Due anni prima
Questa mattina mi svegliai con l'intento di parlare con Suor Lucrezia di una cosa alla quale sto pensando da parecchio tempo, così andai da lei.
Bussai alla sua porta. <<Avanti!>>, rispose.
Aprii la porta ed entrai timidamente con lo sguardo rivolto verso il basso. <<Ciao Erika, c'è qualcosa che non va?>>, mi chiese col sorriso sulle labbra.
"Vorrei dirle una cosa", le dissi con il linguaggio dei segni. Era dalla morte dei miei genitori che avevo smesso di parlare ed erano passati quasi tredici anni da quel giorno. I medici e il dottor Black dicevano che potevo parlare normalmente ma il trauma emotivo mi bloccava e per questo non proferivo parola e per questa ragione mi fu insegnato il linguaggio dei segni per poter comunicare con gli altri.
<<Dimmi pure, Erika>>, mi esordì.
"È da un po' che ci penso e vorrei frequentare l'ultimo anno di liceo". La sua espressione mi diceva che non era molto d'accordo.
<<Erika, quello è un mondo che non conosci, i ragazzi a volte possono essere molto cattivi>>.
"Suor Lucrezia, sto per compiere diciotto anni e riceverò il denaro dei miei genitori...".
<<Erika, sappi che puoi restare tutto il tempo che vorrai>>, mi disse interrompendomi.
"Suor Lucrezia, lei non capisce, io voglio studiare per poter ringraziare di essere ancora viva", cercai di farle capire le mie intenzioni.
<<Cosa vorresti fare di preciso, Erika?>>, mi chiese un po' scettica.
"Vorrei avviare una mia impresa e aiutare gli altri", le spiegai con serietà.
Suor Lucrezia rimase per qualche momento in silenzio pensierosa. <<Facciamo un patto. Se ti faccio andare al liceo e le cose non vanno per il meglio tu, non ci dovrai andare più, intesi?>>.
"Intesi", annuì felicissima. Volevo tanto abbracciarla ma non lo feci.
Mi congedai e andai in camera mia a riferire a Lucy che sarei andata al liceo.
Aprii la porta ed entrai in stanza trovando Lucy intenta a combinarne una delle sue.
Chiusi la porta rumorosamente per far sentire la mia presenza. Lucy dallo spavento nascose "l'arma del delitto" dietro la schiena. <<Miseria ladra Erika, credevo che fossi Suor Lucrezia!>>. Mi divertivo sempre a coglierla sul misfatto e farle credere che ero Suor Lucrezia, ma non lo davo a vedere.
"Ho una notizia da darti", le comunicai.
<<Oh, che notizia?>>, mi chiese tutta euforia.
"Suor Lucrezia ha accettato di farmi frequentare l'ultimo anno di liceo". La sua espressione era al dir poco sconvolta.
<<Io dico, ma sei impazzita?! Quelli là ti massacreranno!>>, era sconvolta. Che faccia che aveva.
"Sta tranquilla, me la caverò", la rassicurai.
<<Vengo con te!>>, mi disse all'improvviso.
"No, è una cosa che devo affrontare da sola", ed ero seria al riguardo.
Mi guardò accigliata. <<Se è quello che vuoi io non te lo posso impedire, ma sta attenta>>, mi raccomandò infine.
"Sta tranquilla, sono più forte di quel che sembro".
<<Lo so>>, mi disse un po' rassegnata. <<be', se non ti dispiace continuo a fare quello che stavo facendo>>.Era arrivato il giorno della mia partenza. Poiché il liceo era lontano dall'orfanotrofio, il dottor Black, si era offerto volentieri ad ospitarmi a casa sua e accompagnarmi tutti i giorni a scuola per agevolarmi le cose, e si era anche offerto di comprarmi il materiale scolastico.
Prima di salire in auto salutai tutti, ma arrivato il momento di salutare Lucy non la vidi, non era lì insieme agli altri. Di sicuro era andata a combinarne una delle sue. Decisi di andare a cercarla.
Andai nella nostra stanza ma non c'era, così andai a cercarla nel nostro rifugio segreto.
Salii sulla casa sull'albero e arrivata in cima la trovai lì. Stava piangendo. Mi avvicinai cautamente a lei sedendomi sul pavimento . Quando si accorse della mia presenza si asciugò in fretta le lacrime. C'era un silenzio assordante.
<<Mi mancherai>>, mi disse ad un tratto.
"Anche tu mi mancherai", ed era vero.
Mi guardò intensamente negli occhi, si avvicinò a me e mi diede un bacio sulle labbra. <<Sta attenta>>, mi raccomandò.
Non sapendo che fare annuii e me ne andai.
Arrivata davanti l'auto ci salii un po' spaventata e dopo che richiusi lo sportello partimmo.
Dovevo dire che ero un po' confusa da quel bacio improvviso. Chissà cosa avrà voluto dirmi Lucy con quel bacio? Probabilmente era il suo modo per dirmi addio. Mi mancherà tanto la mia migliore amica.Seattle, ore 7:00 del mattino
Buio. Silenzio. Nient'altro che buio e silenzio. Ad un tratto sentii un odore metallico e il buio si mutò in rosso, non so come, ma mi guardai i palmi delle mani ed erano ricoperte di sangue, come se esso sgorgasse da egli stesse, ma non era così. Iniziai a gridare in preda al panico, ma nessuno mi sentiva, nessuno veniva da me, ero completamente sola.
