Chilometri per sentirsi più vivi

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Gli anni sono tappe inevitabili che segniamo con i nostri passi inesorabilmente inesperti.

A un anno di vita ho imparato a camminare senza barcollare.
A due anni ho trovato il modo di farmi capire senza balbettare.
A tre anni ho scoperto la matematica contando solo fino a dieci e già la odiavo.
A quattro ho messo sotto sopra un asilo.
A cinque è caduto il mio primo dentino ed inoltre, sperimentavo il detto "chi trova un amico trova un tesoro".
A sei iniziavo ad imitare mamma prendendo i tacchi di nascosto e impasticciandomi la faccia col rossetto.
A sette ho messo da parte le bambole e ho iniziato ad amare la geografia.
A otto c'è stata la migliore scoperta della mia vita: il grande amore per la chitarra abbandonata del nonno e le prime lezioni. Il catechismo con Don Peppino e la prima infatuazione per un bambino di nome Antonio.
A nove anni il primo indimenticabile viaggio in treno verso Perugia per le vacanze di Natale e la passione innata per tutta la musica.
A dieci la comunione e il pudore nelle confidenze meno assidue con i genitori.
A undici le medie, le prime problematiche sociali, i cazzotti con il proprio riflesso nello specchio e la prima rissa con l'antipatica miss perfettina della classe.
A dodici la prima vera cotta, il primo filone, il primo e traumatico ciclo e la comparsa dei brufoli.
A tredici il primo bacio impacciato con i denti che si scontrano, la lingua che non sa dove andare e un fidanzatino poco esperto.
A quattordici il primo quattro a scuola per la voglia di pensare ad altro: sempre un nuovo ed affascinante Lui della 5b della ragioneria pronto ad imbrogliarmi il cervello ed il cuore con uno stupido sorriso ingannatore.
A quindici anni la prima sigaretta rubata dal pacchetto di papà e le prime delusioni dal genere umano.
Il rifugio nella collezione Harmony, la voglia di bruciare tappe e crescere per percorrere il mondo a grosse falcate.
I mille vorrei ma non posso ancora.
A sedici le prime grandi litigate con mamma per gli orari di rientro a casa e la prima storia d'amore seria: Marco.
A diciassette la prima sbronza ed il vomito nel parcheggio di un locale notturno con lo stesso fidanzato. La prima volta che ho fatto l'amore nella macchina di suo padre.
Più doloroso che bello, ma comunque indimenticabile il senso di sentirsi diversa dopo.
Il sentirsi quasi un'altra.
Forse un po più donna di prima e guardavo il mondo da una prospettiva adulta.
Un occhio più esperto, meno innocente, imparavo a giocare col corpo e mi rendevo conto di sapere e volere cose mai immaginate.
Ricordo la prima ed ultima volta che ho comprato il test di gravidanza con Marco per la paura di essere rimasta incinta, nonostante tutte le precauzioni.
A diciotto anni.... beh a diciotto anni ti aspetti il paradiso e invece è solo il purgatorio.
Finalmente arriva quella tanta agognata maggiore età, e poi?
E poi che fai?
Il sole è sempre lo stesso in cielo ed anche il tuo riflesso.
Spesso da bambini si pensa che a diciotto anni cambi la vita, si aprano porte, portoni, finestre, case e frontiere, e invece, ti prendi solo alcune responsabilità insieme a qualche firma su fogli incomprensibili e la possibilità di votare.
A diciotto anni ho avuto anche le più grandi sfuriate della mia vita.
Ho discusso con mio padre sui suoi progetti per me.
Ho litigato con Marco, volevo lasciarlo perché io non riuscivo più a perdermi nei suoi occhi, al massimo mi ci potevo specchiare per quanto erano verdi e cristallini, ma non era tutto quel sentimento incombente e invincibile che si trova spesso nei film.
La verità è che io mi ero innamorata dell'amore ma mai proprio di lui.
Mi batteva il cuore a cento, ma io sapevo che poteva arrivare a mille. Sapevo che c'era di più e non volevo farmi bastare quello.
Non volevo accontentarmi.
Volevo raggiungere gli apici e ammirare dalle vette fin dove si poteva arrivare.
Lui era sempre stato un bravo ragazzo e carino anche, quello quasi perfetto.
Era stato semplicemente il primo.
Era stato il primo ad avvicinarsi alle emozioni più grandi, quello che non si può scordare insomma, ma forse troppo insicuro, con iniziative e aspettative poco ambiziose rispetto alle mie.
Le altre lo reputavano "bonaccione" ed amorevole, ma io avevo quella vena di spirito libero, che come una farfalla, voleva volare anche su altri fiori per capire se il polline aveva anche un altro sapore.
Era troppo presto per fermarmi a pensare sul serio ad un noi.
Ho dovuto desistere a quella scelta.
Sono andata avanti lo stesso.
Per tenerezza e per il rispetto delle prime esperienze condivise insieme, ho dato a lui la stupida occasione di farmi innamorare a pieno, e a me la possibilità di capire un sentimento ancora mai realmente raggiunto.
A diciotto anni ho anche urlato a più non posso a casa per far capire che non volevo andare all'Università.
Sono scappata di casa per una settimana, facendomi ospitare a casa della mia fedele amica Giorgia, ma poi sono ritornata.
Solo perché dovevo, ma in realtà il mio scopo era sempre stato quello di fuggire e trovare un posto nel mondo che mi appagasse l'anima, e non soltanto le tasche dei pantaloni griffati.
E così, a diciotto anni non è cambiato quasi nulla in sostanza, se non l'acuimento del mio carattere ribelle, solo celato dall'età ma sempre esistito.
A diciannove anni ho preso la patente.
Ho trovato lavoro a orario continuato dal parrucchiere, ma non mi andava di farmi comandare a bacchetta per una misera paga, e me ne sono andata.
Ho fatto la barista, quella delle pulizie, la call center ed infine la segretaria di una pediatra.
A vent'anni, cioè in quel momento, in quella vita in salita, stavo pensando veramente di andare via.
Non erano solo le solite parole.
Agivo.

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