10.
4 Febbraio 2016.
Maria:
La mattina dopo, la luce flebile del sole filtrò dalla finestra, arrivando fino al mio letto. Aprii gli occhi dolcemente, strofinandomeli.
Era veramente una bella giornata.
Sbadigliai e mi alzai con il busto, rimanendo seduta sul letto e presi il telefono dal comodino alla mia destra: erano quasi le 7:00.
Sbuffai e mi alzai dal letto, dirigendomi verso l'armadio; presi un semplice leggins nero e una felpa verde lunga e larga.
Presi, infine, l'intimo in pizzo nero dal comodino e mi diressi in bagno.
Entrai nella doccia, rilassai i muscoli sotto l'acqua calda e lavai i miei capelli. Uscii dopo 10 minuti, mi asciugai e ritornai nella mia stanza. Mi vestii e misi un paio di Vans dello stesso colore della felpa.
Tornai in bagno, mi lavai i denti, asciugai i miei capelli lasciandoli al loro mosso naturale.
Mi truccai con del mascara e, quando finii, tornai nella mia stanza per preparare lo zaino.
Presi tutto, scesi in cucina e chiamai mia madre, la quale sarebbe ritornata la settimana successiva.
Rispose dopo 4 squilli.
«Maria! Amore!» disse, con il respiro affannato.
«Mamma! Cosa succede?» domandai, sedendomi sul tavolo.
«Le scale, lo sai che non sono molto atletica..» disse ed io risi.
«Cosa fai oggi? E con quel ragazzo come va? Non vedo l'ora passi questa settimana, mi manchi, tesoro!» disse, velocemente.
«Parla piano, che non ti capisco! Comunque, credo venga qui oggi pomeriggio, come sempre.. Mi manchi anche tu!» le dissi e la sentii ridacchiare.
«Mi raccomando a scuola e con quel ragazzo! Ci sentiamo appena posso, ciao, ti voglio bene!» disse, mentre scesi dal tavolo.
La salutai e presi il mio zaino e il giubbotto, con dentro le chiavi di casa.
Chiusi la porta e respirai quell'aria pulita che quella mattina circondava Torino.
Sorrisi e iniziai a camminare.
Mentre camminavo, sentii il mio telefono vibrare, perciò lo presi e il mio cuore perse mille battiti quando lessi il suo nome.
Sorrisi stupidamente e risposi subito, non importava nemmeno dell'ora.
Aveva la voce talmente bella che avrei lasciato parlasse ininterrottamente anche alle sette di mattina, quando fuori pioveva ed io odiavo tutto.
«Sveglia presto stamattina?» dissi, scherzosamente, mentre sentii Álvaro ridere dall'altro capo del telefono.
La sua risata era la colonna sonora della mia vita. La sua risata mi scaldava il cuore, avrei potuto registrarla e ascoltarla la notte per riuscire a dormire meglio.
«Semplicemente non riuscivo a smettere di pensare a te.» disse, con una voce dannatamente provocante.
Dio.
«O-oh..» dissi, respirando con difficoltà dato il cuore impazzito.
«È bellissimo il fatto che tu non riesca a non far finta di niente, è una cosa che mi fa impazzire.» disse, mentre io mi torturavo le labbra.
Era lui a farmi impazzire. Mi faceva diventare matta, ed era per questo che lo amavo.
«Quanto vorrei vederti adesso, Dio.» dissi, e lo sentii sospirare.
Mi mancava il suo respiro sul mio collo.
«Abbi pazienza, oggi mi vedrai, ricordi ciò che ti ho detto ieri, vero?» domandò ed io sorrisi.
Quella "sorpresa".
«Si, hai intenzione di farmi una sorpresa, sbaglio?» domandai, mentre mi avvicinai al cancello.
«Oh, si, e ti piacerà.» disse.
«Mmh, se lo dici tu..» alzai le spalle e lo sentii ridacchiare.
«Ora devo andare.. Appena posso ti mando un messaggio.» dissi, mentre vidi in lontananza Diana mano nella mano con Claudio.
«Devi proprio andare?» disse, con una voce da bimbo.
«Purtroppo, si..» dissi, camminando lentamente verso i miei amici.
«Vorrei fossi qui, con me, nel letto, senza parlare, senza dire una parola, a guardarmi ancora così negli occhi, e ti abbraccerei a lungo, e ti guarderei negli occhi per così tanto da non riuscire più a vedere nient'altro. Che tutto il resto potrebbe non contare più così tanto, lo sai?» disse ed io mi appoggiai un attimo al cancello per riprendere fiato.
Io non sapevo davvero, come e quando quello fosse potuto accadere. Molti si innamoravano del sorriso, della voce, del modo di comportarsi di una persona. Io non avrei saputo rispondere con certezza; sapevo solo che un giorno avevo cominciato a sorridere al pensiero che ci saremmo rivisti, ma non avevo idea che sarei arrivata a questo punto.
Lo avevo capito subito, che mi sarei follemente innamorata di lui. C'era solo lui nei gesti miei, sempre più oramai c'era solo lui dentro me, tutto il resto era maledettamente invisibile.
«Non posso permettermi un infarto adesso..» dissi, sorridendo e riprendendo a camminare.
Si mise a ridere, un'altra volta.
«Adesso devo andare veramente, ci sentiamo dopo, okay?» dissi, vedendo Diana correre verso di me.
«Okay, ti aspetto.» disse e chiusi.
Riposi il telefono nella tasca e mi avvicinai alla mia amica.
«Buongiorno!» disse, abbracciandomi.
«Buongiorno a te!» le dissi, con uno stupido sorriso stampato in faccia.
«Sei bella quanto stupida con questo sorriso sulla bocca, sai?» disse, ridendo sotto i baffi.
«Ah, ah, ah. Idiota.» le feci una smorfia, ma ridemmo poco dopo.
Ci avvicinammo agli altri, li salutai e, tutti insieme, ci avvicinammo al portone per il suono della campana ed entrammo in classe dopo qualche secondo. Ci sedemmo e ci preparammo per la lezione di storia dell'arte, anche se l'unica arte che conoscevo io si chiamava Álvaro Morata.
STAI LEGGENDO
Hero. ||Álvaro Morata||
FanfictionLa perdita di un padre, la ricerca della felicità, la scoperta del suo eroe: la storia d'amore tra Álvaro Morata, calciatore della Juventus, e Maria, semplice ragazza dal passato difficile e turbato, la quale è più forte di qualsiasi altra cosa. Ma...