XII

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- Julie!
- Joe?! Tu cosa ci fai qui, a quest'ora?
- No, perché TU non eri qui fino a quest'ora? *fa una pausa* Cosa fai con loro due? - dice non appena vede Laurent e Larry.
- Non sono affari tuoi, e ora fuori di qui! - faccio attenzione a non urlare, o potrei svegliare gli altri ospiti.
Siamo tutti e quattro nella suite, Joe è a qualche metro di fronte a me.
- Cosa volevate fare in questa camera voi tre, eh?
- Joe, cosa stai dicendo?
- Dovreste vergognarvi. Approfittarsi di una ragazzina...
- Scusa?? Uno: come ti viene in mente? Due: come mi hai chiamata? Tre: non usare quel tono con loro!
- Uso il tono che mi pare con questi due negri!
Giuro che lo ammazzo, prima o poi.
- Non è molto carino fare commenti razzisti. - interviene Laurent.
- Vuoi qualcosa di carino oltre a lei? Tieni!
Joe alza la voce e gli tira un pugno in faccia.
Larry fa per vendicare suo fratello, ma lo fermo; mi metto fra Laurent e Joe, e spintono quest'ultimo, che cade, per sua fortuna, sul mio letto.
Non ce la faccio più. Se c'è una cosa che non sopporto, è il razzismo. Seguito inoltre da un pugno?
- Basta. C'è un limite a tutto. Come ti permetti, Joe? In questo momento ricambierei ciò che hai fatto, ma mi limito ad uno spintone.
Mi giro verso i due gemelli.
- Laurent, come stai?
Gli ha fatto un occhio nero. Dove l'ha trovata tutta quella forza? Non sarebbe MAI in grado di picchiare così la gente!
- Sei pazzo?
La mia attenzione si sposta fra l'aggressore e l'aggredito.
Prendo il telefono e chiamo quelli dell'hotel; chiedo del ghiaccio.
Faccio sedere Laurent sul letto con suo fratello accanto, dopo aver cacciato Joe sulla poltrona.
- Perché non hai risposto alle chiamate e ai messaggi?
- Continui? Perché non te ne stai un po' zitto?

Julie è seduta lì, sul letto, insieme a quei due ragazzi e con una busta di ghiaccio. Parlano in francese. Poco dopo si alzano e Julie li accompagna alla porta. Si salutano con un abbraccio e con un bacio sulla guancia, nel caso del ragazzo con l'occhio nero. Poi lei si ferma davanti a me.
- Bravo. Hai colpito uno più grande di te. Complimenti. Ti senti meglio? - mi rimprovera.
- Che ti è saltato in mente, Joe? Cos'è successo? Ti stai vendicando per il fatto che non ho cenato con te? - continua.
Ha le braccia conserte.
- No!
- E allora?
- Non lo so.
- Sei totalmente fuori di testa. Come ti permetti di parlare così a due miei carissimi amici? Non provarci più, hai capito? Con nessuno! Dov'è finito il rispetto? Ti è sembrata la mossa giusta da fare in quel momento? Non pensi prima di agire?
Sembro un cane bastonato.
- Joe, erano in due. Più grandi di te. Gemelli. Avrebbero potuto pestarti pesantemente. Fa' vedere la mano.
Si avvicina a me e si inginocchia per controllare lo stato della mia mano.
- Mi fa male il pollice, e le nocche sanguinano leggermente.
- Furbo sei. Dai un pugno e non lo dai nemmeno come si deve. Il pollice va tenuto fuori. Non sporcare niente di sangue. Oppure lo pulisci con la lingua.
Torna sul suo letto.
- Mi aiuti a disinfettarmi?
- No. Arrangiati. E poi vattene. Ho sonno. E quando te ne vai, molla la chiave della suite.
Ok... Tanto a casa ho una persona che se mi vede non mi caccia.
Me ne vado senza salutare.

(Thug life)

Finalmente sola.
Il nervosismo. Il nervosismo e la rabbia che mi sono venuti quando lo ha insultato e poi colpito.
La preoccupazione. Gli ha fatto un occhio nero. Spero riesca a ballare, dopo questa notte.
Lo stupore. Da quando Joe è in grado di fare cose del genere? Perché?
La rassegnazione. Non sa come tirare i pugni. Fatti suoi.

Finalmente a casa.
Mi curo la mano e scendo in camera. Caspar mi sente e viene a vedere cosa è successo.
Siamo seduti sul bordo del mio letto.
- Che hai fatto alla mano? - mi chiede con tono tranquillo.
- Niente.
- Joe, io non sono come Julie: quando chiedo cosa è successo, lo voglio sapere, non mi lascio sopraffare dalla sensazione di violare la privacy di quella persona. Soprattutto se quella persona è uno dei miei migliori amici e il mio coinquilino.
- Ho fatto a pugni con uno.
- Sì, certo. Dai, a me puoi dire la verità. - mi dà una pacca sulla spalla.
- Ho colpito uno di quei ballerini...
- Joe, sul serio.
- È la verità, Caspar!
Involontariamente alzo la voce.
- Calmati, ok? Ammesso che sia vero, com'è successo?
- Ero andato da Julie per parlarle. Si era fatto tardi. A proposito, come mai sei ancora sveglio?
- Continua.
- Ok. Me ne stavo per andare, quando la porta della camera si è aperta. L'ho vista, e lei per prima cosa mi ha chiesto che cosa ci facessi lì.
- Ha ragione.
- Puoi farmi parlare? Lo so che ha ragione! Comunque. Non era sola: c'erano anche quei...
- Laurent e Larry.
- Come fai a sapere i loro nomi? Sei una specie di... agente segreto?
- Non fare domande.
- Lo prenderò per un sì.
- No, non sono un agente segreto. Sono solo una persona che si informa.
- Dicevo. Ero un po' infastidito per il fatto che si approfittassero di lei..
- Tanto da colpirne uno?
- Bé, ecco..
- Qualcuno è geloso, non è vero?
A Caspar compare un sorriso in viso.
- No! Certo che no! Te l'ho detto: si stavano approfittando di una ragazza più piccola!
- E quindi il prode cavalier Joe ha pensato di difendere la povera ragazza indifesa agendo senza interesse personale... Quanto ci credo. Buonanotte.
Se ne va nella sua camera.

Le otto. Sarebbe teoricamente l'ora di alzarsi, ma sono troppo stanca... decido di dormire ancora per due minuti. Ma chi voglio prendere in giro? Due ore dovrebbero bastare. O quando mi andrà di svegliarmi.
No. Qualcuno non vuole che io riposi ancora per un po': in questo momento mi sta chiamando al cellulare. Controllo chi è... Joe. Non voglio parlargli.
Secondo squillo... di nuovo Joe. Metto giù.
Terzo squillo. Indovinate? Joe!
Al quarto squillo non mi scomodo nemmeno a vedere chi è e rispondo:
- Insomma, cosa ti dice il cervello? Se non ti rispondo, un motivo ci sarà!
- Infatti ti sto chiamando dal cellulare di Caspar.
Controllo la schermata. Effettivamente risulta Caspar il chiamante. Eppure sto parlando con Joe.
- Che vuoi a quest'ora della mattina? Se non mi sbaglio eri tu quello che si lamentava per il fatto che fosse troppo presto.
- E se non sbaglio, eri tu quella che si sveglia alle otto. Comunque ti ho chiamata per chiederti se potevamo vederci, oggi.
- No. Perché?
- Di solito le persone normali chiedono prima il perché, poi decidono se accettare l'invito o no...
- Chi ti ha detto che sono normale?
- Dicevo... oggi DOBBIAMO vederci.
- E perché?
- Dobbiamo parlare.
- Di cosa? Non abbiamo nulla da dirci!
E in più non lo voglio neppure vedere.
- Le cose che sono successe in questi due giorni mi hanno fatto capire che non ci conosciamo ancora bene.
- Forse tu non mi conosci, ed è meglio così.
- Ma se dobbiamo recitare la parte dei fidanzatini, qualcosina dovremmo sapere dell'altro!
- Quindi mi stai chiedendo un aiuto per migliorare la tua finzione?
- E anche la tua..
- Ehm.. no. La mia è perfetta.

Bel carattere mi dicevano, prima di incontrarla. Bel carattere veramente.
Non mi arrendo.
- Mi basta un'oretta. Dai!
- Sei proprio disperato, Joe.
Potessi, metterei giù, ma devo convincerla.
- Allora?
- Cinque minuti, dici che ti vanno bene?
- Quaranta.
- Dieci.
- Trenta.
- Venti e non se ne parla più.
- Ok.
- Ci vediamo da te alle due.
Chiude la telefonata.
Decide sempre lei. Sempre.

Jolie || a Joe Sugg fanfiction (Italian)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora