13.

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13.

Álvaro:

Il sapore della vittoria, una squadra che non era proprio una squadra, bensì una famiglia, abbracci calorosi e tanti sorrisi: questa era la Juve, questi eravamo noi.
Un'altra vittoria, un altro passo per la felicità.
Io la felicità l'avevo già incontrata, la felicità l'avevo associata ad un paio di occhi blu mozzafiato e un paio di labbra da consumare a suon di baci e morsi. Se prima mi avessero chiesto cosa significasse essere felici e se, soprattutto, si potesse essere felici, io non avrei mai saputo cosa rispondere; invece, da un po', avevo la risposta più bella e concreta: la felicità era lei. Lei era il mio faro in mezzo al mare, e giorno dopo giorno mi accorgevo di amarla sempre di più, di non stancarmi mai di quel sentimento che ogni giorno mi faceva sentire sempre più completo. Quel sentimento che non decresceva mai e che ogni giorno che passava diventava sempre più intenso, senza limiti. Avrei voluto sapesse tutta la vita che mi dava quando sorrideva, della speranza che mi dava, perché in un certo senso, quando sorrideva, la mia vita si allungava un po' di più. Quanti sogni che stava avverando, le speranze che mi stava dando, la vita stupenda che mi stava facendo vivere. Perchè dovevo ammetterlo, era arrivata nel momento giusto, quando la mia vita sprofondava, quando mi sentivo perso, quando avevo paura di perdere me, ma lei c'era sempre stata. Non fisicamente, ma c'era. La sentivo, come un angelo. Un angelo che era entrato nella mia vita per salvarmi, per portarmi verso la serenità. E mi aveva salvato davvero.
Nessuna e, ripeto, nessuna era mai riuscita a farsi amare così da parte mia, nessuna mai sarebbe riuscita a farlo, perché lei, semplicemente com'era, era meravigliosa, il suo amore riusciva a farmi sentire completo, come se non avessi bisogno di nient'altro se non quello, che era diventato tutto per me. E, sincero, non avrei immaginato un singolo giorno senza di lei. Difficile da capire, magari da immaginare, ma era vero. La amavo senza confini. La amavo e certe emozioni si dovevano provare per poterle descrivere e la mia non era descrivibile. Era da vivere e basta. Da vivere per sempre.
Lei mi migliorava, mi migliorava in tutti i sensi; in campo, ero ritornato io.
Avevo voglia di fare, dribblare, fare goal, aiutare i miei compagni e trasmettere loro la forza che avevo dentro me.
Nonostante fossi entrato verso la fine, giocai perfettamente e arrivò anche il goal, il quale dedicai alla mia donna; la pensai intensamente, così come il resto della serata, e mi venne spontaneo poggiare la mano sul petto, sul cuore, proprio dove c'era non solo la mia squadra, ma anche lei.
Ogni volta che segnavo, era come se fosse la prima volta; il calore dei tifosi, gli abbracci con i propri compagni, mi facevano sentire un vero e proprio campione.
Quella sera, non vedevo l'ora di tornare a casa, solo per chiamarla e sentirla.
Arrivai dopo un bel po', dopo aver dato la buonanotte a tutti.
Mi lavai i denti, mi spogliai e mi misi a letto, prendendo subito il mio telefono, con le mani tremolanti.
La chiamai e aspettai, mentre il mio cuore batteva forte.
«Amore, Dio, mi sei mancato tantissimo, mio Dio, ti amo.» disse, non dandomi il tempo di parlare.
Quanto mi era mancata la sua voce, aveva la voce più bella del mondo.
«Fermaa!» dissi e ridemmo entrambi.
«Comunque, ti amo anche io e mi sei mancata da morire anche tu, non vedevo l'ora di sentirti di nuovo.» dissi e mi morsi le labbra.
«Cos'hai fatto?» mi domandò.
Puta madre.
Iniziai a diventare nervoso.
«Eehm, ho f-fatto tante cose..» dissi, un po' nervoso.
Dovevo trovare la forza per continuare a fingere.
«Tipo?» domandò nuovamente.
«Ehm, ho accompagnato Simone dalla sua ragazza, poi l'ho riaccompagnato a casa.. Poi, poi.. Ah! Sono andato a fare la spesa e poi sono andato al lavoro! Si, ecco cosa ho fatto!» dissi, esaltato.
Per complicarmi la vita ero il numero uno e non il numero nove.
«Ragazza? E tu l'hai vista anche?» domandò, un po' stizzita, ma mi sembrava stesse scherzando.
«Si.» dissi, sorridendo e parlando maliziosamente.
«Ah..» disse, con un tono abbastanza disinteressato.
Era gelosa e chiunque l'avrebbe capito.
Amavo l'idea che lei fosse gelosa di me, così come io lo ero di lei.
Andavo fuori di testa al sol pensiero di immaginarla tra le braccia di un altro, avrei commesso un omicidio.
«Sei gelosa?» domandai.
«Chi, io?» domandò a sua volta.
«Si, tu.» dissi, iniziando ad essere serio.
«Ma no, pf..» disse, per niente credibile.
Ma a chi voleva darla a bere?
«Posso dirti una cosa?» domandai ancora.
«Di' pure.» sbottò quasi.
«Ti amo ancora di più quando fai la gelosa.» dissi e lei non rispose subito.
Avevo centrato il bersaglio, in pieno poi.
«Adesso posso dirti io una cosa?» domandò, sospirando poco dopo.
«Claro que sí.» dissi.
«Io ti amo sempre.» disse ed io ridacchiai.
Mi sentii subito un colpo nello stomaco e migliaia di farfalle liberarsi, assieme a tutti gli altri animali dello zoo.
Morivo ogni volta che diceva di amarmi, impazzivo per lei.
«E comunque, stavo scherzando.. Non l'ho vista, nonostante la conosca e, anche se l'avessi fatto, non me ne sarebbe importato nulla, ho già te, che sei tanto, che hai tutto, che io lo so, che vivresti una vita per me. Scusa se insisto, scusa se te lo dico sempre, ma nessuna è più bella di te. Sei tu quella per me, solo tu. Nessuna mi guarda come mi guardi tu.» dissi e giurai di averla fatta emozionare.
«Ti amo, Álvaro, ti amo da morire. E ti amo come non amerò mai nessuno.» disse, ed io sorrisi.
Sorridevo sempre, ormai, ed era solo colpa sua, se guardavo tutto con un po' di amore in più, se da quando amavo lei, sorgeva amore anche dove non c'è.
«Ti amo anche io, muchísimo.» dissi e sospirai poco dopo.
«Non vedo l'ora di baciarti, di stringerti, toccarti, assaporarti.» continuai.
«Non chiedo altro.» disse.
L'universo era troppo piccolo per mettere alla luce ciò che provavo, il mio cuore finalmente riusciva a battere, ed era solo grazie a lei e alla semplicità con cui aveva reso il mio mondo meno vuoto.
«È così bello pensare che oltre che nei miei sogni, ci sei anche nella realtà. Ed ora, giuro, non so se andare a dormire per sognarti o continuare a parlarti e nello stesso tempo immaginarti qui con me.» dissi e abbassai il tono della voce, rendendola provocante.
«Possiamo incontrarci nei sogni tra poco, se vuoi. Chiudi gli occhi che tra poco arrivo anche io.» disse.
Non avevo mai sentito nulla di più romantico, era tutto meraviglioso.
«Fa' presto, que tengo ganas de tí.» dissi e la sentii sorridere nuovamente.
«Anche io.. Ci vediamo dopo, allora.» disse.
«Si.. Ti amo.» dissi, dopo aver sospirato.
«Spero soltanto che un giorno ci daremo la buonanotte in modo diverso e non attraverso un telefono.» continuai.
«Tipo?» domandò.
«Magari mentre ti tengo al riparo nelle mie braccia, guardandoti negli occhi per poi baciarti lentamente, e poi dirti che ti amo e che sei la cosa più bella che mi potesse mai capitare.» dissi.
Stavo pensando a quanto sarebbe stato bello un futuro di noi. La sveglia puntata 10 minuti prima per svegliarsi con calma, l'immancabile Nutella in tavola, ricordarci a vicenda le piccole imperfezioni dell'altro per stuzzicarci a prima mattina, i baci. Mangiare insieme, aprire il frigo perchè sicuramente ci sarà sempre qualcosa di più invitante, io che sparecchiavo e lei alla ricerca di eventuali "mostri" da uccidere, il disordine ovunque. E fare l'amore, prenderci in giro, giocare come bimbi senza preoccuparci di niente e di nessuno, perchè quelli eravamo noi.
Mi scappò un sorriso, chiunque mi avesse visto, mi avrebbe preso per stupido, ma se avessero visto, se avessero capito, avrebbero sorriso anche loro; il futuro non mi faceva poi così tanta paura se avessi avuto modo di condividerlo con lei.
«E tu non sai quanto vorrei guardarti dormire.» disse.
Oh, Dios. Non sapeva quanto anche io avrei voluto guardarla dormire, guardarla e pensare che avesse il volto dell'amore.
«Oh, ti amo.» dissi.
«Ci vediamo dopo, amore mio, ti amo anche io.» disse e ci salutammo.
Poggiai il telefono, chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo.
Lei era arrivata per togliere l'acqua che c'era sulla mia strada, che mi faceva scivolare, era arrivata lei per aiutarmi ad attraversare.

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