capitolo 10

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Seattle, due giorni dopo.

<<Emma, quanto tempo ti ci vuole per prepararti?!>>, le gridai impaziente dal soggiorno.
<<Un attimo, devo essere impeccabile>>, gridò dalla stanza da letto.
<<Donne, si fanno sempre attendere>>, commentò Tyler.
Mi voltai per guardarlo storto. <<Che vorresti dire, Tyler?>>.
<<Ehm, niente signore, ero sovrappensiero>>, si affrettò a dire, ma avevo capito cosa intendeva.
<<Eccomi, scusa per il ritardo, ma avevo un ciuffo che non ne voleva proprio saperne>>. Sentii la sua voce lamentarsi, voltandomi, rimasi letteralmente a bocca aperta. Indossava uno dei vestiti che avevamo comprato insieme, ma l'ultima volta non le stava così bene. Forse saranno i capelli raccolti che le scoprivano il collo, che lasciavano libero spazio all'immigrazione o forse era il trucco leggero e ben curato, oppure, ero io che l'amavo sempre più, il fatto stava, che era splendida.
<<Come sto?>>, mi chiese.
<<Ehm, bene>>, fu l'unica cosa che riuscii a dire. Si precipitò da me per darmi un lungo bacio, ma fummo interrotti dal tossire di Tyler.
Ci guardammo imbarazzate. <<Anche tu stai bene>>. Mi fece l'occhiolino.
Salimmo in auto, il tragitto fu lungo e abbastanza silenzioso. Dopo un po' arrivammo a destinazione.
Mi voltai verso lei porgendole la mano, le chiesi: <<Sei pronta?>>.
Prese un gran respiro. <<Sì>>.
Scesi dall'auto aiutandola ad uscire. Fummo accecati dai flash dei fotografi, ci stavano quasi soffocando, per nostra fortuna intervenne Tyler. Presi la mano di Emma stringendola saldamente alla mia.
Cercai con lo sguardo il dottor Black, dopo un po' l'ho vidi che sventolava il braccio. Trascinai Emma con me verso il dottore, volevo che la conoscesse.
<<Salve Erick>>, mi salutò con un sorriso.
<<Salve, dottor Black, le vorrei presentare Emma, la mia fidanzata>>. Gliela indica con un gesto della mano.
<<Finalmente ho l'onore di incontrarla, signorina. Così lei è la ragazza che è riuscita a far breccia nel cuore del nostro Erick, eh?>>. Le fece il baciamano, sentii dentro di me una punta d'irritazione.
<<Sì, sono l'unica è la sola che gli ha rubato il cuore>>, gli sorrise.
<<Allora, lo tagliamo o no questo nastro?>>, m'intromisi, non sopportavo quella situazione, ebbene sì, ero gelosa del dottor Black, anche se si avvicinava alla cinquantina, era pur sempre un uomo affascinante e faceva scalpore tra le ragazze e le donne.
<<Sì, hai ragione. Seguitemi, prego>>. Ci condusse verso l'entrata, dove vi avevano messo un nastro rosso con un fiocco al centro. Il dottor Black mi offrì le forbici, mi misi in posa per qualche scatto e tagliai il nastro in quel momento ci fu un applauso collettivo.
Emma venne da me per farmi le sue congratulazioni. <<Posso fare una pazzia davanti a tutti?>>, le chiesi con un sorriso beffardo.
<<Che hai in mente?>>, mi chiese curiosa con un sorrisetto complice.
<<Voglio baciarti davanti a tutti, posso?>>.
Fece finta di pensarci un po' su. <<Mm... fammici pensare... sì, certo che puoi>>.
La strinsi a me e la baciai come non mai, in quel momento non c'era più nessuno, c'eravamo solo noi due.
<<Ti amo>>, le sussurrai dopo che ci fummo staccati, ma lei si limitò solo a sorridermi. Perché non riusciva a dirmi che mi amava? Le era così difficile o era perché non mi amava? Questo dubbio mi dilaniava.
La serata passò in fretta, i fotografi ci fecero molte foto e dissi loro che Emma era la mia fidanzata, smentendo le voci che circolavano su di me.

