capitolo 2

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Seattle casa Cross, ore 7:00

Decisi di chiamare Tyler. <<Tyler! Tyler, sei sveglio?>>. Attesi qualche minuto, ma di lui nessun segno. Decisi di chiamarlo dall'interfono. <<Tyler, sei sveglio?>>. Niente, non c'era. Vista l'ora decisi di andare a fare colazione e chiedere a Greta che fine avesse fatto Tyler. Quando arrivai in cucina, davanti agli occhi mi si parò una visione scioccante. Forse era dovuta alla mancanza di sonno, ma quello che vidi di certo non me lo sarei mai immaginato. Tyler e Greta che pomiciavano. E da quando quei due stavano insieme? Di certo io non ne sapevo niente. Cercai di schiarirmi la voce. Niente, erano così presi, che non mi sentirono. Ci riprovai, questa volta con più vigore. Questa volta mi sentirono, e vedendo che li avevo beccati sul fatto, si staccarono immediatamente. Greta si diede una sistemata per l'imbarazzo. Invece Tyler mi lanciò un'occhiata come per dirmi che aveva fatto centro.
<<Ehm... Tyler, ti stavo giusto cercando>>, gli dissi cercando di trattenere le risate.
<<Mi scusi, adesso sono a sua completa disposizione>>.
<<Non devi scusarti, Tyler. Infondo anche tu hai una vita>>, gli dissi facendogli l'occhiolino, <<Andiamo nel mio ufficio, devo palarti di una cosa>>.
<<Si, signore>>.
Giunti nel mio ufficio gli diedi il fax che mi aveva mandato James. Dopo che ebbe finito di leggerlo mi chiese, <<Che si fa adesso?>>.
<<Dobbiamo andare in banca>>.
<<Conosco quello sguardo, e so che ha in mente qualcosa di non buono>>, mi disse sconcertato. Sapevo che in realtà era curioso di sapere, che avevo in mente, così gli spiegai il mio piano.

Seattle, ore 7:30

Giunti in banca, ci recammo nell'ufficio del direttore.
Bussai alla porta. <<Avanti!>>, disse la voce dall'altra parte della porta. Quando entrai il direttore Johnson si alzò dalla sedie e si diresse da me a grandi falcate e con un sorriso a trentadue denti.
<<Che piacere averla qua, signor Cross. A che devo la sua visita?>>. Mi strinse la mano con troppo vigore per i miei gusti. <<Prego si accomodi. Desidera qualcosa da bere?>>, mi chiese nell'istante in cui mi accomodai.
<<No, grazie. Sono qui perché vorrei prelevare una grossa somma di denaro>>.
<<Quanto per l'esattezza?>>, mi chiese.
<<Non saprei. Dipende da quanti soldi possano entrare in una valigetta>>. Johnson mi guardò come se fossi fuori di testa, il che mi divertì.
<<Dipende tutto dal taglio di banconota, signor Cross>>, mi spiegò.
<<Capisco. Allora metta delle banconote di grosso taglio>>.
<<Per quando gli servono?>>, mi chiese incominciando a sudare.
<<Adesso>>, dissi come se niente fosse.
<<Come scusi? Non credo che sia possibile, signor Cross>>.
Dovevo farmi dare quei soldi a qualunque costo. <<Be', per me può fare un eccezione, visto che sono il suo cliente più importante. O vuole perdere il suo cliente più importante?>>. Cercai di giocarmi la mia carta.
<<Certo che no... e va bene, ma solo per questa volta>>, accettò.
<<Bene, è bello trattare con lei>>. Era stato fin troppo facile convincere il direttore, <<Quanto tempo ci vorrà per avere i soldi?>>.
<<Mezz'ora va bene per lei?>>, mi chiese inghiottendo un groppo di saliva per il nervosismo.
<<Sì, può andare>>.

