Lucy si avvicinò a Emma tendendole la mano. <<Ciao, sono Lucy, la migliore amica di Erika>>.
Si avvicinò a Lucy stringendole la mano. <<Ciao, io invece sono Emma, la ragazza di Erika>>.
Si guardarono con intensità, come a volersi sfidare o fulminare a vicenda. Dovevo intervenire. <<Ehm, Lucy, ci vediamo... Emma, andiamo>>. La trascinai prima che si ammazzassero a vicenda e conoscendo Lucy, era possibile.
Finalmente arrivammo alla meta, la mia casa sull'albero, il mio rifugio segreto. <<Eccoci arrivati!>>.
<<Una casa sull'albero?>>.
Mi voltai per guardarla. <<Non è una semplice casa sull'albero, è il mio rifugio, direi una specie di fortezza della solitudine>>, le spiegai.
<<La tua fortezza della solitudine, eh?>>. Mi guardò alzando un sopracciglio.
<<Sì, vieni, saliamo>>.
<<Sei sicuro che ci regga?>>. Era preoccupata.
<<Se sapessi che non fosse sicura, di certo non t'inviterei a salire>>.
<<Va bene, mi hai convinto, però aiutami, non sono tanto coordinata>>. Ridacchiammo.
<<Sì, ok. Salta su!>>. Le offrii la mia schiena per salirci. <<Tieniti forte e non cadere>>.
<<Ci provo>>, mi disse preoccupata.
Mi arrampicai su per la scaletta, arrivati in cima, ebbimò qualche difficoltà, ma ce la fecemmo comunque a salire.
<<Ti piace il mio rifugio?>>, le chiesi.
<<Sì, è bellissimo, ben arredato e anche pulito>>. C'era qualcosa che non andava nella sua espressione.
<<Cosa c'è che non va?>>, le chiesi preoccupata.
<<Tu e questo posto, e intendo l'orfanotrofio, avete qualche legame?>>.
Era giunto il momento della verità. <<Siediti>>, le indicai una sedia, ubbidiente si accomidò.
<<Bene... io sono cresciuta qui, in questo orfanotrofio, me ne sono andata da qui per frenquentare l'ultimo anno di liceo>>, le raccontai.
<<I tuoi ti hanno abbandonato?>>, mi chiese con tristezza.
<<No... sono... morti>>, mi riuscii difficile e doloroso dirglielo, ma alla fine ce la feci.
<<Mi dispiace...>>.
<<Anche a me>>. Avevo voglia di piangere e di urlare, ma resistetti solo per lei.
<<Ce la fai a raccontarmi dell'altro?>>, mi chiese preoccupata.
<<Cosa vuoi sapere?>>.
<<Tutto quello che riesci a dirmi>>.
Ce la potevo fare. Presi un gran respiro e incominciai a raccontare. <<Quando avevo quasi sei anni, io e i miei genitori, andammo a festeggiare il loro anniversario di matrimonio... quel giorno pioveva, io avevo un gioco nuovo e quindi richiamavo la loro attenzione... un tizio con un autotreno ci venne addosso... i miei morirono sul colpo...>>, mi si strozzò la voce in gola.
Appena mi vide così, si precipitò ad abbracciarmi forte. <<Va tutto bene, ci sono io adesso>>, cercò di confortarmi.
<<Prima di te niente aveva senso, ero come un involucro vuoto, un automa che ripeteva sempre e solamente le stesse cose, che non aveva uno scopo nella vita, non mi importava di niente e di nessuno, neanche della mia stessa vita. Poi t'incontrai e tutto cambiò. Avevo preso più interesse alla vita, iniziai a sorridere e a ridere, iniziai anche a parlare...>>.
<<Cosa, non parlavi?>>, mi chiese incredula.
<<No, per via del forte trauma emotivo smisi di parlare>>.
<<E come facevi a comunicare?>>. Era confusa.
<<Con il linguaggio dei segni>>, le spiegai.
<<Capisco>>.
<<Cos'altro vuoi sapere?>>, le chiesi.
<<Cos'è che mi nascondi?>>. M'indicò il torace.
<<Durante l'incidente, riportai gravi ferite, contusioni, fratture, lacerazioni, ma la cosa più grave era qui>>. Le indicai la parte destra del mio petto.
<<Cosa avevi qui?>>, mi chiese preoccupata.
<<Avevo una scheggia di vetro conficcata che mi perforò il polmone destro, purtroppo per salvarmi la vita hanno dovuto asportare una porzione non molto grande del mio polmone>>, le spiegai.
<<Ora stai bene?>>.
<<Sì, solo che non posso partecipare alla maratona>>. Finalmente riuscii a strapparle un sorriso.
<<E poi cosa ti è successo?>>.
<<Rimasi in coma per quasi un mese, dopo il mio risveglio ero confusa e disorientata, avevo perso momentaneamente la memoria, ma la recuperai quando iniziai ad avere gli incubi>>. Era sempre doloroso ricordare e raccontarlo lo era ancor di più, ma dovevo farcela.
<<Dovetti fare molta riabilitazione per le fratture che avevo riportato, e poi finii qui>>.
Restammo in silenzio a guardarci negli occhi per un tempo che sembrò un eternità.
<<Andiamo a casa?>>, mi chiese ad un tratto.
<<Sì, torniamo a casa>>.
Prima di andare salutai i bambini e Suor Lucrezia, volevo salutare anche Lucy, ma non c'era ed io sapevo benissimo il perché. Giunti in auto dissi a Tyler che aveva il resto della giornata libera e che poteva portare Greta dove gli pareva a spese mie.
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Amore Segreto
RomanceQuesta storia parla di una persona che pur di fare successo nel mondo degli affari ha dovuto rinunciare a tutto, perfino alla sua identità, ma tutto cambierà quando incontrerà... . . . . . . DA REVISIONARE.