Capitolo 6

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Come gli altri giovedì sera sono in pista a correre ma stranamente oggi non c'è nessuno. Sto correndo con le cuffiette quando mi sembra di vedere con la coda dell'occhio qualcuno dietro a me. Per non essergli di disturbo mi sposto sulla corsia più a destra e continuo la mia corsa. Il soggetto dietro a me però si sposta sulla mia stessa corsia e continua a correre goffamente. Perplessa e inquietata accelero il passo ma il tipo fa lo stesso. Ora sono davvero spaventata. Mi giro di scatto per vedere chi è e rimango senza parole. È uno dei bidelli della mia scuola, ma non sta semplicemente correndo. Mi sta inseguendo. Non sembra più lui, il suo viso è corroso, riesco benissimo a vedergli parte della mandibola sinistra e alcuni denti. Non ha più il naso e suoi occhi sono spaventosamente rossi, come il sangue che sgronda dai suoi abiti strappati. Comincio a correre il più velocemente possibile ma lui è più veloce di me, fin troppo. Sento il suo respiro affannoso e i suoi rantoli disumani sempre più vicini, finché la sua mano non mi raggiunge e affonda le sue unghie scheggiate nel mio polpaccio facendomi urlare e cadere a terra. Continuo a piangere e a gridare, mi sta letteralmente strappando il muscolo dall'osso. È un dolore indescrivibile. Sento i nervi della gamba fremere. Urlo accecata dal dolore e quando riapro gli occhi mi ritrovo sul mio letto congelata, con la fronte costellata da goccioline di sudore.
Era un sogno. Era un fottuto sogno. Mi sembra di sentire ancora il suo respiro dietro a me, di sentire le sue unghie nella mia gamba.
Guardo l'ora: le 3:34, è notte fonda. Scendo a prendere un bicchiere d'acqua e poi torno a letto sperando di riuscire a dormire.

La sveglia suona e una nuova giornata inizia. È già lunedì e la scuola mi aspetta. Faccio colazione, mi vesto e corro fuori ad aspettare Nathan con Connie ed Aaron. Dopo 5 minuti realizzo di avere un auto e allora mi fiondo in garage e salto in macchina. Parto e accendo la radio per ascoltare le notizie del giorno. Gli infetti del virus ormai sono sparsi in tutta Europa e questo nel giro di una notte. È sconcertante. Nel frattempo arrivo a scuola, parcheggio e cammino in direzione dei miei amici, li saluto e iniziamo a parlare di ciò che sta accadendo in Europa "Ma ragazzi avete sentito che sta succedendo in giro per il mondo?" Chiede Connie
"La faccenda degli zombie dici?" Chiede Aaron
"Zombie?"
"Connie, hai sentito anche tu cosa provoca questo virus, non sanno dargli un nome e quello che più ci sta è 'zombie' non trovi Am?"
"Mmh.. Certo, non saranno dei defunti usciti dalle loro tombe in cerca di cervelli, ma i sintomi del virus sono molto simili a quelli degli zombie, quindi diciamo che gli si addice, comunque sono preoccupata.. E se arrivasse anche qui? Avete visto anche voi quanto poco ci ha messo a espandersi."
"Tranquilla Am, è ancora lontano da qui" Dice Connie, cercando di tranquillizzarmi.
A scuola ormai non si parla altro che del virus e più se ne parla, più io mi preoccupo. Molti ci scherzano su, come se fosse un'influenza, ma sono sicura...son sicura che non si tratta di una comune malattia di passaggio.

Arrivo a casa e salgo le scale in direzione di camera mia. Lascio cadere lo zaino a terra, mi siedo alla scrivania e accendo il pc. Apro Google e digito 'nuovo virus in Europa' e premo invio. Ho bisogno di saperne di più, non so il perché, ma mi interessa davvero molto. Apro il primo risultato che trovo e comincio a leggere. La prima cosa che noto è la dicitura "malattia incurabile" e subito dopo "estremamente contagiosa". Inoltre ho letto che se ci si trova davanti a un infetto, tentare di parlare con lui o provare a farlo collaborare sarebbe del tutto inutile, si hanno due scelte: la prima è fuggire, la seconda è ucciderlo. Realizzo di aver passato quasi un'ora davanti al computer allora spengo e mi metto a studiare, ricomincia il periodo delle verifiche.

Sto facendo un bagno caldo quando sento la voce di mamma "Ciao tesoro, sono rientrata!"
"Ciao mamma, sono in bagno!"
"Va bene!"

E così passa la serata ed è già tempo di andare a letto prima ancora che io possa accorgermene.

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I giorni passano in fretta e un'altra settimana finisce, ormai il virus si è propagato in molti altri Paesi, ha raggiunto parte dell'Africa e alcuni infetti sono stati avvistati anche a New York. Non manca molto perché arrivi anche qui. Sono davvero preoccupata, questa situazione si sta ingigantendo troppo. Solitamente fumavo una sigaretta ogni tanto, ora ne fumo più o meno una al giorno, che per me è tantissimo; l'agitazione mi porta a questo. Inoltre i miei genitori non mi permettono più di uscire di casa da sola, se non per arrivare a scuola. Siamo tutti molto turbati da questa situazione, è diventato difficile esprimere felicità.

Sono le 20.38 e sono già sotto le coperte a letto, ormai passo le notti in bianco perché continuo a fare incubi su incubi, non riesco mai a dormire tranquillamente, per questo sono così stanca.
Per passare un po' il tempo, sfoglio le foto sul telefono e ne trovo una mia, di Connie ed Aaron al parco divertimenti e rimango a guardarla per un po' finché non mi addormento con il dolce ricordo di quella bella giornata.

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