Mi svegliai di soprassalto, ora mai erano anni che facevo quegli incubi, da quando avevo recuperato la memoria dopo l'incidente con i miei genitori.
Qualcuno bussò alla porta ed entrò, era il dottor Black con in mano un vassoio con la mia colazione. <<Ti ho portato la colazione, avrai bisogno di forze per il tuo primo giorno di scuola>>, mi disse col suo tono da medico. <<hai avuto un altro dei tuoi incubi vedo>>. Mi guardò con aria preoccupata. <<Tranquilla, mangia tutto e poi preparati che si va a scuola>>.Seattle, ore 8:30. Primo giorno di scuola.
Prima di passare dal suo studio, il dottor Black mi accompagnò nella mia nuova scuola. Dovevo ammettere che ero un po' in ansia, ero agitata ma non lo davo a vedere perché non volevo far preoccupare il dottore.
<<Bene Erika, eccoci arrivati, questa è la tua nuova scuola>>, mi disse voltandosi per guardarmi in faccia.
Mi misi lo zaino in spalla, scesi dall'auto chiudendo lo sportello e salutai il dottore con un cenno della mano. Più di questo non riuscivo a trasmettergli e mi dispiaceva perché non se lo meritava.
Prima di salire in auto, il dottor Black mi aveva dato l'orario delle lezioni e la mappa della scuola. Caspita, quella scuola era un vero e proprio labirinto.
Mi recai alla mia prima lezione sperando che tutto andasse per il meglio.
Quando entrai in aula l'insegnante mi guardò per poi dirmi: <<Tu devi essere la nuova alluna, dico bene?>>. Io per tutta risposta annuii.
<<Tranquilla, conosco la tua situazione e farò in modo che i tuoi compagni ti trattino bene>>, mi sorrise per poi aggiungere, <<prego, scegli un posto e siediti>>. Feci come mi fu chiesto andandomi a sedere infondo alla classe.
Dopo un po' arrivarono i miei compagni di classe, erano dei tipi strani.
Il professore si alzò dalla sedia. <<Ragazzi, come vedete c'è nuova alunna, è sordomuta, quindi trattatela con il dovuto rispetto altrimenti verrete sospesi>>, dopo di ché si accomodo.
Chi gli aveva detto che ero sordomuta? Di certo non ero sorda, ci sentivo meglio di chiunque altro se non lo sapesse e potevo anche parlare, solo che non lo facevo da anni oramai.Finalmente le prime ore erano terminate ed era arrivata la pausa pranzo. Non ne potevo più di quelle occhiate fugaci, tutti erano intenti a guardarmi come se avessi qualcosa di strano.
Dalla mensa presi solo una mela e un tè freddo, il resto non mi attirava, aveva un aspetto strano. Andai a cercare un posto dove non vi era seduto nessuno e mi accomodai a mangiare la mia mela. Come era accaduto in classe tutti mi fissavano dandomi un gran fastidio, così presi e me ne andai fuori da lì. Fuori dalla mensa c'erano delle panchine e mi andai a sedere lì indisturbata. Nel momento in cui mi sedetti, vidi di fronte a me una ragazza bellissima intenta a scrivere, probabilmente sul suo diario da quel che intuii. In vita mia non avevo mai visto una ragazza di tale bellezza, sembrava un angelo caduto dal cielo. Rimasi per tutto il tempo a guardarla fino a ché la campanella non suonò destandomi da quella splendida visione. Chissà come si chiamava quell'angelo...I giorni passarono e anche i mesi e la scuola era in subbuglio per gli esami finali, ma io ero tranquilla perché sapevo che li avrei superati a pieni voti.
In quei mesi avevo passato tutte le pause pranzo ad ammirare quella ragazza senza che lei se ne accorgesse senza sapere neanche il perché, mi sembrava tanto triste e sola, in un certo senso eravamo simili.
Uscii dalla classe per andare alla prossima lezione. Mentre passavo per gli armadietti, sentii chiudersi uno sportello che attirò la mia attenzione e vidi degli occhi grigi che mi fissavano. Mi accorsi che erano gli occhi di quella splendida ragazza. Mi sentii come invasa da una scarica elettrica che non ti dava un senso di dolore, ma di benessere, ed era come se ad un tratto il tempo si fosse fermato ed esistessimo solo io e lei. Ad un tratto un ragazzo ci passò davanti interrompendo il nostro contatto visivo, quando si spostò, lei se ne era andata via. In quel momento, in cui i nostri sguardi s'incontrarono, capii due cose. La prima, lei aveva gli occhi verdi e non grigi, seconda, avevo capito una cosa importante, la amavo.Fine.
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Amore Segreto
RomanceQuesta storia parla di una persona che pur di fare successo nel mondo degli affari ha dovuto rinunciare a tutto, perfino alla sua identità, ma tutto cambierà quando incontrerà... . . . . . . DA REVISIONARE.