Seattle, ore 8:00

Mezz'ora dopo mi trovavo in auto diretto al night club, con una valigetta piena di soldi e con una cartellina, con dei documenti. Fin'ora il mio piano andava per il verso giusto, speravo che continuasse ad andare bene. Se avessi fallito non mi sarei dato pace fino alla fine dei miei giorni. Non sapevo bene il perché, ma desideravo ardentemente salvarla. Chissà, forse perché mi ricordava lei, il mio grande amore o forse perché mi ricordava me. Qualunque cosa mi spingeva a salvarla, sapevo che era la cosa giusta da fare. Lei non si meritava tutto questo, anche se non la conoscevo, qualcosa dentro di me mi diceva, che lei era una persona buona e andava salvata.
<<Signore, siamo arrivati>>, mi disse Tyler destandomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà. Scesi dall'auto ci dirigemmo direttamente nell'ufficio del proprietari del night club che ci stava aspettando.
<<Salve signor Cross, a che devo la vostra visita, e soprattutto, perché mi avete telefonato chiedendomi di far venire il mio avocato?>>, mi chiese tutto d'un fiato. Il tipo era un po' nervosetto e anch'io lo stavo diventando.
<<Semplice, vorrei comprare il suo night club>>, gli dissi col mio fare professionale.
<<È per caso uno scherzo?>>, mi chiese scoppiando a ridere.
<<Certo, che no! Io sono intenzionato a comprare il suo night club>>. Iniziavo ad irritarmi. Chi si credeva di essere per ridermmi in faccia a quel modo!? Be', tra un po' sarei stato io quello che rideva.
<<E perché vuole comprare il mio night club? Lei di certo non è tipo da comprare un posto del genere>>. Mi guardò in modo strano.
Eccone un altro che pensava che fossi gay. <<Perché a certi miei clienti piacciono queste cose, quindi ho pensato, perché non possederne uno per far divertire i miei clienti?>>. Chissà se ero riuscito a convincerlo, speravo di si.
<<Mmm... capisco, e quindi lei ha deciso di comprare proprio il mio night club?>>.
<<Sì, perché il suo è il migliore. Io punto sul meglio del meglio>>, gli dissi con tono di sfida. Adesso spettava a lui cogliere la sfida. Vendere o non vendere? Dal suo sguardo deducevo che non era molto convinto, quindi decisi di giocarmi la mia arma vincente. Feci segnale a Tyler di avvicinarsi con la valigetta. Quando l'aprì il proprietario del night club sgranò gli occhi dallo stupore.
<<Ehm... quanti soldi sono?>>, mi chiese.
Aprii la cartellina ed estrassi il contratto e gli indicai la scritta con la somma che conteneva la valigetta. Era incredulo quando vide la somma.
<<Lei vuole comprare il mio misero night club a questa somma esorbitante?>>, mi chiese ancora più incredulo.
<<Sì, sa sono un tipo generoso>>, gli dissi semplicemente, anche se non sospettava minimamente cosa c'era sotto.
<<Oserei dire che è fin troppo generoso... va bene, accetto la sua offerta>>. Aveva un sorriso stampato in faccia che andava da una parte all'altra.
Bene, la fase due era andata a buon fine.
<<Perfetto, non resta che far controllare il documento al suo avocato e poi firmare>>.
<<Non ce né bisogno, firmo subito>>. Aveva fretta di accaparrarsi i soldi il tizio.
Firmati i documenti, l'ex proprietari e il suo avocato se né andarono via portandosi con se la valigetta piena di soldi. Così mi accomodai alla mia nuova scrivania.
Finalmente questo posto era diventato mio e potevo portar avanti il mio piano.
<<Signore, dora in avanti sarò il suo assistente, mi chiamo Benjamin>>, mi disse un tipo un po' stempiato e occhialuto. Cadeva proprio a fagiolo.
<<Perfetto! Faccia venire qui la signorina che si fa chiamare, si guarda ma non si tocca>>, gli ordinai.
<<Mi scusi signore, oggi la signorina non è di servizio>>, mi spiegò occhialuto.
<<Bene, allora chiamala e digli che il nuovo capo la vuole incontrare>>, gli ordinai.
