12.

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12.

Il fastidioso rumore della pioggia che batteva costantemente sull'asfalto mi svegliò da un sonno intenso e profondo.
Strofinai i miei occhi e guardai verso la finestra; aveva ricominciato a piovere un'altra volta, e forte, poi.
Era un sabato piovoso, molto piovoso.
Mi alzai con il busto e rimasi seduta sul letto, per poi girarmi e afferrare il telefono alla mia destra, appoggiato sul comodino. Accesi quest'ultimo e poco dopo vi apparve una delle tante foto che feci con il mio ragazzo; ritraeva me e lui, distesi, uno accanto all'altra, mentre io sorridevo con la testa immersa nel suo collo e un mio braccio gli accarezzava i capelli, e lui rideva.
Non sapevo cosa avrei dato per vederlo e sentirlo sempre ridere, ormai vivevo per quella risata, mi distruggeva e ricuciva subito dopo. Sentirlo ridere era come ascoltare, ammirare la pace e la forza di un fiume.
Sorrisi e guardai l'orario: 7:05.
Mi alzai definitivamente e andai verso l'armadio, prendendo poi un semplice jeans grigio a vita alta e un maglione nero molto comodo.
Presi in seguito l'intimo in pizzo nero andai in bagno a farmi la solita doccia mattutina.
Uscii dopo 10 minuti e avvolsi il mio corpo nell'accappatoio e i miei capelli in un'asciugamano più piccola.
Tornai nella mia stanza, dopo essermi asciugata per bene, e mi vestii, completando il tutto con le mie fidatissime Vans nere.
Andai in bagno, mi lavai i denti e mi asciugai i capelli, piastrandoli dopo averli asciugati appositamente.
Mi truccai con del semplice mascara e tornai nella mia stanza per preparare lo zaino. Lo presi, telefono compreso, e scesi in cucina.
Presi uno yogurt e, mentre lo mangiavo, mi arrivò un messaggio da parte di mia madre.

Mamma: Buongiorno tesoro, come stai? Sto per partire per Cuneo, appena posso ti chiamo! Buona giornata tesoro e mi raccomando! Ti voglio bene.

Lo lessi e sorrisi leggermente.

Io: Sto bene, mamma, e non preoccuparti! Ci sentiamo.. Ti voglio bene anche io!

Lo lesse ma non mi rispose, per cui lo infilai nella mia tasca e finii di mangiare lo yogurt.
Mi alzai dal tavolo e andai a prendere zaino, giubbotto e ombrello, per poi uscire di casa.
Iniziai a camminare mentre le gocce di pioggia battevano sull'ombrello, emettendo un suono alquanto fastidioso.
La pioggia per me aveva un grande significato; quando il mio papà morì, la gente cercava di intrattenermi e tirarmi su con la gettonata frase "Non preoccuparti, vedrai che dopo la pioggia, troverai il tuo sole."
Ma non era vero, non credevo più a niente.
Credevo solo che dopo la pioggia ci fossero le pozzanghere, in cui puntualmente inciampavi.
Che la pioggia fosse l'aria fredda, che ti solleticava il cuore. Che dopo la pioggia l'anima si facesse fredda, e lasciava spazio all'apatia e la poca voglia di vivere. Che dopo la pioggia ci fosse il malumore, l'indifferenza e la voglia di evadere. Che dopo la pioggia, le gocce d'acqua ti rimanessero incollate addosso, e non andavano più via. Che dopo la pioggia, non credessi più in niente. Che non si avesse più la forza d'andare avanti, ma non lo davi a vedere.
Che dopo la pioggia ci fossero i falsi sorrisi e le lacrime trattenute sul cuscino. Che dopo la pioggia ci fosse la solitudine, l'isolamento e la totale cattiveria, il muro anti-delusioni.
Che dopo la pioggia non ci fosse mai il sole. Dopo la pioggia, poteva darsi che le nuvole si spostassero poco a poco, ma poi sarebbe ritornato a piovere. Sempre.
Aveva piovuto tanto nella mia vita, da quel maledetto giorno. Avevo sperato così tanto nell'arrivo di qualcuno in grado di prendermi e portarmi via dal dolore, da quell'oblio, da quell'incubo. Qualcuno in grado di portare la luce nella mia vita ormai buia e priva di senso, e l'avevo finalmente trovato.
Quel ragazzo dagli occhi marroni era il mio sole, era arrivato all'improvviso e aveva fatto sì che io smettessi di piangere e iniziassi solo a ridere, lui mi illuminava la vita. Era il mio sole anche di notte, era il sole che mi aveva fatto sbocciare di nuovo. Sarebbe stato facile paragonarlo alle cose belle di questo mondo, ma tutto se messo al suo fianco sarebbe divenuto luminoso; avrei potuto, ad esempio, attribuirgli anche il nome del buio e, a un tratto, ogni cosa sarebbe iniziata a splendere di luce.

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