XVII

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Il giorno di Natale mi ha sempre portato grande depressione.
Fin dalla più tenera età non ho mai avuto piacere nel festeggiarlo.
Mentre tutti i miei cugini ricevano regali meravigliosi quali macchinine, vestiti all'ultima moda, bambole con sembianze umane, io ricevevo poco e niente.
Quest'anno invece sono sola nel giorno di Natale: mamma e papà mi hanno chiamata da poco per farmi gli auguri ed io penso che mangerò una scatoletta di tonno.
Cosa può esserci di più deprimente?
Mi vibra continuamente il telefono al che sobbalzo: milleduecentonovantasette messaggi in un nanosecondo.
Non rispondo a nessuno di essi, non mi è mai importato di ricambiare gli auguri di Natale.
Scorrendo giù tra le conversazioni trovo un messaggio da parte di Leonardo, non lo avevo notato.

Leonardo: Cami, tutto bene?
Lancio il telefono sul letto: come può andare tutto bene? Come fa a pormi questa domanda? Mi sale un gran nervoso, desidero solo urlargli in faccia e dirgli quanto mi abbiano fatto male le sue parole.
Ma allora, perché tutto ciò? Perché ha detto che gli piaccio, perché mi ha spogliata e trattata come se fossi la sua ragazza?
Troppe domande mi frullano per il cervello, vorrei solo parlargli per capire cosa l'abbia spinto a fare quel che ha fatto.

Camilla: Dobbiamo parlare.
Leonardo: Quando vuoi.
Camilla: Al prima possibile.
Leonardo: Mmh.. stasera?
Camilla: Può andare.
Leonardo: Piove un sacco.. dove vuoi andare?
Camilla: Vieni da me se vuoi.

Mi pento prontamente di avergli detto che saremmo potuti vederci a casa mia.
Comprendo che probabilmente possa aver inteso male, pensando che io voglia fare qualcosa di diverso dal parlare.

Leonardo: Va bene, allora a più tardi.
Tiro un forte sospiro di sollievo, almeno non mi ha fatto strane domande.
Mi infilo sotto le coperte sperando di sparire e che queste ore senza lui passino nella maniera più rapida possibile.

***
La camicia a quadri gli ha sempre donato, anche a scuola la mette a volte e tutte le nostre compagne hanno l'ormone impazzito.
Mi osserva con quegli occhi che non hanno fine per poi aprire le labbra in un sorriso mozzafiato.
«Allora, di che volevi parlarmi?» domanda con pacatezza, adagiandosi sul divano.
Le parole mi si bloccano in gola.
Mannaggia, non avevo pensato all'eventualità che ciò sarebbe potuto accadere.
Prendo un grande respiro:«Volevo parlarti rispetto al discorso che mi hai fatto la scorsa volta. Allora, cosa ti ha spinto a fare ciò che hai fatto?»
Sbuffa rumorosamente, irritandomi.
«Te l'ho già detto, Cami. Mi sono lasciato prendere dal momento e non ho pensato alle conseguenze.»
«Ma come hai potuto fare una cosa del genere? Tu credi che sia stato qualcosa di ragionevole? Ho fatto cose che non avevo mai fatto con nessuno, e le ho fatte con la persona sbagliata.»  ammetto con rabbia, tanta rabbia.
Mi guarda dispiaciuto, ma in realtà si vede che non gli importa.
«Non pensavo fosse la prima volta che facessi quelle cose. Se lo avessi saputo avrei lasciato stare.»
Scuoto la testa da destra a sinistra:«È inutile parlarti.»
Si avvicina sempre di più a me, me lo ritrovo a due centimetri dal viso:«Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Facciamo finta che non sia successo niente?»
Lo guardo e accenno un sorriso poco convinto, ma d'altronde è la cosa migliore da fare.
Mi porge la mano e io la stringo.
«Amici?» chiedo io.
«Amici.»
Per qualche secondo vi è silenzio tombale, poi lui inizia a parlare.
«Allora, come mai tutta sola?»
«I miei sono andati da mia zia per una settimana.. quest'anno ha avuto dei problemi di salute.»
«Ah, capisco. E che farai in questi giorni?»
«Probabilmente inviterò qualche mio amico qui.»
Si morde il labbro e a momenti si fa un solco.
«Alla fine Stefano ti ha più detto qualcosa?»
«No, niente.» rispondo io, senza smettere di fissarlo nemmeno per un secondo.

«Siediti.» esorta lui, sorridendo ancora.
Eseguo e gli sono di fianco.
Il cuore prende a battermi all'impazzata, è assurdo l'effetto che mi fa.
«Mi piace questa maglia.» dice indicandomela.
«Ah grazie!»
«Sai dove starebbe bene?»
«No, dove?»
«Per terra.»

Senza nemmeno permettermi di fare alcun movimento, me la toglie.
«Leo, che cazzo fai?» proferisco con un fil di voce, mentre per magia sono praticamente a cavalcioni su di lui.
«Non posso resisterti, non ce la faccio.»
Mi toglie il reggiseno e poi i pantaloni e le mutande.
Sono completamente nuda su di lui.
Mi apre le gambe e iniziamo i preliminari.
Posa due dita sul mio clitoride e comincia a disegnare dei cerchi immaginari con esse.
Mi accorgo di essere fradicia.
«Fermati -dico sotto voce- ti prego, fermati.»
Non si ferma bensì continua, facendomi impazzire e bagnare sempre di più.
«Non mi fermo.Voglio vederti venire.»
A un certo punto non sento più le sue dita perché si è staccato.
Sta scendendo giù, mi apre ancora di più le gambe e me le piega.
Sento il suo viso tra le mie gambe: non ci credo che sta per farlo.
La sua lingua è bollente e procede a leccarmi ogni centimetro di pelle, a partire dalla pancia per poi arrivare alla mia vagina.
Fa ciò che ha fatto con le dita precedentemente ma stavolta con la lingua.
Sento d'essere sempre più fuori controllo, ho il battito cardiaco accelerato e i miei gemiti sono ogni attimo più forti e rumorosi.
La sua lingua non smette nemmeno per un secondo di andare avanti a leccarmi.
Grido sempre più forte, non curandomi nemmeno dei miei vicini che potrebbero sentire.
«Porca puttana, sei fradicia.»
«Vengo, cristo.» dico gemendo.
«Sei una troia, ti voglio tutta mia però.»
Pochi secondi dopo gli vengo in bocca.
Tenta di andare avanti anche dopo che sono venuta ma glielo impedisco: sono stanchissima ma è stata una delle cose migliori che io abbia mai provato.

«È stato.. bellissimo.» proferisco con la voce ancora stordita per l'orgasmo.
Si sdraia accanto a me e mi accarezza: mi sento così bene.
«Sono felice che ti sia piaciuto.»
Vorrei che mi baciasse.
Ma magari dopo essersi lavato i denti.

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10 commenti 10 stelle per questo capitolo un po' porno❤️

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