Seattle, casa Cross ore 01:00 del mattino.

Arrivati a casa, mi feci una doccia veloce, indossai il pigiama e m'infilai sotto le lenzuola. Dopo un po' Emma mi raggiunse, si stava per accoccolare sul mio petto, ma mi girai dall'altra parte, come una stupida si intende.
<<Cosa c'è?>>, mi chiese, ma non le risposi.
Si buttò pesantemente su di me cercando di attirare la ma attenzione. <<Cosa c'è?>>. Iniziò a baciarmi il collo.
Sospirai. <<A volte, penso, che tu non provi nulla per me, che mi vuoi solo per i miei soldi>>. Mi tolsi quel gran peso dallo stomaco.
<<Come puoi pensare una cosa del genere>>. Esclamò, era ferita dalle mie parole.
Mi voltai per guadarla negli occhi. <<Sei tu che me lo fai pensare. Perché non mi dici che mi ami?! Non pretendo che me lo dica sempre, ma almeno una volta mi piacerebbe sentirtelo dire...>>, mi s'incrinò la voce.
<<Io... io...>>.
<<Non lo sai vero?!>>. Non riuscivo a sopportare il modo in cui mi guardava. Mi alzai dal letto e me ne andai.
<<Dove vai?>>, mi chiese con un filo di voce.
<<Lontano da te, ho bisogno di starmene per conto mio>>. Non riuscivo a sopportare quell'atmosfera che si era creata tra noi.
Mi andai a rifugiare nel mio studio, visto che ancora non potevo suonare, andai lì.
Non sapevo che fare, io la amavo, ma lei? Era questo il mio dilemma costante, ma perché dovevo farmi venire questi dubbi in testa! E poi come avevo potuto dirle che stava con me solo per i miei soldi, lei si era innamorata di me quando andavamo al liceo e allora non ero ricca, e poi lei non sapeva niente di me. Sì, ma chi mi assicurava che era vero? In fondo non avevo mai letto il suo diario, potrebbe essersi inventato tutto. No, ma che stavo pensando, lei non era una persona del genere o si?
Passai l'intera notte a rimuginare come una stupida, ma non arrivai ad una conclusione. Per il momento non avevo voglia di vederla, così decisi di andare a svegliare Tyler, per dirgli di andare al lavoro presto, così Emma non sarebbe venuta con noi. Per mia fortuna Tyler non chiese il perché Emma non venisse al lavoro con noi, apprezzandone il gesto.

Seattle, ore 08:00

<<Buongiorno signor Cross, oggi la signorina Emma non c'è?>>, mi chiese stranita Margaret al mio arrivo.
<<No, sta poco bene>>. Ero triste e probabilmente l'aveva notato.
<<Capisco... desidera qualcosa, signore?>>.
<<Solo restare solo e non essere disturbato>>.
Mi guardò per un po' con un'aria rattristata, ma non disse nulla e se né andò.
Restai per non so quanto tempo a fissare il vuoto. Non potevo starmene così per una sciocchezza! Quando sarebbe stata pronta, me lo avrebbe detto di certo, sì perché lei mi amava e lo sapevo. Perché mai mi dovevo fare tutti questi dilemmi assurdi?! Sono solo una stupida, è solo questo il problema e basta! Mi alzai ed uscii dall'ufficio.
<<Torno subito!>>, dissi a Margaret quando mi vide uscire in fretta e furia dal mio ufficio.
Sapevo cosa fare per chiederle scusa.
Andai nell'antiquariato che era vicino alla mia società. Non era molto grande, ma aveva per qualche strana ragione sempre quello di cui avevi bisogno.
<<Buongiorno>>, dissi al proprietario entrando.
<<Buongiorno signor Cross, ha bisogno di aiuto per caso?>>, mi chiese cordiale.
Mi avvicinai al bancone. <<Avrei bisogno di qualcosa per chiedere scusa a colei che amo>>. Dal suo sguardo intuii che aveva ciò che cercavo.
Andò nel magazzino per tornare poco dopo con in mano un ciondolo a forma di cuore.
<<Questo è il cuore degli innamorati. Si dice che quando lo si dona alla persona che si ama, quest'amore durerà in eterno, anche se quest'amore sarà ostacolato>>, mi spiegò, <<dietro c'è anche un'incisione: Io e te per sempre>>, mi fece notare. Sì, ero venuta nel posto giusto.

