Fototessere per ricordare

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Dopo una notte passata in un bed&breakfast economico in Via Saporito, mi ero diretta al mio primo giorno di lavoro.
Camminavo attenta persino al passo di un piccione in Piazza Garibaldi, e il Bar della Stazione emanava già il buon odore del caffè e dei cornetti appena sfornati.
La bolgia di fumi in cui era solitamente avvolta quella zona fortemente urbana, si assottigliava per poi ritornare pungente e soffocante nelle ore di punta.
Appena preso posto dietro il bancone avevo trovato una tazza fumeggiante ed uno di quei post-it gialli.

Per il primo giorno di lavoro ci vuole na bella tazzulella e cafè fatta da me

Era stato il mio simpatico collega a scriverlo, pienamente convinto delle sue teorie da saccente barista.
Lo avevo buttato giù tutto d'un fiato per risvegliarmi e si, era vero quel che mi aveva detto Gennaro nel pomeriggio precedente in cui ero ripassata a trovarlo per imparare altri trucchi del mestiere: la specialità della casa, cioè l'Espresso Napoletano, aveva un altro sapore e un altro effetto quando ti scorreva dentro, o forse era il modo in cui lo aveva pubblicizzato ad avermi plagiato le idee.
Lui mi aveva spiegato che a renderlo unico era la passione con cui disponeva la morbida polvere, la gentilezza con cui accompagnava il cucchiaino per mescolare lo zucchero e la vecchia caffettiera non sostituita a quelle più moderne.
Stupido oppure no, a me aveva dato quella giusta carica e quell'energia capace di curare una notte insonne come la mia.
Si, perché proprio come aveva predetto l'oroscopo, una Bilancia aveva occupato i miei pensieri.
Non una Bilancia qualunque però!

Dopo la bella figura che avevo fatto con Ignazio Boschetto in quella benedetta cabina fototessere, non ero più riuscita a togliermelo dalla testa.
Ci eravamo intrattenuti per bene lì dentro.
Lui doveva nascondersi da una ragazza troppo appiccicosa che lo stava seguendo nei paraggi e la pioggia ci aveva messo lo zampino agevolando la situazione, perché proprio come previsto, era caduta fitta sulla città.
L'ombrello non c'era per nessuno dei due ed eravamo rimasti scomodamente accomodati lì, in quel buco di spazio nella penombra piacevole ed intrigante, chiusi dietro ad una tendina.
Una situazione veramente fuori dal normale, il pane per i miei denti, insomma.
Lui avrebbe sicuramente potuto prendere un taxi e andare via, visto che il pericolo della fan incallita era ormai scampato, ma aveva preferito guardarmi negli occhi e sorridermi per un frangente di tempo senza cognizione.
Due perfetti sconosciuti che sembravano essersi già incontrati in una vita precedente.
Due passanti, di cui però uno conosceva il nome dell'altro.
Due completamente estranei, ma accomunati dal fascino per il mistero e per le dinamiche improbabili.
In fondo la pioggia era solo una buona scusa per perdurare un incontro strano e fuori luogo fra ventenni avventurieri, ognuno a modo suo.
In piedi, uno di fronte all'altro.
A dividerci pochi centimetri e le mie due borse vagabonde.
I respiri divenivano umide nuvole nell'aria.
Io che avrei voluto mangiarmi le unghie e lui che forse, con il pretesto dei pochi passi a disposizione, si accostava il più vicino possibile.
Io che avevo freddo, e lui che con la scusa di farmi un piacere mi metteva una mano sulla schiena, facendo su e giù velocemente per scaldarla.
Io con le mie stupide parole e lui che divertito mi dava corda.

"Più grasso eh? In effetti dicono che la tv ingrassi di una taglia, ma si sono proprio io quello. In carne, ossa e muscoli! Però non sono un mostro mangia bambine!" ci aveva scherzato su mentre io ero divenuta paonazza.
Avrei voluto urlare di gioia e gridare perché avevo appena conosciuto una star internazionale, ma mi ero trattenuta dal farlo.
Non ero di certo un'accanita seguace de Il Volo.
Non ero una Ilvolovers, cioè una loro fedele fans.
Le loro canzoni non erano presenti nella mia playlist preferita ed io non conoscevo benissimo le trame delle loro vite.
Non andavo ai loro concerti, non soffrivo di idolatria per nessuno dei tre e non acquistavo i loro dischi.
Diciamo che i miei gusti non si rispecchiavano alla grande nel suo stile, ma lì con me, c'era uno di quelli che se accendevi la tv, te lo ritrovavi continuamente e frequentemente davanti, come il ragazzo del semaforo, che senza permesso ti insapona il parabrezza dell'auto.
Lì con me c'era il colpevole di mille cuori infranti e di infiniti cori da stadio innamorati.
Lì con me c'era uno dei tre che aveva incantato milioni di persone davanti ad uno schermo a Sanremo e in altre frequenti comparse.
Lì con me c'era uno dei tanti perseguitati da Barbara D'Urso bramando pietosa un secondo di intervista.
Io, invece, lo avevo trovato solo per uno strano caso o per una botta di fortuna.
Ultima cosa, ma non meno importante, il polipo dalle mani lunghe lì di fronte a me, era indubbiamente un figo da paura, che qualcun'altra al posto mio, avrebbe sbattuto su quello sgabello e gli avrebbe fatto ricordare per sempre come fosse fatta una donna.

La Storia In Una Fotografia (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora