XXVIII

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Sto volando, sono sopra al mondo, sopra agli alberi, sopra la gente. Non vedo niente, solo nuvole. Nuvole che sembrano zucchero filato, bianche, delicate, morbide come il cotone, sembrano sempre lontane, nascondono ciò che si trova sotto, coprono il vuoto. L'ignoto, il mistero, il terrore di essere nel nulla. L'avventura, il viaggio, la libertà. E il sole che illumina tutto, il cielo azzurro, l'ala dell'aereo.
- Rieccomi. - dice Joe sedendosi accanto a me.
- C'era coda al bagno. - si giustifica per l'assenza durata più del previsto.
- Sicuro sia stata la fila a trattenerti?
- Perché?
- Sappiamo tutte come hai perso la verginità...
- Non l'ho fatto con una hostess.
- Io non ho detto nulla. Perché ti difendi se nessuno ti ha accusato?
- Capisco il motivo per cui non hai compagnia.
- Mi viene naturale. - gli sorrido.

- Allora... cos'è che ti rilassa? - mi chiede.
- Nulla mi rilassa. - gli rispondo.
- Ci sono cose che mi rendono felice, soddisfatta, sicura, ma non che mi calmino. C'è sempre qualcosa che può capitarmi, la vita è imprevedibile. Non sai mai cosa potrebbe succedere. Anche se hai programmato tutto.
- Deprimente.
- Ma vero. - concludo.
L'aereo sta atterrando. Ho la pelle d'oca, il cuore che mi batte a mille, i brividi, tutto. Mille pensieri che mi girano in testa, nemmeno la cintura mi tiene a bada. Ansia, nausea, pressione, ansia di nuovo. Sto fluttuando? L'aereo continua a frenare, io faccio un respiro profondo. Agitata, effervescente, nervosa. Mi tengo stretta al sedile. Un tonfo: l'aereo è atterrato. Faccio un sospiro di sollievo.
Parigi. Parigi. Parigi Parigi Parigi. Ora non ho nient'altro in testa. Voglio scendere e toccare il suolo parigino, girare per le strade della città, visitare i musei, respirare l'aria di Parigi, mangiare il cibo che mangiano gli abitanti di questa fantastica ma a me ancora sconosciuta città.
L'ho sempre vista solo in foto, o dietro ad uno schermo; l'ho sentita raccontare dalla gente, dai libri. La sto per toccare e assaporare, la sto per scoprire con i miei occhi. E so che non mi deluderà.

Una volta fermi, chiedo il permesso di utilizzare l'altoparlante. Dopo aver ricevuto il consenso, con le ginocchia tremanti per l'eccitazione dell'essere nella mia città preferita, comincio a parlare:
- Per favore, facciamo un applauso al pilota per averci fatto arrivare a destinazione senza farci schiantare! - esclamo.
Uno scroscio di applausi, insicuri, ironici, decisi, seri, si estende dalla testa alla coda dell'aereo, accompagnato da qualche risata.
- Lo fai sempre quando viaggi? - mi chiede Joe mentre recupera il mio zaino dalla cappelliera.
- Solo a volte, quando lo ritengo necessario. - Ricevo il mio bagaglio e ringrazio lo youtuber.
- Altrimenti mi congratulo da sola con il comandante. Qualcuno dovrà riconoscere il suo lavoro, no?
- Necessario in che senso? - Si sposta verso il suo sedile, accanto a quello di Caspar, per prendere il suo bagaglio.
- Necessario. Tipo: ehi, nessun terrorista in giro per i cieli; o: se ci sono stati problemi ai motori, sei stato bravo a farci atterrare sani e salvi!
- A parlare con te si finisce sempre per deprimersi. - ripete.

Ho visto un tweet dei fans dove dicono di essere all'aeroporto ad aspettarci. Corro davanti al gruppo, con il trolley e lo zaino alle spalle, che rimbalza ad ogni mio passo, per potermi affacciare per prima e vedere quanti sono. Supero anche le guardie del corpo e arrivo davanti alla porta automatica da dove esce chi arriva. Il sensore, alla mia presenza, fa aprire la porta, e improvvisamente li vedo. Sono inaspettatamente più di quanti me ne immaginassi, ed esultano alla mia comparsa. Hanno portato dei cartelloni. Rimango a bocca aperta per la sorpresa dell'affetto che in questo poco tempo mi stanno dimostrando. Il mio battito cardiaco è aumentato, non solo per la corsa, ma per l'emozione di essere arrivata in una nuova città e di sentirmi già a casa. Faccio un passo indietro, e la porta si chiude. I ragazzi urlano il mio nome in coro, vogliono che usciamo. Appena il resto degli youtubers mi raggiunge, la porta automatica si riapre, e un ammasso di ragazzi strilla, spinge le altre persone che aspettano i loro amici o familiari che devono anche loro uscire da quella porta. I ragazzi ci chiamano in una grande confusione, le voci si sovrappongono, ed è difficile capire chi stia urlando cosa. La security dell'aeroporto interverrà tra non molto, ma questo non sembra nemmeno sfiorare le menti di quei ragazzi e di quelle ragazze. I loro genitori provano a farli calmare, ma sanno che non è facile. Inoltre, sono in minoranza.
Abbiamo il tempo di firmare solo qualche autografo e di fare un paio di foto. Dopodiché dobbiamo lasciare i ragazzi nelle mani della security dell'aeroporto.
Incontriamo una signora sul metro e settanta, capelli raccolti in uno chignon basso, qualche ruga e un sorriso accogliente. Attorno a lei, una ventina di guardie del corpo, pronte a scortarci.
Si presenta, Brigitte Chevalier, l'organizzatrice del viaggio e responsabile del nostro soggiorno a Parigi.
Parigi. Ancora non ci credo.

Veniamo scortati e guidati fino ad un pullman per turisti, troppo piccolo dall'esterno per contenere tutti noi. Lasciamo le valigie all'autista, che le ripone in uno scomparto all'altezza delle ruote. Scopro che c'è un altro pullmino per le guardie del corpo e altre persone dello staff.
La signora Chevalier sale subito dopo di me e si siede vicino all'autista. Noto che in fondo si sono seduti i quattro amichetti, Joe, Caspar, Oli e Josh, e vedo che tutti stanno vloggando. Decido di sedermi da sola vicino ad un finestrino, isolata come sempre, e di continuare anch'io il mio vlog. Che asociale. Asociale pessimista.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 28, 2016 ⏰

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Jolie || a Joe Sugg fanfiction (Italian)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora