Capitolo 7

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Finalmente dopo una settimana di insonnia sono riuscita a dormire 8 ore di fila, senza nessun incubo.
Suona la sveglia e mi alzo dal letto molto più rilassata. Come ogni giorno mi dirigo in bagno a lavarmi viso e denti e poi scendo per la colazione. Esco, salgo in macchina e imbocco la strada verso la scuola.

La Huber, la prof di arte, sta spiegando Picasso. È la lezione di arte più noiosa a cui io abbia mai partecipato. Quella donna sembra giovane fisicamente ma è vecchia dentro; ogni minuto che passa le mie palpebre diventano sempre più pesanti, sto quasi per chiuderle quando il suono della campanella antincendio provoca un rumore talmente forte da obbligarmi a tapparmi le orecchie. Istintivamente tutti i miei compagni di classe si alzano con aria spaesata e lo stesso fa la prof. Non era in programma nessuna prova di evacuazione questo mese. Si sa, nessuno mantiene mai la calma in queste situazioni e alla fine le prove non servono a nulla, tanto poi tutti si ammassano sulle porte alla disperata ricerca di libertà. E così facciamo. Ci mettiamo a correre tutti verso l'uscita senza far caso che, nella scuola, il sistema antincendio non è partito. Quindi non può trattarsi sicuramente di un incendio. Arriviamo alle porte che danno all'esterno, ma notiamo che sono chiuse. Ad un certo punto sentiamo il suono che produce l'altoparlante della scuola e cala il silenzio in atrio. La voce del preside riecheggia in tutto l'edificio "Buongiorno ragazzi. Questa non è una prova di evacuazione, non è nemmeno un'emergenza incendio, uragano o terremoto. Vi ho radunati in atrio per comunicarvi che ci sono alcuni disguidi all'esterno della scuola e per questo sarete costretti a stare chiusi qui finché il problema non verrà risolto. Mi scuso ragazzi, buon proseguimento."
Scocciati ritorniamo alle nostre classi con un dubbio: che starà succedendo là fuori?

Sono passate due ore dal suono della campanella dell'ultima ora e ancora non ci permettono né di uscire né di andare nell'area est della scuola. Nel frattempo sono cominciate a girare strane voci su questo: molti dicono che nell'area est della scuola ci sia un infetto, ma come ho detto prima, sono solamente delle voci.
Nel frattempo ho chiamato i miei genitori una paio di volte per avvisarli del ritardo, senza ricevere risposta. Allora ho mandato un messaggio alla mamma dicendole che non sarei tornata prima delle 18.00.

Per passare il tempo, Connie, Aaron, Nathan, io ed altri nostri amici, ci siamo organizzati per una mega partita a carte seduti sul pavimento, al centro dell'atrio.
Sto per buttare l'ultima carta e vincere quando la campanella antincendio suona un'altra volta e delle urla disperate arrivano dalla zona est verso di noi. Incuriositi ci alziamo da terra e notiamo un ragazzo sconvolto sporco di sangue correrci in contro urlando "Fuggite! Fuggite! Ha preso la mia ragazza, io sono riuscito a scappare! Muovetevi, dovete uscire di qui!" E nello stesso momento in cui ha finito la frase, sentiamo delle urla disumane avvicinarsi. Spaventati ci ammassiamo tutti verso l'uscita. Sto correndo trasportata dalla massa quando mi rendo conto di aver perso i miei amici. Mi blocco e mi metto alla ricerca. Trovare Nathan non è stata un'impresa, vista la sua altezza, e si sa, dove c'è Nathan c'è Connie e di conseguenza dove c'è Connie c'è Aaron. Corro verso di loro controcorrente, ricevendo varie spallate e imprecazioni da parte dei miei compagni di scuola. Finalmente raggiungo i miei amici, ma Connie è a terra, preoccupata allora chiedo "Ragazzi cosa succede?"
Nel frattempo, il ragazzo sanguinante ha bloccato le porte che danno sull'area est della scuola.
"Credo di aver preso una storta alla caviglia!" Dice Connie trattenendo le lacrime.
"Cavolo! Dobbiamo muoverci però, odio dar corda alle voci, ma non credo che la cosa che in questo momento sta urtando la porta che hanno appena bloccato sia umana!" Dico con il cuore a mille.
Allora Nathan prende Connie fra le braccia e mi fa cenno di seguirlo, afferro Aaron per un braccio e inizio a correre dietro a Nathan. A quel punto sentiamo un forte botto. La porta bloccata è stata sfondata da quella che una volta era la ragazza del tipo insanguinato. È un'infetta. Il virus ci ha raggiunti. La mia paura più grande ora è qui. Sto per cedere e rinunciare a scappare, poi guardo il mio braccio, vedo i tre elefantini e penso alla mia famiglia. Non posso perderli, non posso abbandonare tutto così. Allora mi riprendo e ricomincio a correre. Arriviamo davanti alla porta dell'infermeria e Nathan entra.
"Che stai facendo Nathan?" Chiedo io
Alza un dito in segno di fare silenzio e chiude la porta dietro a noi bloccandola con una sedia. Corre verso il fondo della stanza, adagia sua sorella sul lettino e le toglie la scarpa sinistra. Afferra la caviglia di Connie e la gira di scatto. Lei lancia un urlo di dolore e subito dopo, con una lacrima sulla guancia sorride e ringrazia Nathan. A quel punto il ragazzo, si dirige verso un armadietto e comincia a spingerlo. Si blocca, si gira verso Aaron e dice "Ricciolino, vienimi a dare una mano invece di star là a fissare mia sorella"
Aaron arrossisce e si precipita verso Nathan ad aiutarlo. Io mi chiedo ancora cos'abbia in mente quel ragazzo. Da dietro l'armadio spunta una porta, che probabilmente dà all'esterno. Nathan la apre e io aiuto Connie a scendere dal lettino dicendo "Hey Nathan, allora stare in infermeria fingendo di star male ti è servito a qualcosa!"
"Sai, ti devo dar ragione, ma non è il momento di scherzare Biancaneve"
"Già.. Ma non chiamarmi così"
"Non è colpa mia se la tua pelle è bianca e i tuoi capelli neri" dice con un mezzo sorrisetto provocatorio. È così.. No, non può piacermi Nathan Hunt. Per giunta fratello della mia migliore amica. Amber ritorna in te.

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