Illegale

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Il citofono bussava e stavolta chiuso in una scatolina c'era una collana a fiorellino.
Un altro marchio.
Un'altra firma su conti non richiesti.
Un altro biglietto nella busta. Destinazione New York, stavolta.

"Sempre il tuo corteggiatore?"
"Marta questo oltre ad avere gusto, devi ammettere che ha anche un bel portafoglio! Ma quando ti decidi a dirci chi è?"
E mentre in casa riecheggiavano ancora sciocche frasi di stupore, io fingevo di non conoscere il mittente di quei pacchi, ma ovviamente nessuno mi credeva.
Di sicuro, però, non avrebbero mai capito che io, quando alzavo la radiolina a tutto volume sul singolo L'amore si muove, era per via di un insospettabile collegamento carnale per il più alto dei tre.
Di sicuro non avrebbero mai capito che se ogni tanto strimpellavo con la mia chitarra e canticchiavo quella melodia virale, era perché c'era lui nei miei pensieri inimmaginabili.
"Oh beata te che li hai incontrati dal vivo. Io prima o poi lo devo prendere il biglietto per un loro concerto!" aveva detto Monica sfiorando con l'indice la foto del Meet&Great a Milano appoggiata sul mio comodino.
"Anche a te piace Il Volo? Io impazzisco per Piero Barone.....lo trovo estremamente virile con quel fisico che si ritrova e quella voce così potente. È da brividi!" aveva esclamato invece Anna tornando a casa una mattina e sorprendendomi a suonare.
Mi ero scoperta brava a simulare indifferenza e a non imbarazzarmi inutilmente se casualmente li nominavano per un apprezzamento o se apparivano in televisione.
Ascoltavo in silenzio i loro commenti anche piccanti.
Io tutti quei regali non volevo accettarli, ma poi cercavo di dargli la mia immagine ideale.
Cercavo di idealizzarlo mentre li sceglieva per me come un gesto carino, ma magari, in fondo preferivo un semplice fiore.
Avrei preferito una semplice frase scritta in un biglietto anche accartocciato, ma d'altronde, io questo non lo potevo pretendere perché erano cose da fidanzatini.
Ed il problema è che noi donne, spesso e volentieri, ci imponiamo di non aspettarci niente, ma la speranza, inevitabilmente la riponiamo sempre.
A noi donne se dovessero attribruirci un colore, dovrebbero assegnarci il verde.
Il verde perché siamo quelle che crediamo in tutto, nei miracoli e nell'evoluzione di un cambiamento, forse perché noi li facciamo.
Il verde perché speriamo sempre, ovunque e per chiunque.
Siamo quelle che credono fino in fondo senza stancarsi mai e siamo quelle che vedono anche senza metterci l'occhio.
Siamo quelle che credono, sognano e non si rassegnano, e siamo quelle che pur di ottenere battono la testa contro un muro.
Questo è il nostro miglior difetto ma il nostro peggior pregio.
È inutile negarlo, ma questo non sempre vuol dire che ci fa più deboli.
No.
Questo è giusto e ci fa solo più vive.

Quella mattina io ero consapevole che si chiamasse amore quel battito cardiaco inspiegabilmente agitato quando, con un eccessiva forza nelle mani, avevo strappato la carta regalo dalla scatolina di velluto.
Avevo capito in quel momento esatto che il cuore era un obiettivo troppo sensibile anche per me.
Era una mira facile da prendere per centrare il bersaglio e la sua freccia, aveva fatto breccia troppo facilmente.

Due giorni dopo ero in volo per New York.
Avrei mai potuto rifiutare?
Certo che no, perché io con la scusa di starci a letto, lo amavo in silenzio dietro un viso truccato e vestitini agghindati.
Sorvolando l'Atlantico ad alta quota, mettevo per la prima volta piede nella Grande Mela.
Ad accogliermi un inverno rigido, una vista affascinante, luci in ogni direzione, la neve candida, la fretta della gente, la velocità dei mille taxi gialli fra le vie infinite, i marciapiedi affollati e grattacieli vistosi a torreggiare.
Fuori dall'aeroporto JFK avevo trovato lo stesso Ignazio ad aspettarmi in una macchina dai vetri oscurati.
Io avrei voluto abbracciarlo, invadere il suo profumo e magari baciarlo, ma lui si era limitato a due freddi baci sulle guance.
"Come è andato il viaggio? Sei riuscita a riposare?"
"Ma quale riposare! Ho visto film, ho ascoltato musica e ti ho pensato"
"Mmmm allora hai fatto di sicuro un buon viaggio se hai pensato a me...E di preciso cosa hai pensato?"
"Che sei uno sciocco vanitoso e pure antipatico! Così mi saluti?"
"C'è troppa gente qui. Saliamo che non voglio attirare attenzione" aveva detto chiudendo il portabagagli con le mie valigie e guardandosi intorno.
"Perché hai portato la chitarra?"
"Ah io la porto ovunque.... non riesco a stare senza. Cosa facciamo adesso?"
"Che ne pensi di un giretto per la città? Poi però ti devo lasciare sola perché ho l'intervista con i ragazzi"
"Va bene, vuol dire che mi godo New York. Non posso ancora credere di esserci venuta veramente!" avevo detto guardando sognante dal finestrino.
Avevo l'aria da bambina e gli occhi lucidi di un'emozione nuova.
"Sono solo un paio d'ore. Il tempo di qualche domanda e il dovere di incontrare delle fans, poi sono tutto per te"
"Si certo però non ti prendere troppe libertà con loro"
"Sei gelosa?"
"No. Perché dovrei esserlo? Io e te non siamo niente in fondo, giusto Ignazio?"
"Giusto"
Poi il silenzio.
Ci sprofondavo in quell'assenza prolungata di rumori.
Ci sprofondavo in quel nascondermi per fingermi completamente immune ed immutata di fronte ai suoi sentimenti illegali.
Si, perché secondo me, era illegale non innamorarsi arrivati a quella confidenza raggiunta.
Illegale, perché la nostra strana storia andava avanti senza costruire fondamenta.
Illegale, perché era impossibile continuare a credere che andasse bene così e che fra di noi non fosse mai cambiato niente.
Illegale, perché era contro natura.
Forse all'inizio volevo veramente solo divertirmi, ma poi qualcosa era virato da solo.
Illegale, forse perché le donne sono inevitabilmente diverse dagli uomini sul modo di pensare.
Il problema è proprio il fatto che loro non pensano talvolta.
Loro agiscono secondo le loro soddisfazioni e i loro scopi egoisti.
Giusto.
Perché secondo lui, noi non eravamo niente di importante alla fine di tutti quei miei sforzi per seguirlo.
Alla fine di tutte quelle interminabili notti.
Giusto.
Ero stata io la prima a dirglielo in fondo, e adesso, cosa mi aspettavo?
"Nessuno si innamorerà" gli avevo detto con una stupida convinzione quella nostra prima sera insieme in macchina.
Ero stata io d'altronde.
Mi ero sbagliata di grosso.
Un grande abbaglio e un'insana ingenuità a mettermi in bocca irresponsabili parole.

La Storia In Una Fotografia (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora