che il mobiletto si spostava avanti ed indietro, tenendomi dalle gambe, che fece adagiare attorno il suo bacino.
Ansimavamo come se non avessimo più aria a disposizione ed i nostri capelli sembravano essere stati travolti da una tromba d'aria.
Stavamo godendo e ci stavamo amando, quando ad un tratto sentimmo bussare alla porta.
«Maria? Tesoro, sono a casa, cosa fai in bagno?» domandò mia madre, mentre Álvaro smise per un attimo e posizionò una mano sulla mia bocca, facendomi stare zitta.
«Ehm, e-hm, ho a-appena f-finito di fare l-la doccia..» sussurrai quasi, spostandogli la mano.
Lo guardai un attimo e lo vidi sorridere sornione.
Ricominciò a spingere un po' più delicatamente ma molto, molto profondamente, baciandomi sul seno.
«Cos'hai? Tutto bene? Posso entrare?» domandò ed io saltai quasi in aria, poiché con la coda degli occhi vidi la maniglia spostarsi verso il basso.
«Cosa?! NO!» urlai, un po' per sfogare tutto quel piacere che mi stava facendo provare e un po' per la paura momentanea.
Ma per quanto precaria fosse la situazione, il pensiero che mia madre avrebbe potuto scoprirci, mi intrigava da morire.
«Va bene, ma sei sicura di star bene? Mi sembri strana.» domandò ancora, sospirando poco dopo.
«Mmh.. è tutto o-okay.» i suoi ansimi erano nelle mie orecchie ed in quel momento mia madre ed il rischio di venire scoperti non mi interessavano più.
«E allora cosa sono tutti questi versi?!» iniziava ad irritarsi.
«Niente, mi sono solo stiracchiata.. mamma, è tutto okay, davvero.» cercai di rassicurarla, mentre stavamo per arrivare all'apice del piacere.
«Va bene allora, io sto uscendo, sono solo passata di casa per vedere se ci fossi e se fosse tutto a posto, ciao, a più tardi.» disse e se ne andò, sentendo i suoi tacchi allontanarsi sempre di più.
Le dissi un flebile "ciao", cercando di trattenermi, almeno fino a quando non se ne fosse andata, mentre lui continuava a spingere come se nulla fosse.
Imprigionai le mani nei suoi capelli e, non appena sentimmo la porta sbattere, diede altre 3 spinte e venimmo dopo che uscì da me, liberando un urlo.
«Cristo, oggi mi hai sfiancata come non mai.» sussurrai, cercando di riprendermi, mentre liberò il suo membro, facendo cadere tutto nel cestino accanto.
«Sappi che ogni volta sarà così.» disse, avvicinandosi di nuovo a me.
«Stai diventando una ninfomane, mi piace questa cosa.» continuò, facendomi scendere, mentre si mordeva il labbro inferiore.
Mi sentivo stanca morta e le gambe mi cedevano, sia per il dolore che per la stanchezza.
«Devo essere o no la tua donna? O tutto, o niente.» gli gettai le mani dietro al collo ed imprigionai il viso nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla, sentendo il battito del suo cuore, che stava tornando alla normalità.
«Ho fatto più cose con te in 2 mesi che in quasi 5 anni con la mia ex. Sei incredibile.» si abbassò per sussurrarmi le parole nell'orecchio.
«Come me non ce ne sono, migliori sì, a migliaia anche, ma come me no e non è per vantarmi, è la verità.» affermai, alzando il capo per incontrare i suoi occhi, che trovai subito.
«Ma anche se ci fossero, non me ne importerebbe, ho già te, che di roba ne sei tanta.» mi diede un bacio dolce sul naso e mi prese in braccio a mò di sposa, mentre eravamo ancora nudi.
Ridemmo e fece un giro su se stesso, tenendomi forte con le braccia dietro il suo collo.
«Ed ora, mia regina, la porto a letto.. dopo che l'ho scopata per bene da dietro e davanti, immagino voglia fare un sonno rigeneratore.» domandò retorico, atteggiandosi.
«Quanto sei romantico, se mi facessero ora le analisi del sangue mi troverebbero il colesterolo a 350.» dissi ironica, mentre iniziò a camminare verso la mia stanza.
Arrivammo e mi appoggiò delicatamente sul letto, come se fossi una bambina appena nata.
Mi guardò tutta e si soffermò sui miei occhi dopo avermi scrutata per bene.
«Ma ci pensi che tutto questo ben di Dio è tutto mio?! Gesù, quanto sei bella.» disse, affondando letteralmente la sua testa nel mio seno.
Risi per il solletico che la sua barba mi provocava e dopo un po' me lo ritrovai su di me.
«Si ma dovremmo metterci qualcosa addosso, metti che viene mia madre un'altra volta e ci trova in queste condizioni.. le prenderebbe un infarto e poi capirebbe tutto.» gli proposi, mentre appoggiò la sua testa sulla mia pancia.
Eravamo in condizioni precarie, molto precarie.
«Se non l'ha già capito..» appoggiò la sua mano destra su un mio seno e lo palpò leggermente.
Aveva il radar ormai.
«Álvaro, basta, niente più sesso per oggi e forse nemmeno per domani.» gliela tolsi e mi guardò come un cane bastonato, alzando il capo.
«Nemmeno se non palpo? Solo come appoggio, dai.» continuò a guardarmi, cercando di convincermi.
Ma stavolta non gliel'avrei data vinta.
«Leva le mani o altrimenti non te la faccio vedere nemmeno col binocolo.» alzai leggermente il tono, restando comunque sullo scherzo.
Avreste dovuto vedere la sua faccia da cane bastonato, era veramente spettacolare, sembrava avere 3 anni in quei momenti, era come un angelo.
«Ma tanto non resisti senza il mio amichetto.» sbottò e gli diedi subito uno schiaffo sulla spalla, facendolo ridere.
«Dai, vatti a vestire, non vorrai mica che a mia madre venga un infarto nel vederti nudo.» lo feci alzare e si mise davanti a me.
Cosa gli aveva fatto Dio? Era impossibile essere così belli.
«Eh già, sono troppo bello, anzi, siamo.» disse, toccandosi e guardandosi il membro.
Gli lanciai un cuscino e, tra le risate, andò in bagno a vestirsi.
Mi alzai con fatica e, camminando come un mostriciattolo alle prese con i primi passi, andai verso l'armadio, dove presi intimo in pizzo nero, un leggins ed una felpa grigia.
Indossai tutto e mi stesi sul letto, il dolore che provavo era troppo forte.
Dopo qualche secondo, uscì anche lui dal bagno e mi raggiunse, ritornando alla posizione di prima.
Restammo in silenzio, iniziai ad accarezzargli i capelli e, tra una carezza e l'altra, si addormentò.
Il suo respiro caldo si appoggiava sulla mia pelle scoperta un po' dalla felpa, facendomi venire i brividi.
Lo guardai dormire, era così bello quando dormiva, quando sorrideva, quando parlava, quando era serio o, come prima, incazzato, quando mi ignorava, non smettevo di guardarlo, non ci riuscivo, per i miei occhi non esisteva cosa più bella.

Hero. ||Álvaro Morata||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora