17.
Il calore che mi procurava il mio piumone bianco mi faceva sorridere e sogghignare di tanto in tanto nonostante dormissi profondamente, senza alcun pensiero per la testa.
Mi svegliai di colpo perché spostai la gamba verso una parte fredda del materasso e, ahimè, ci mancava poco che saltassi in aria a causa dell'impatto.
Mi strofinai piano gli occhi e sbadigliai, allungando la mano verso il telefono per controllare l'orario: 5:15.
Mormorai qualcosa di incomprensibile a causa dello stordimento e rimisi il telefono al suo posto e mi sdraiai di nuovo con l'intenzione di rimettermi a dormire, ma un rumore astruso mi costrinse ad alzare il capo verso la finestra: i rumori provenivano da lì.
Inarcai le sopracciglia, mi alzai piano e, avvicinandomi, mi accorsi che quel rumore proveniva da delle pietre minuscole lanciate verso la finestra.
Scostai la tenda bianca, aprii la finestra e mi affacciai per verificare di chi si trattasse nonostante fosse un po' buio: era quel pazzo di Álvaro.
«Cosa diamine ci fai qui a quest'ora?!» dissi, cercando di parlare il più piano possibile.
«Perché, ti ho disturbata, Giulietta?» la sua voce era più angelica del solito. Parlò con nonchalance, giocando con una pietra.
Era bellissimo, come sempre: indossava un maglioncino bianco, un pantalone in tuta grigio, il giubbotto di pelle ed il suo solito cappello indossato al contrario. Sotto il braccio destro sorreggeva 2 coperte, una viola scuro, una bianca a pois neri ed in mano, invece, teneva un termos, contenente del caffè.
«Eh no, mio caro Romeo, guarda un po', sono le 11 del mattino e sono più sveglia che mai, come vedi, sono ben vestita e truccata.» dissi, ironica.
Mi vergognai in quel momento; avevo un pigiama azzurro con delle scimmiette dappertutto, i capelli arruffati e non avevo un filo di trucco. Ero sicura si fosse spaventato alla vista di un cesso così.
«Saresti bella anche con la merda addosso, tu.» disse per poi mordersi il labbro.
Ero senza parole, non la riuscivo a smettere di sorridere ed ero sicura di sembrare una cretina per tutti i sorrisi idioti che nascevano sul mio viso in quel momento.
«Ruffiano. Cosa sei venuto a fare, quindi?» dissi, passandomi una mano tra i capelli.
«Raggiungimi e lo saprai. Scendi, su, ho voglia di baciarti.» disse, mandandomi un bacio al volo.
Sembravamo davvero Romeo e Giulietta.
«Sei un pazzo. Dammi 5 minuti e arrivo.» dissi, lo vidi sorridere e chiusi la finestra.
Sorrisi un'ultima volta prima di raggiungere il bagno, dove mi diedi una rinfrescata, mi lavai i denti e cercai di dare una sistemata ai miei capelli che in quel momento sembravano aver appena finito di combattere nella Seconda Guerra Mondiale, ma poi alla fine mi arresi e decisi di raccoglierli in una coda alta e stretta.
Applicai pochissimo mascara sulle mia ciglia e tolsi il pigiama, lanciandolo nel cesto dei panni.
Tornai nella mia stanza, aprii l'armadio ed optai di indossare un leggins grigio ed una felpa bianca lunga e larga, terminando il tutto con le mie fidatissime Converse bianche.
Presi il telefono e, con tutta la calma del mondo, scesi le scale, cercando di non svegliare mia madre, tornata quella notte stessa.
Presi le chiavi dal tavolo, indossai il giubbotto ed uscii di casa.
Camminai fino ad arrivare sul retro della casa, visto che la finestra della mia stanza si trovava lì.
Svoltai l'angolo e lo trovai là, appoggiato sul tronco di un albero, con le mani in tasca.
Si voltò verso di me dopo pochi secondi e, nonostante si vedesse poco o niente data l'ora, potei tranquillamente vedere il sorriso che nacque sul suo viso non appena mi vide; sarebbe stato capace di sciogliere tutti gli iceberg presenti sulla Terra.
Si precipitò da me alla velocità della luce e mi guardò dritto negli occhi, sorridendomi ancora.
Era incredibile il modo in cui la mia bocca,i miei occhi, il mio cuore e tutte le altre parti del mio corpo, anche le più insignificanti, sempre se potevano farlo, sorridevano quando me lo trovavo davanti. Era più forte di me, sarebbero potuti passare anche anni e anni, ma l'effetto che mi avrebbe fatto sarebbe stato sempre quello.
Mi abbracciò subito, prendendomi in braccio, facendo adagiare le mie gambe attorno il suo bacino.
Circondai il suo collo con le mie braccia e feci letteralmente imprigionare la mia testa nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla, e lasciai che il suo profumo mi riempisse l'anima.
Sentivo il suo cuore battere fortissimo, così come il mio, lasciando che entrambi formassero una melodia meravigliosa.
Iniziò a lasciarmi tanti baci sul collo, mentre mi sorreggeva con le mani sulle mie cosce.
Rimanemmo così per qualche secondo, fin quando non spostò la testa e si mise di fronte a me.
Feci lo stesso anch'io e non aspettò un attimo in più per baciarmi.
Lo sentii gemere leggermente mentre mi baciava, e questo mi fece sorridere.
Era la 1928289182esima volta che sorridevo quella mattina.
Mi mise giù, non staccando le sue labbra dalle mie.
Mi strinse i fianchi, facendomi inarcare così tanto la schiena che a momenti rischiavo di cadere giù.
Mi staccai e ci guardammo.
«Allooora, dov'è che vuoi portarmi, mh?» dissi, posizionando le mie mani dietro il suo collo.
«È una sorpresa.» esordì, prendendomi le mani per intrecciarle con le sue.
«Sei un'ansia continua, uffa.» feci il labbruccio, guardandolo come se fossi una bambina con l'intenzione di convincere la propria mamma a comprarle un giocattolo appena uscito, messo in bella vista in vetrina.
Solo che io volevo mi dicesse dove avrebbe voluto portarmi.
«E non hai ancora visto niente..» disse, mentre abbassò lo sguardo per prendere una benda nera, avvolta dentro le coperte.
Lo guardai stranita.
«Cosa vuoi farci con quella? Ah e poi perché hai portato questa coperta e questo termos? E poi perché a quest'ora? E poi per-» le sue labbra pressarono forte sulle mie, lasciando poi che la sua lingua entrasse nella mia bocca e si incontrasse con la mia.
Amavo quando tra tutti i mezzi che esistevano per farmi stare zitta, sceglieva questo.
Si staccò dopo un minuto buono, con il respiro un po' pesante, rimanendo comunque a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Dio, quanto parli.» sussurrò quasi, accarezzandomi la guancia sinistra con le nocche.
«Se è questa la pena da pagare, parlerò sempre.» dissi e gli diedi un ultimo bacio a stampo.
Si allontanò un poco e si schiarì la voce.
«Allora, tu indosserai questa e dovrai solo seguirmi, intesi?» disse, facendomi girare per mettermi quella benda attorno agli occhi.
«Okay, ma ora mi dici cosa c'entrano quelle coperte e quel termos che ti sei portato?» dissi, mentre finì di fare l'ultimo nodo alla benda.
«Chiedimelo un'altra volta e giuro su Dio che ti sbatto al muro e ti scopo da dietro.» sussurrò al mio orecchio.
Non so perché, ma l'idea di farlo mi incuriosiva da morire, forse mi eccitava anche.
Deglutii, sentendo il suo respiro sul collo.
«Non mi sembra il caso, almeno per ora, ecco.» sbottai e mi fece girare nuovamente verso di lui, con una sola differenza: non ci vedevo un cazzo.
«Quante sono queste?» lo sentii dire.
«Non vedo niente, mitico.» ironizzai e lo sentii ridere, seguito da me.
«Perfetto! Ora possiamo andare.» mi prese per mano e, dopo che prese il termos da terra, ci avviammo verso non so dove.
STAI LEGGENDO
Hero. ||Álvaro Morata||
FanfictionLa perdita di un padre, la ricerca della felicità, la scoperta del suo eroe: la storia d'amore tra Álvaro Morata, calciatore della Juventus, e Maria, semplice ragazza dal passato difficile e turbato, la quale è più forte di qualsiasi altra cosa. Ma...