<<Sì, signore>>. Estrasse il telefono ed usci dalla stanza.
Chissà come si sarebbe presentata, vestita da si guarda ma non si tocca, oppure da Emma Greene? Speravo tanto che si sarebbe presentata Emma. Dieci minuti dopo occhialuto mi comunicò che entro mezz'ora sarebbe arrivata. Ordinai di lasciarci soli quando lei sarebbe arrivata. Per ingannare l'attesa mi misi a curiosare in giro. C'erano poster di ragazze seminude o proprio nude in posizioni provocanti ovunque. Non sapevo se toglierle o no, visto che non sarei rimasto allungo in quel posto. Così decisi di continuare a curiosare. Il tizio aveva una vasta collezione di video porno. <<Bleah, che gusto ci trova a guardare questa roba? Che maniaco>>. Poi trovai anche una vasta collezione di riviste di ragazze nude. Ne presi una per dargli un'occhiata. <<Che ne trae a guardarle e basta, non lo capisco proprio>>. In quel momento qualcuno entrò nella stanza senza neanche bussare, per lo spavento mi cadde la rivista dalle mani. Mi voltai di scatto per capire chi era, anche se già sapevo che era lei. In quell'istante la vidi, ma non era chi mi aspettavo.
Era lei, il mio grande amore, che ora mai credevo perduto per sempre. Cosa ci faceva qui? E dov'era Emma? E poi capii. La ragazza che avevo tanto amato al liceo, la quale non conoscevo il nome era Emma, che avevo conosciuto ieri sera, in realtà erano la stessa persona. Non riuscivo a credere ai miei occhi, era così cambiata. Era diventata ancora più bella, adesso era una donna e non più una ragazza del liceo.
<<Ti ho beccato con le mani nel sacco>>, mi disse sarcastica, <<potrei sapere che cosa ci fa qui?>>.
<<Mia cara, io sono il nuovo proprietario>>,dissi beffardamente con un ghigno. Appresa la notizia rimase di sasso dallo stupore. <<Cosa?Come? Cioè... Perché?>>, balbettò cercando le parole giuste.
<<Perché? Perché sei licenziata>>.
<<Cosa!?! E perché? Per caso è perché ti ho cacciato via?>>. Era decisamente infuriata con me, per sicurezza indietreggiai di qualche passo.
<<C'è anche un ma>>, le spiegai.
<<Ma cosa!?!>>, mi urlò.
<<Sei assunta>>. Quando pronunciai quelle parole, la sua espressione da arrabbiata, cambiò da confusa.
<<Ti spiego. La mia domestica non fa altro che lamentarsi continuamente che da sola non ce la fa a badare a quella casa grande, così ho pensato, perché non tu
<<Però sapevo che non sarebbe stato tanto facile assumerti, o quanto meno convincerti a lasciare questo lavoro, per venire a lavorare per me>>, le spiegai.
<<Così tu hai comprato questo night club, solo per assumermi come tua domestica?>>. Era di nuovo arrabbiata.
Mi sa che questa volta avevo esagerato, ma dovevo rimediare in qualche modo.
<<Io l'ho fatto solo per te, per darti un'altra possibilità>>.
<<Tu sei completamente folle. Non ne vale la pena spendere tutti quei soldi per me>>.
Si che ne valeva la pena, soprattutto adesso che sapevo che lei era la ragazza che avevo tanto amato.
<<Perché pensi questo?>>, le chiesi con tristezza.
<<Be', tu nemmeno mi conosci...>>. Non le diedi nemmeno il tempo di concludere la frase che la interruppi, <<E invece si, io ti conosco abbastanza bene>>. Presi dalla cartellina il fax che mi aveva spedito James e glielo diedi. Quando iniziò a leggerlo fece una faccia che non mi piacque tanto, presagiva guai. Iniziavo a sentire molto caldo e sudavo anche. Caspita, mi innervosiva proprio quella ragazza. Quando finì di leggere, mi guardò più furiosa che mai.
<<Tu, come hai osato sbirciare nella mia vita privata! Tu non ne avevi il diritto!>>. Era proprio furiosa e io incominciavo a sentire ancora più caldo.
<<Lascia che ti spieghi>>.
<<No! Non ti lascio spiegare!>>.
Cercai di nuovo di spiegarle, ma ad un tratto tutto si fece buio.

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