Seattle, casa Cross ore 14:00

Di ritorno a casa, chiesi a Tyler che volevo lasciata un po' di privacy per chiarirmi con Emma e lui mi propose di portarla nell'unico posto dove avremo potuto avere un po' di privacy.
Andai a cercarla in biblioteca, e come pensavo la trovai lì. Mi schiarii la voce per far sentire la mia presenza, alzò un attimo lo sguardo, ma lo riportò immediatamente sul libro appena vide che ero io.
<<Emma, posso portarti in un posto?>>. Niente, era come se non esistessi per lei.
Mi avvicinai a lei con passo lento. <<Lo so che sono una deficiente e che non ti merito, ma per favore, posso portarti in questo posto?>>, la supplicai.
Chiuse il libro rassegnata. <<Ti odio>>, mi disse arrabbiata, ma sapevo che non diceva sul serio.
<<Ed io ti amo più della mia stessa vita e di ogni altra cosa>>. Queste parole venivano dal profondo del mio cuore ed erano puramente vere e dalla sua espressione vedevo che anche lei provava lo stesso per me.
<<Vieni>>. Le offrii la mano che accettò. Mi seguì senza dire niente.
La portai nell'unico posto in cui mi sentivo in pace e a casa, e non era l'orfanotrofio.
Comprai dei fiori al solito posto e le offrii una rosa bianca, che lei accettò molto volentieri ed attraversammo il cancello. La condussi verso il posto di riposo dei miei genitori.
Misi i fiori nel vaso. <<Ciao, mamma e papà, vi voglio presentare Emma>>.
Mi guardò per qualche secondo, notai che aveva gli occhi lucidi, poi si voltò verso la lapide. <<Salve signori Cross, è un vero piacere conoscervi>>.
<<Volevo che li conoscessi, che loro vedessero che persona meravigliosa sei, ma soprattutto, volevo scusarmi con te. Potrai mai perdonarmi?>>. Ero davvero dispiaciuta per quello che avevo fatto.
<<Devi capire che, se non ti dico quelle parole, non vuol dire che non le provi, non te le dico solo perché... be', insomma... m'imbarazza dirle, tutto qui>>. Era diventata tutta rossa in viso.
Scoppiai a ridere. <<Sai che credevo. Non devi essere imbarazzata, è normale dirsi queste parole fra innamorati>>.
<<Sì, ma io mi vergogno>. Si voltò dall'altra parte per nascondersi dalla vergogna.
Mi avvicinai a lei. <<Ti amo>>, le sussurrai.
Stava per voltarsi ma la fermai. <<Chiudi gli occhi, ho una sorpresa per te>>. Presi il ciondolo dalla tasca per metterglielo al collo.
<<È bellissimo>>, mi disse meravigliata quando aprì gli occhi e lo vide.
<<Ti piace?>> le chiesi titubante.
<<Sì, moltissimo>>. Mi saltò al collo abbracciandomi di gioia.
<<Sai, questo è il ciondolo degli innamorati. Si dice che quando lo si dona alla persona amata, quest'amore durerà in eterno, anche se quest'amore sarà ostacolato>>.
<<Sul serio?>>, mi chiese meravigliata.
<<Sì, è quello che mi hanno detto, c'è anche un'incisione sul retro>>, le feci notare.
<<Io e te per sempre>>, lesse, mi guardò meravigliata.
Non resistetti più a quell'impulso, così la baciai, mi era mancata così tanto, ero stata una stupida ad arrabbiarmi con lei.
<<Torniamo a casa>>, le proposi dopo esserci staccate.
Qualcosa fra noi era cambiato, ci amavamo ancor di più ed eravamo più unite.

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